"Gaudium et spes"
CONCILIO ECUMENICO VATICANO II
COSTITUZIONE GAUDIUM ET SPES
CAPITOLO V
LA PROMOZIONE DELLA PACE E LA COMUNITÀ DELLE NAZIONI 77.
Introduzione In questi nostri
anni, nei quali permangono ancora gravissime tra gli uomini le afflizioni e le
angustie derivanti da guerre ora imperversanti, ora incombenti, l’intera
società umana è giunta ad un momento sommamente decisivo nel processo della
sua maturazione. Mentre a poco a poco l’umanità va unificandosi e in ogni
luogo diventa ormai più consapevole della propria unità, non potrà tuttavia
portare a compimento l’opera che l’attende, di costruire cioè un mondo più
umano per tutti gli uomini e su tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno
tutti con animo rinnovato alla vera pace. Per questo motivo il messaggio
evangelico, in armonia con le aspirazioni e gli ideali più elevati del genere
umano, risplende in questi nostri tempi di rinnovato fulgore quando proclama
beati i promotori della pace, «perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt
5,9). Illustrando
pertanto la vera e nobilissima concezione della pace, il Concilio, condannata
l’inumanità della guerra, intende rivolgere un ardente appello ai cristiani,
affinché con l’aiuto di Cristo, autore della pace, collaborino con tutti per
stabilire tra gli uomini una pace fondata sulla giustizia e sull’amore e per
apprestare i mezzi necessari per il suo raggiungimento. 78. La
natura della pace La pace non è la
semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile
l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica
dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia » (Is
32,7). È il frutto dell’ordine impresso nella società umana dal suo divino
Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad
una giustizia sempre più perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è
regolato, sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue esigenze
concrete è soggetto a continue variazioni lungo il corso del tempo; per questo
la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio
da costruirsi continuamente. Poiché inoltre la volontà umana è labile e
ferita per di più dal peccato, l’acquisto della pace esige da ognuno il
costante dominio delle passioni e la vigilanza della legittima autorità. Tuttavia questo
non basta. Tale pace non si può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene
delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente
le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare
gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l’assidua pratica
della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della
pace. In tal modo la pace è frutto anche dell’amore, il quale va oltre quanto
può apportare la semplice giustizia. La pace terrena,
che nasce dall’amore del prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della
pace di Cristo che promana dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe
della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio;
ristabilendo l’unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso
nella sua carne l’odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo
Spirito di amore nel cuore degli uomini. Pertanto tutti i
cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell’amore (Ef
4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace per
implorarla dal cielo e per attuarla. Mossi dal medesimo
spirito, noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella
rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del
resto, alla portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza
pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità. Gli uomini, in
quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla
venuta di Cristo; ma in quanto riescono, uniti nell’amore, a vincere i1
peccato essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola
divina « Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro lance;
nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si
eserciteranno più per la guerra» (Is 2,4). Sezione
1: Necessità di evitare la guerra 79. Il
dovere di mitigare l’inumanità della guerra Sebbene le recenti
guerre abbiano portato al nostro mondo gravissimi danni sia materiali che
morali, ancora ogni giorno in qualche punto della terra la guerra continua a
produrre le sue devastazioni. Anzi dal momento che in essa si fa uso di armi
scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti
