Agostino di Ippona (354 - 430)
È preferibile la pace alla vittoria
Riflettano i buoni se veramente spetti loro godere della vastità dell'impero.
Fu infatti la malvagità di coloro contro cui si è fatto guerra che cooperò alla
crescita dell'impero: sarebbe certo ancora piccolo, se la tranquillità e la
giustizia dei popoli vicini, evitando ogni offesa, non avesse mai fornito esca
alla guerra. In tal modo la situazione politica sarebbe più felice, e tanti
piccoli regni godrebbero di concorde vicinato; così ci sarebbero nel mondo molti
regni di varie genti, come in una città ci sono molte case di singoli cittadini.
Pertanto far guerra e dilatare l'impero assoggettando le genti, è considerato
una gioia dai cattivi, dai buoni invece una necessità. Solo perché sarebbe peggio
che gli ingiusti dominassero i giusti, si può ammettere che anche questa sia
felicità. Ma, senza dubbio, è una felicità maggiore avere dei vicini buoni e
concordi, che soggiogare in guerra i vicini cattivi. È un desiderio cattivo
desiderare di trovare chi ti odia o chi ti incute timore per poter avere così
chi vincere.
(Agostino, La città di Dio, 4,15)
La pace è concordia ordinata
La pace del corpo è la complessione ordinata delle sue parti. La pace dell'anima
irrazionale è l'ordinata calma degli appetiti. La pace dell'anima razionale
è l'ordinato consenso della conoscenza e dell'azione. La pace tra il corpo e
l'anima è la vita ordinata e il benessere fisico. La pace tra l'uomo mortale
e Dio è l'obbedienza ordinata nella fede sotto la legge eterna. La pace tra
gli uomini è l'ordinata concordia. La pace della casa è l'ordinata concordia
dei coabitanti nel comandare e nell'obbedire. La pace nella città è l'ordinata
concordia dei cittadini nel comandare e nell'obbedire. La pace della città celeste
è l'unione ordinatissima e armoniosissima nel godere Dio e nel godersi a vicenda
in Dio. La pace di tutte le cose è la tranquillità dell'ordine. L'ordine è la
disposizione di realtà uguali e disuguali, attribuente a ciascuna il suo posto.
(Agostino, La città di Dio, 19,13)
L'occhio fisso sulla pace di Dio
La voce di Cristo, voce di Dio, è pace e invita alla pace. Dice: "Suvvia!
Voi tutti che ancora non godete della pace, amate la pace! Cosa infatti potete
attendervi da me, che sia più prezioso della pace?". Cos'è la pace? L'assenza
di guerra. E che vuol dire assenza di guerra? Uno stato in cui non c'è contrasto,
né resistenza, né opposizione... Tuttavia, supponete un uomo che non incontri
tentazioni nella sua carne, tanto che si possa dire di lui che già si trova
nella pace. Ammettiamo che non abbia a sperimentare tentazioni da parte di voglie
illecite; certamente però egli ne subisce le suggestioni. Si sentirà incline
a cose che disapprova o proverà del gusto per le cose da cui si astiene. Ma,
anche escludendo ogni gusto per quello che è illecito, avrà però, quanto meno,
da lottare ogni giorno contro gli stimoli della fame e della sete. Quale santo
infatti non esperimenta tali necessità? Combattono dunque contro di noi la fame
e la sete, la stanchezza del corpo, la voglia gradita di dormire e la stanchezza.
Vorremmo stare svegli e ci viene sonno. Vorremmo digiunare ed ecco la fame e
la sete. Ci piacerebbe stare in piedi e ci sentiamo stanchi. Ci mettiamo a sedere
e, se va per le lunghe, alla fine non ne possiamo più. Ci facciamo delle provviste
allo scopo di sostentarci, e anche in esse riscontriamo che sono destinate a
svanire. Eccoti uno che viene a dirti: Hai fame? Gli rispondi: Sì, ho fame.
Ti mette allora dinanzi il cibo che ti aveva preparato per rifocillarti. Provati
a mangiare senza fine! Volevi ristorare le tue forze: seguita allora! A lungo
andare, quanto ti era servito a ristoro, alla fine ti causerà nausea e stanchezza.
Eri stanco per il troppo stare seduto. Ti alzi, ti metti a camminare e te ne
viene un sollievo. Provati a continuare un bel pezzo in ciò che ti ha procurato
sollievo. Passeggiando molto tempo, alla fine ti stanchi e senti voglia di metterti
daccapo a sedere. Trovami dunque qualcosa che era destinato al tuo ristoro e
che, se ti ci dilunghi, non abbia a causarti stanchezza. Che pace potrà dunque
essere quella che hanno gli uomini quaggiù sulla terra, combattuti da tante
molestie, cupidigie, miserie e fragilità? Non è vera pace; non è pace perfetta...
Difatti, finché dura la mortalità, come può aversi pace completa? È dalla morte
che ci viene la stanchezza che riscontriamo in tutto ciò che è destinato a sostenerci:
dalla morte, poiché portiamo con noi un corpo mortale, che anzi l'Apostolo osa
chiamare già morto anche prima della separazione dell'anima. Dice: A motivo
del peccato il corpo è morto (Rm 8,10). Usa pure di tutto quello che può donarti
vigore: morrai lo stesso. Insisti nel mangiare: l'ingordigia ti ucciderà. Prolunga
i tuoi digiuni: morrai sfinito. Sta' seduto, tanto da non alzarti mai; finirai
col morirne. Mettiti a passeggiare e non sederti mai: finirai col morirne. Veglia
senza interruzione di sonno: ne morrai. Dormi senza interruzione: la morte ti
verrà dal troppo dormire. Ma quando la morte sarà stata assorbita nella vittoria,
tali miserie non ci saranno più e la pace sarà assoluta ed eterna... Ci sarà
allora tra i figli di Dio una pace perfetta. Essi si ameranno scambievolmente
tutti, riscontrandosi tutti ripieni di Dio, il quale sarà tutto in tutti. Avremo
una comune visione: Dio. Avremo un comune possedimento: Dio. Avremo una pace
comune: Dio. Qualunque cosa ci conceda egli adesso, lassù, in luogo delle svariate
cose che ora ci dona, avremo lui stesso. Sarà lui la nostra pace piena e perfetta.
(Agostino, Esposizioni sui Salmi, 84,10)