LUIGI ANTONELLINI (1861-1933) Nacque a Santa Maria in Fabriago il 29 luglio 1861 e frequentò la Scuola Normale senza diplomarsi. In seguito al matrimonio con Rosa Gamberoni, si trasferì a Voltana. Ebbero due figli: Nina e Nino che, tuttora vivente, abita a San Remo. Era di media statura, di corporatura robusta e di aspetto serio. Amava gli umili ed i bambini in particolare; era innamorato delle cose vere e autentiche. Fu buon parlatore ed un tecnico assai esperto. Stretto collaboratore di Nullo Baldini, promosse iniziative sociali validissime e tutta la sua opera fu ispirata da profondi sentimenti di onestà ai quali rimase fedele fino agli ultimi istanti della sua vita. Perfino i suoi persecutori fascisti lo definirono "onesto fino al centesimo". Il 23 giugno 1907, con altri 30 braccianti, fondò e successivamente diresse la Società cooperativa fra gli operai braccianti di Villa Voltana (divenuta 1'attuale Cooperativa agricola braccianti) avente lo scopo di "assumere lavori pubblici e privati". In seguito la Cooperativa acquisì i terreni della Valle Maggiore. Nello stesso anno, ebbe inizio la costruzione della Casa del Popolo la cui esecuzione fu affidata ad una impresa edile, mentre braccianti, operai e molti contadini offrirono giornate di lavoro volontario e gratuito. Fu questa una realizzazione importantissima, perché, oltre a rappresentare il centro della vita civile e politica della comunità, segnò un momento assai significativo di aggregazione di forze sociali in un periodo di grandi lotte politiche. L'inaugurazione avvenne la notte del 31 dicembre 1910. Allora fu definita costruzione "di vastissime proporzioni". Costò 90.000 lire. Ospitava gli uffici per la Cooperativa e per altre attività sociali, il bar, una sala per le riunioni e la sala grande al primo piano, adibita a teatro, nella quale, in un paese che nel 1919 non contava neanche duemila abitanti, furono rappresentate diverse opere liriche quali Rigoletto, Traviata, Barbiere di Siviglia, Don Pasquale. I coristi erano tutti di Voltana. In quegli anni, Antonellini fondò anche la Cooperativa di consumo nella quale si vendeva ogni genere di merce ed organizzò la gestione cooperativa del Molino da dove, nel 1921, utilizzando due motori a scoppio, illuminò le strade del paese. Amava definire queste due ultime realizzazioni, insieme con la Cooperativa braccianti, le "tre galline" che gli consentivano, in tempi di nera miseria, di sopperire ai bisogni essenziali dei suoi braccianti, specie durante il periodo invernale. Organizzò anche un servizio di onoranze funebri gestito dalla Cooperativa. Militante nel Psi, dopo il Congresso di Livorno del 1921, aderì al Partito Comunista d'Italia. Partecipò attivamente alle lotte politiche del tempo: durante i "fatti del 1910" fu incriminato, ma venne assolto in istruttoria, perché il giorno della tragedia era a Ravenna per far presente a Nullo Baldini la situazione disperata dei "suoi" braccianti. Dopo la "Settimana Rossa" (8-14 giugno 1914) fu condannato a tre anni e otto mesi di carcere. Riuscì ad espatriare in Austria; passò poi in Svizzera e vi rimase fino al dicembre di quell'anno, quando sopravvenne l'amnistia in seguito alla nascita di una figlia del re. Purtroppo l'opera di Antonellini e dei suoi collaboratori, tesa a migliorare le condizioni di vita della popolazione più povera, si interruppe col sorgere del fascismo. Nel 1921 vennero incendiate la Casa del Popolo e la trebbiatrice della Cooperativa Braccianti. Seguirono pestaggi e persecuzioni. Oramai non c'era più posto a Voltana per l'uomo che più di ogni altro seppe spendere bene la sua intelligenza e la ricca umanità per la sua gente, per la gente modesta e umile che costituiva la quasi totalità della popolazione di Voltana. Dovette quindi fuggire in fretta. I fascisti non gli perdonavano di essere stato il Presidente della Cooperativa, non gli perdonavano di avere lottato, di avere onestamente operato a favore delle classi più povere e disagiate. Si dice che fosse stato preparato un paiolo d'acqua bollente proprio per lui e che fosse disponibile una grossa somma di denaro (50.000 lire) per il sicario. Prima di partire, Antonellini consegnò la somma di 200.000 lire, che rappresentavano la cassa della Cooperativa, ad una persona di Voltana perché il denaro della gente e della sua Cooperativa "scottava". Partì povero e con la figlia raggiunse poi a Torino il figlio ove trascorsero insieme periodi durissimi a causa delle ristrettezze economiche. Il figlio racconta così gli ultimi momenti della sua vita: "30 aprile 1933. Mi trovavo al capezzale di mio padre all'Ospedale Maria Vittoria di Torino. Egli, presago che la fine era imminente, mi raccontava i suoi trascorsi, quando, ai piedi del letto, si formò il sacerdote dell'Ospedale che mi fece un. cenno perché invitassi mio padre a confessarsi. Questi, che intuì l'intenzione del prete, mormorò: "Digli che non ho nulla da confessare; soltanto i proletari di Voltana hanno il diritto di giudicarmi". Il giorno successivo, 1° maggio 1933, il cuore generoso di mio padre cessò di battere. Per suo desiderio fu cremato". Le sue ceneri furono trasportate a Voltana dalla figlia il 3 maggio 1955. Nella Casa del Popolo furono vegliate dai suoi concittadini e furono tumulate nel cimitero locale il giorno dopo con un concorso eccezionale di popolo. Testo scritto da Francesco Silvagni in occasione dell’inaugurazione del busto a Luigi Antonellini, opera dello scultore Giovanni Bertozzi. Casa del Popolo 1° maggio 1986, a cura della Circoscrizione di Voltana, Comune di Lugo (RA). |