ad una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati. La
complessità inoltre delle odierne situazioni e la intricata rete delle
relazioni internazionali fanno sì che vengano portate in lungo, con nuovi
metodi insidiosi e sovversivi, guerre più o meno larvate. In molti casi il
ricorso ai sistemi del terrorismo è considerato anch’esso una nuova forma di
guerra. Davanti a questo
stato di degradazione dell’umanità, il Concilio intende innanzi tutto
richiamare alla mente il valore immutabile del diritto naturale delle genti e
dei suoi principi universali. La stessa coscienza del genere umano proclama quei
principi con sempre maggiore fermezza e vigore. Le azioni pertanto che
deliberatamente si oppongono a quei principi e gli ordini che comandano tali
azioni sono crimini, né l’ubbidienza cieca può scusare coloro che li
eseguono. Tra queste azioni vanno innanzi tutto annoverati i metodi sistematici
di sterminio di un intero popolo, di una nazione o di una minoranza etnica;
orrendo delitto che va condannato con estremo rigore. Deve invece essere
sostenuto il coraggio di coloro che non temono di opporsi apertamente a quelli
che ordinano tali misfatti. Esistono, in
materia di guerra, varie convenzioni internazionali, che un gran numero di
nazioni ha sottoscritto per rendere meno inumane le azioni militari e le loro
conseguenze. Tali sono le convenzioni relative alla sorte dei militari feriti o
prigionieri e molti impegni del genere. Tutte queste convenzioni dovranno essere
osservate; anzi le pubbliche autorità e gli esperti in materia dovranno fare
ogni sforzo, per quanto è loro possibile, affinché siano perfezionate, in modo
da renderle capaci di porre un freno più adatto ed efficace alle atrocità
della guerra. Sembra inoltre conforme ad equità che le leggi provvedano
umanamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l’uso
delle armi, mentre tuttavia accettano qualche altra forma di servizio della
comunità umana. La guerra non è
purtroppo estirpata dalla umana condizione. E fintantoché esisterà il pericolo
della guerra e non ci sarà un’autorità internazionale competente, munita di
forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico
accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima
difesa. I capi di Stato e coloro che condividono la responsabilità della cosa
pubblica hanno dunque il dovere di tutelare la salvezza dei popoli che sono
stati loro affidati, trattando con grave senso di responsabilità cose di così
grande importanza. Ma una cosa è servirsi delle armi per difendere i giusti
diritti dei popoli, ed altra cosa voler imporre il proprio dominio su altre
nazioni. La potenza delle armi non rende legittimo ogni suo uso militare o
politico. Né per il fatto che una guerra è ormai disgraziatamente scoppiata,
diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto. Coloro poi che al
servizio della patria esercitano la loro professione nelle file dell’esercito,
si considerino anch’essi come servitori della sicurezza e della libertà dei
loro popoli; se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch’essi
veramente alla stabilità della pace. 80. La
guerra totale Il progresso delle
armi scientifiche ha enormemente accresciuto l’orrore e l’atrocità della
guerra. Le azioni militari, infatti, se condotte con questi mezzi, possono
produrre distruzioni immani e indiscriminate, che superano pertanto di gran
lunga i limiti di una legittima difesa. Anzi, se mezzi di tal genere, quali
ormai si trovano negli arsenali delle grandi potenze, venissero pienamente
utilizzati, si avrebbe la reciproca e pressoché totale distruzione delle parti
contendenti, senza considerare le molte devastazioni che ne deriverebbero nel
resto del mondo e gli effetti letali che sono la conseguenza dell’uso di
queste armi. Tutte queste cose
ci obbligano a considerare l’argomento della guerra con mentalità
completamente nuova. Sappiano gli uomini di questa età che dovranno rendere
severo conto dei loro atti di guerra, perché il corso dei tempi futuri dipenderà
in gran parte dalle loro decisioni di oggi. Avendo ben
considerato tutte queste cose, questo sacro Concilio, facendo proprie le
condanne della guerra totale già pronunciate dai recenti sommi Pontefici
dichiara: Ogni atto di
guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di
vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa
