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 Giugni

Bruno e Lino Giugni

"Il 1' maggio 1942 Voltana venne riempita di volantini antifascisti e venne fatta trovare sul pennone, al posto della bandiera italiana, la bandiera rossa. Tutto cio' nonostante la scrupolosa vigilanza notturna delle forze dell'ordine."

A raccontarci questa storia e' Bruno Giugni. A 16 anni aderisce all'organizzazione comunista, fa propaganda nella clandestinita', diffonde la stampa. "Ci impegnammo a denunciare il carattere imperialistico e disumano della guerra in Africa, nel '35, e negli anni successivi raccogliemmo aiuti per sostenere l'eroica resistenza del popolo spagnolo."

Suo fratello maggiore, Lino, a 16 anni, nel 1924, scolpisce sul legno la falce e martello, simbolo del lavoro nei campi e nelle officine: e' l'anno dell'affermazione violenta (e mediante i brogli elettorali) del fascismo e poi del delitto Matteotti. Lino si iscrive al PCI a 20 anni, nel 1928: "Avevo maturato una coscienza proletaria", dice. L'adesione avviene con una fede che rasenta la religiosita', anche se laica. Giustizia "par tot" (per tutti), dice in un'italiano spesso mischiato al romagnolo. Sotto il fascismo Lino non e' sospettato di essere comunista e, ironia della sorte, il maresciallo dei carabinieri gli affida il compito di tenere d'occhio un antifascista "sotto sorveglianza speciale", Paolo Baroncini, gia' condannato a 15 anni di carcere perche' trovato in possesso di stampa clandestina comunista.

Lino rimane un "insospettabile" fino al 25 luglio 1943, data in cui cade il fascismo.

"Arrivarono da Giovecca oltre sessanta compagni, vennero a casa mia e mi dettero la notizia. Scendemmo tutti immediatamente per la strada, io ero in ciabatte, formammo un corteo spontaneo." Lino lo guida, si unisce presto una gran massa di voltanesi. "Quando passammo davanti alla caserma dei carabinieri i militi ci chiesero cosa stavamo facendo e dove stavamo andando. Dissi che avevamo l'ordine di bruciare i 'manarezz', cioe' le scuri con il simbolo del fascismo, i quadri e le insegne fasciste." I carabinieri rimangono attoniti a guardare questo capovolgimento dell'"ordine pubblico".  Tutta Voltana scendeva per la strada per distruggere i simboli del regime che pertanti anni aveva dovuto subire.

"Prevalse il buon senso - dice Lino - non ci fu alcuno scontro e alcuna ritorsione, i fascisti si misero in disparte. Quelli piu' in vista o compromessi si allontanarono spontaneamente dal paese."

Bruno Giugni, il fratello di Lino, entra nel comitato cittadino antifascista, come rappresentante fra i giovani. E' tornato dal militare, dove aveva svolto opera di sensibilizzazione contro  la guerra. Ci dice: "Il comitato ottenne subito la solidarieta' e l'appoggio popolare, sostitui' le autorita' fasciste ormai decadute, mantenne democraticamente l'ordine pubblico e la convivenza civile. Coordinammo le attivita' dei cittadini con criteri popolari ed equi. Altro importante scopo da ottenere era quello di evitare vendette personali e dare l'esempio di pacificazione. A tal scopo Emilio Ricci, antifascista gia' in carcere, rese pubblico cio' con un discorso dal balcone della Casa del Fascio.

Disse testualmente: “La miglior vendetta è il perdono”.

Per due o tre giorni vi furono manifestazioni di festa. Ma dopo l'8 settembre i fascisti stilarono una lista di circa 60 oppositori da eliminare o da incarcerare. Per primo tocco' a Gualtiero Poletti. In questo clima di terrore i partigiani entrarono in azione in via Pastorelli, e il segretario del Fascio muore all'ospedale di Lugo in seguito alle ferite. In tutta la Romagna le azioni militari si svolsero secondo la logica del 'botta e risposta'."

Nell'aprile del 1944, un gruppo di giovani partigiani di Fusignano ed Alfonsine, che aveva trovato rifugio nella casa denominata 'E PALAZON, e' informato di un rastrellamento. La loro intenzione e' di fuggire nella nottata ma vengono sorpresi e, armi in pugno, di difendono asserragliati nella casa. Il combattimento e' lungo e aspro, tanto che i fascisti sono costretti a chiamare rinforzi, giungono autoblindo. Anche a Voltana e nei dintorni si sentono lontani i colpi dei cannoni, e tutti i cittadini avvertono profonda la minaccia della guerra civile.  Nel giro della mattinata successiva si compie la tragedia.

E, per far riflettere, vi sono tante altre di queste primavere.

(Fonte: "Voltana: protagonisti raccontano", storie raccolte dal 1975 al 1980 da Luciano e Alessandro Marescotti).

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