umanità e va condannato con fermezza e senza esitazione. Il rischio
caratteristico della guerra moderna consiste nel fatto che essa offre quasi
l’occasione a coloro che posseggono le più moderne armi scientifiche di
compiere tali delitti e, per una certa inesorabile concatenazione, può
sospingere le volontà degli uomini alle più atroci decisioni. Affinché dunque
non debba mai più accadere questo in futuro, i vescovi di tutto il mondo, ora
riuniti, scongiurano tutti, in modo particolare i governanti e i supremi
comandanti militari a voler continuamente considerare, davanti a Dio e davanti
alla umanità intera, l’enorme peso della loro responsabilità. 81. La corsa
agli armamenti Le armi
scientifiche, è vero, non vengono accumulate con l’unica intenzione di
poterle usare in tempo di guerra. Poiché infatti si ritiene che la solidità
della difesa di ciascuna parte dipenda dalla possibilità fulminea di
rappresaglie, questo ammassamento di armi, che va aumentando di anno in anno,
serve, in maniera certo paradossale, a dissuadere eventuali avversari dal
compiere atti di guerra. E questo è ritenuto da molti il mezzo più efficace
per assicurare oggi una certa pace tra le nazioni. Qualunque cosa si
debba pensare di questo metodo dissuasivo, si convincano gli uomini che la corsa
agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è una via sicura per
conservare saldamente la pace, né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può
essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire
eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E
mentre si spendono enormi ricchezze per la preparazione di armi sempre nuove,
diventa poi impossibile arrecare sufficiente rimedio alle miserie così grandi
del mondo presente. Anziché guarire veramente, nel profondo, i dissensi tra i
popoli, si finisce per contagiare anche altre parti del mondo. Nuove strade
converrà cercare partendo dalla riforma degli spiriti, perché possa essere
rimosso questo scandalo e al mondo, liberato dall’ansietà che l’opprime,
possa essere restituita una pace vera. È necessario
pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle
piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri; e
c’è molto da temere che, se tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte
le stragi, delle quali va già preparando i mezzi. Ammoniti dalle
calamità che il genere umano ha rese possibili, cerchiamo di approfittare della
tregua di cui ora godiamo e che è stata a noi concessa dall’alto, per
prendere maggiormente coscienza della nostra responsabilità e trovare delle vie
per comporre in maniera più degna dell’uomo le nostre controversie. La
Provvidenza divina esige da noi con insistenza che liberiamo noi stessi
dall’antica schiavitù della guerra. Se poi rifiuteremo
di compiere tale sforzo non sappiamo dove ci condurrà la strada perversa per la
quale ci siamo incamminati. 82. La
condanna assoluta della guerra e l’azione internazionale per evitarla È chiaro pertanto
che dobbiamo con ogni impegno sforzarci per preparare quel tempo nel quale,
mediante l’accordo delle nazioni, si potrà interdire del tutto qualsiasi
ricorso alla guerra. Questo naturalmente esige che venga istituita un’autorità
pubblica universale, da tutti riconosciuta, la quale sia dotata di efficace
potere per garantire a tutti i popoli sicurezza, osservanza della giustizia e
rispetto dei diritti. Ma prima che questa auspicabile autorità possa essere
costituita, è necessario che le attuali supreme istanze internazionali si
dedichino con tutto l’impegno alla ricerca dei mezzi più idonei a procurare
la sicurezza comune. La pace deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle
nazioni, piuttosto che essere imposta ai popoli dal terrore delle armi. Pertanto
tutti debbono impegnarsi con alacrità per far cessare finalmente la corsa agli
armamenti. Perché la riduzione degli armamenti incominci realmente, non deve
certo essere fatta in modo unilaterale, ma con uguale ritmo da una parte e
dall’altra, in base ad accordi comuni e con l’adozione di efficaci garanzie.
Non sono frattanto
da sottovalutare gli sforzi già fatti e che si vanno tuttora facendo per
allontanare il pericolo della guerra. Va piuttosto incoraggiata la buona volontà
di tanti che pur gravati dalle ingenti preoccupazioni del loro altissimo
ufficio, mossi dalla gravissima responsabilità da cui si sentono vincolati, si
danno da fare in ogni modo per eliminare la guerra, di cui hanno orrore pur non
potendo prescindere dalla complessa realtà delle situazioni. Bisogna rivolgere
incessanti preghiere a Dio affinché dia loro la forza di intraprendere con
perseveranza e condurre a termine con coraggio quest’opera del più grande
amore per gli uomini, per mezzo della quale si costruisce virilmente
l’edificio della pace. Tale opera esige oggi certamente che essi dilatino la
loro mente e il loro cuore al di là dei confini della propria nazione,
deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su altre
nazioni, e nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l’umanità,
avviata ormai così faticosamente verso una maggiore unità. Per ciò che
riguarda i problemi della pace e del disarmo, bisogna tener conto degli studi
approfonditi, già coraggiosamente e instancabilmente condotti e dei consessi
internazionali che trattarono questi argomenti e considerarli come i primi passi
verso la soluzione di problemi così gravi; con maggiore insistenza ed energia
dovranno quindi essere promossi in avvenire, al fine di ottenere risultati
concreti. Stiano tuttavia bene attenti gli uomini a non affidarsi esclusivamente
agli sforzi di alcuni, senza preoccuparsi minimamente dei loro propri
sentimenti. I capi di Stato, infatti, i quali sono mallevadori del bene comune
delle proprie nazioni e fautori insieme del bene della umanità intera,
dipendono in massima parte dalle opinioni e dai sentimenti delle moltitudini. È
inutile infatti che essi si adoperino con tenacia a costruire la pace, finché
sentimenti di ostilità, di disprezzo e di diffidenza, odi razziali e ostinate
ideologie dividono gli uomini, ponendoli gli uni contro gli altri. Di qui la
estrema, urgente necessità di una rinnovata educazione degli animi e di un
nuovo orientamento nell’opinione pubblica. Coloro che si dedicano a un’opera
di educazione, specie della gioventù, e coloro che contribuiscono alla
formazione della pubblica opinione, considerino loro dovere gravissimo inculcare
negli animi di tutti sentimenti nuovi, ispiratori di pace. E ciascuno di noi
deve adoperarsi per mutare il suo cuore, aprendo gli occhi sul mondo intero e su
tutte quelle cose che gli uomini possono compiere insieme per condurre
l’umanità verso un migliore destino. Né ci inganni una
falsa speranza. Se non verranno in futuro conclusi stabili e onesti trattati di
pace universale, rinunciando ad ogni odio e inimicizia, L’umanità che, pur
avendo compiuto mirabili conquiste nel campo scientifico, si trova già in grave
pericolo, sarà forse condotta funestamente a quell’ora, in cui non potrà
sperimentare altra pace che la pace terribile della morte. La Chiesa di
Cristo nel momento in cui, posta in mezzo alle angosce del tempo presente,
pronuncia tali parole, non cessa tuttavia di nutrire la più ferma speranza.
Agli uomini della nostra età essa intende presentare con insistenza, sia che
l’accolgano favorevolmente, o la respingano come importuna, il messaggio degli
apostoli: a Ecco ora il tempo favorevole » per trasformare i cuori, «ecco ora
i giorni della salvezza». Sezione
2: La costruzione della comunità internazionale 83. Le cause
di discordia e i loro rimedi L’edificazione
della pace esige prima di tutto che, a cominciare dalle ingiustizie, si
eliminino le cause di discordia che fomentano le guerre. Molte occasioni
provengono dalle eccessive disparità economiche e dal ritardo con cui vi si
porta il necessario rimedio. Altre nascono dallo spirito di dominio, dal
disprezzo delle persone e, per accennare ai motivi più reconditi,
dall’invidia, dalla diffidenza, dall’orgoglio e da altre passioni
egoistiche. Poiché gli uomini non possono tollerare tanti disordini avviene che
il mondo, anche quando non conosce le atrocità della guerra, resta tuttavia
continuamente in balia di lotte e di violenze. I medesimi mali si riscontrano
inoltre nei rapporti tra le nazioni. Quindi per vincere e per prevenire questi
mali, per reprimere lo scatenamento della violenza, è assolutamente necessario
che le istituzioni internazionali sviluppino e consolidino la loro cooperazione
e la loro coordinazione e che, senza stancarsi, si stimoli la creazione di
organismi idonei a promuovere la pace. 84. La
comunità delle nazioni e le istituzioni internazionali Dati i crescenti e
stretti legami di mutua dipendenza esistenti oggi tra tutti gli abitanti e i
popoli della terra, la ricerca adeguata e il raggiungimento efficace del bene
comune richiedono che la comunità delle nazioni si dia un ordine che risponda
ai suoi compiti attuali, tenendo particolarmente conto di quelle numerose
regioni che ancor oggi si trovano in uno stato di intollerabile miseria. Per conseguire
questi fini, le istituzioni internazionali devono, ciascuna per la loro parte,
provvedere ai diversi bisogni degli uomini, tanto nel campo della vita sociale
(cui appartengono l’alimentazione, la salute, la educazione, il lavoro),
quanto in alcune circostanze particolari che sorgono qua e là: per esempio, la
necessità di aiutare la crescita generale delle nazioni in via di sviluppo, o
ancora il sollievo alle necessità dei profughi in ogni parte del mondo, o degli
emigrati e delle loro famiglie. Le istituzioni
internazionali, tanto universali che regionali già esistenti, si sono rese
certamente benemerite del genere umano. Esse rappresentano i primi sforzi per
gettare le fondamenta internazionali di tutta la comunità umana al fine di
risolvere le più gravi questioni del nostro tempo: promuovere il progresso in
ogni luogo della terra e prevenire la guerra sotto qualsiasi forma. In tutti
questi campi, la Chiesa si rallegra dello spirito di vera fratellanza che
fiorisce tra cristiani e non cristiani, e dello sforzo d’intensificare i
tentativi intesi a sollevare l’immane miseria. 85. La
cooperazione internazionale sul piano economico La solidarietà
attuale del genere umano impone anche che si stabilisca una maggiore
cooperazione internazionale in campo economico. Se infatti quasi tutti i popoli
hanno acquisito l’indipendenza politica, si è tuttavia ancora lontani dal
potere affermare che essi siano liberati da eccessive ineguaglianze e da ogni
forma di dipendenza abusiva, e che sfuggano al pericolo di gravi difficoltà
interne. Lo sviluppo d’un
paese dipende dalle sue risorse in uomini e in denaro. Bisogna preparare i
cittadini di ogni nazione, attraverso l’educazione e la formazione
professionale, ad assumere i diversi incarichi della vita economica e sociale. A
tal fine si richiede l’opera di esperti stranieri, i quali nel prestare la
loro azione, si comportino non come padroni, ma come assistenti e cooperatori.
Senza profonde modifiche nei metodi attuali del commercio mondiale, le nazioni
in via di sviluppo non potranno ricevere i sussidi materiali di cui hanno
bisogno. Inoltre, altre risorse devono essere loro date dalle nazioni
progredite, sotto forma di dono, di prestiti e d’investimenti finanziari: ciò
si faccia con generosità e senza cupidigia, da una parte, e si ricevano,
dall’altra, con tutta onestà. Per instaurare un
vero ordine economico mondiale, bisognerà rinunciare ai benefici esagerati,
alle ambizioni nazionali, alla bramosia di dominazione politica, ai calcoli di
natura militaristica e alle manovre tendenti a propagare e imporre ideologie.
Vari sono i sistemi economici e sociali proposti; è desiderabile che gli
esperti possano trovare in essi un fondamento comune per un sano commercio
mondiale. Ciò sarà più facile se ciascuno, rinunciando ai propri pregiudizi,
si dispone di buon grado a condurre un sincero dialogo. 86. Alcune
norme opportune In vista di questa
cooperazione, sembra utile proporre le norme seguenti: a) Le nazioni in
via di sviluppo tendano soprattutto ad assegnare, espressamente e senza
equivoci, come fine del progresso la piena espansione umana dei cittadini. Si
ricordino che questo progresso trova innanzi tutto la sua origine e il suo
dinamismo nel lavoro e nella ingegnosità delle popolazioni stesse, visto che
esso deve sl far leva sugli aiuti esterni, ma, prima di tutto, sulla
valorizzazione delle proprie risorse nonché sulla propria cultura e tradizione.
In questa materia, quelli che esercitano sugli altri maggiore influenza devono
dare l’esempio. b) È dovere
gravissimo delle nazioni evolute di aiutare i popoli in via di sviluppo ad
adempiere i compiti sopraddetti. Perciò esse procedano a quelle revisioni
interne, spirituali e materiali, richieste da questa cooperazione universale.
Così bisogna che negli scambi con le nazioni più deboli e meno fortunate
abbiano riguardo al bene di quelle che hanno bisogno per la loro stessa
sussistenza dei proventi ricavati dalla vendita dei propri prodotti. c) Spetta alla
comunità internazionale coordinare e stimolare lo sviluppo, curando tuttavia di
distribuire con la massima efficacia ed equità le risorse a ciò destinate.
Salvo il principio di sussidiarietà, ad essa spetta anche di ordinare i
rapporti economici mondiali secondo le norme della giustizia. Si fondino
istituti capaci di promuovere e di regolare il commercio internazionale,
specialmente con le nazioni meno sviluppate, e destinati pure a compensare gli
inconvenienti che derivano dall’eccessiva disuguaglianza di potere fra le
nazioni. Accanto all’aiuto tecnico, culturale e finanziario, un simile
ordinamento dovrebbe mettere a disposizione delle nazioni in via di sviluppo le
risorse necessarie ad ottenere una crescita soddisfacente della loro economia. d) In molti casi
è urgente procedere a una revisione delle strutture economiche e sociali. Ma
bisogna guardarsi dalle soluzioni tecniche premature, specialmente da quelle
che, mentre offrono all’uomo certi vantaggi materiali, si oppongono al suo
carattere spirituale e alla sua crescita. Poiché « non di solo pane vive
l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio » (Mt 4,4). Ogni parte
della famiglia umana reca in sé e nelle sue migliori tradizioni qualcosa di
quel tesoro spirituale che Dio ha affidato all’umanità, anche se molti
ignorano da quale fonte provenga. 87. La
cooperazione internazionale e l’accrescimento demografico La cooperazione
internazionale è indispensabile soprattutto quando si tratta dei popoli che,
fra le molte altre difficoltà, subiscono oggi in modo tutto speciale quelle
derivanti da un rapido incremento demografico. È urgente e necessario ricercare
come, con la cooperazione intera ed assidua di tutti, specie delle nazioni più
favorite, si possa procurare e mettere a disposizione dell’intera comunità
umana quei beni che sono necessari alla sussistenza e alla conveniente
istruzione di ciascuno. Alcuni popoli potrebbero migliorare seriamente le loro
condizioni di vita se, debitamente istruiti, passassero dai vecchi metodi di
agricoltura ai nuovi procedimenti tecnici di produzione, applicandoli con la
prudenza necessaria alla situazione propria e se instaurassero inoltre un
migliore ordine sociale e attuassero una più giusta distribuzione della
proprietà terriera. Nei limiti della
loro competenza, i governi hanno diritti e doveri per ciò che concerne il
problema demografico della nazione; come, ad esempio, per quanto riguarda la
legislazione sociale e familiare, le migrazioni dalla campagna alle città, o
quando si tratta dell’informazione relativa alla situazione e ai bisogni del
paese. Oggi gli animi sono molto agitati da questi problemi. Si deve quindi
sperare che cattolici competenti in tutte queste materie, in particolare nelle
università, proseguano assiduamente gli studi già iniziati e li sviluppino
maggiormente. Poiché molti
affermano che l’accrescimento demografico nel mondo, o almeno in alcune
nazioni, debba essere frenato in maniera radicale con ogni mezzo e con non
importa quale intervento dell’autorità pubblica, il Concilio esorta tutti ad
astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale, siano esse promosse o
imposte pubblicamente o in privato. Infatti, in virtù del diritto inalienabile
dell’uomo al matrimonio e alla generazione della prole, la decisione circa il
numero dei figli da mettere al mondo dipende dal retto giudizio dei genitori e
non può in nessun modo essere lasciata alla discrezione dell’autorità
pubblica. Ma siccome questo giudizio dei genitori suppone una coscienza ben
formata, è di grande importanza dare a tutti il modo di accedere a un livello
di responsabilità conforme alla morale e veramente umano, nel rispetto della
legge divina e tenendo conto delle circostanze. Tutto ciò esige un po’
dappertutto un miglioramento dei mezzi pedagogici e delle condizioni sociali,
soprattutto una formazione religiosa o almeno una solida formazione morale. Le
popolazioni poi siano opportunamente informate sui progressi della scienza nella
ricerca di quei metodi che potranno aiutare i coniugi in materia di
regolamentazione delle nascite, una volta che sia ben accertato il valore di
questi metodi e stabilito il loro accordo con la morale. 88. Il
compito dei cristiani nell’aiuto agli altri paesi I cristiani
cooperino volentieri e con tutto il cuore all’edificazione dell’ordine
internazionale, nel rispetto delle legittime libertà e in amichevole fraternità
con tutti. Tanto più che la miseria della maggior parte del mondo è così
grande che il Cristo stesso, nella persona dei poveri reclama come a voce alta
la carità dei suoi discepoli. Si eviti questo scandalo: mentre alcune nazioni,
i cui abitanti per la maggior parte si dicono cristiani, godono d’una grande
abbondanza di beni, altre nazioni sono prive del necessario e sono afflitte
dalla fame, dalla malattia e da ogni sorta di miserie. Lo spirito di povertà e
d’amore è infatti la gloria e il segno della Chiesa di Cristo. Sono, pertanto, da
lodare e da incoraggiare quei cristiani, specialmente i giovani, che
spontaneamente si offrono a soccorrere gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi
spetta a tutto il popolo di Dio, dietro la parola e l’esempio dei suoi
vescovi, sollevare, nella misura delle proprie forze, la miseria di questi
tempi; e ciò, secondo l’antico uso della Chiesa, attingendo non solo dal
superfluo, ma anche dal necessario. Le collette e la
distribuzione dei soccorsi materiali, senza essere organizzate in una maniera
troppo rigida e uniforme, devono farsi secondo un piano diocesano, nazionale e
mondiale; ovunque la cosa sembri opportuna, si farà in azione congiunta tra
cattolici e altri fratelli cristiani. Infatti lo spirito di carità non si
oppone per nulla all’esercizio provvido e ordinato dell’azione sociale e
caritativa; anzi l’esige. È perciò necessario che quelli che vogliono
impegnarsi al servizio delle nazioni in via di sviluppo ricevano una formazione
adeguata in istituti specializzati. 89. Efficace
presenza della Chiesa nella comunità internazionale La Chiesa, in virtù
della sua missione divina, predica il Vangelo e largisce i tesori della grazia a
tutte le genti. Contribuisce così a rafforzare la pace in ogni parte del mondo,
ponendo la conoscenza della legge divina e naturale a solido fondamento della
solidarietà fraterna tra gli uomini e tra le nazioni. Perciò la Chiesa
dev’essere assolutamente presente nella stessa comunità delle nazioni, per
incoraggiare e stimolare gli uomini alla cooperazione vicendevole. E ciò, sia
attraverso le sue istituzioni pubbliche, sia con la piena e leale collaborazione
di tutti i cristiani animata dall’unico desiderio di servire a tutti. Per raggiungere
questo fine in modo più efficace, i fedeli stessi, coscienti della loro
responsabilità umana e cristiana, dovranno sforzarsi di risvegliare la volontà
di pronta collaborazione con la comunità internazionale, a cominciare dal
proprio ambiente di vita. Si abbia una cura particolare di formare in ciò i
giovani, sia nell’educazione religiosa che in quella civile. 90. La
partecipazione dei cristiani alle istituzioni internazionali Indubbiamente una
forma eccellente d’impegno per i cristiani in campo internazionale è
l’opera che si presta, individualmente o associati, all’interno degli
istituti già esistenti o da costituirsi, con il fine di promuovere la
collaborazione tra le nazioni. Inoltre, le varie associazioni cattoliche
internazionali possono servire in tanti modi all’edificazione della comunità
dei popoli nella pace e nella fratellanza. Perciò bisognerà rafforzarle,
aumentando il numero di cooperatori ben formati, con i necessari sussidi e
mediante un adeguato coordinamento delle forze. Ai nostri giorni, infatti,
efficacia d’azione e necessità di dialogo esigono iniziative collettive. Per
di più simili associazioni giovano non poco a istillare quel senso universale,
che tanto conviene ai cattolici, e a formare la coscienza di una responsabilità
e di una solidarietà veramente universali. Infine è
auspicabile che i cattolici si studino di cooperare, in maniera fattiva ed
efficace, sia con i fratelli separati, i quali pure fanno professione di carità
evangelica, sia con tutti gli uomini desiderosi della pace vera. Adempiranno così
debitamente al loro dovere in seno alla comunità internazionale. Il Concilio,
poi, dinanzi alle immense sventure che ancora affliggono la maggior parte del
genere umano, ritiene assai opportuna la creazione d’un organismo della Chiesa
universale, al fine di fomentare dovunque la giustizia e l’amore di Cristo
verso i poveri. Tale organismo avrà per scopo di stimolare la comunità
cattolica a promuovere lo sviluppo delle regioni bisognose e la giustizia
sociale tra le nazioni.