Un'offerta di pace
L'Algeria attraversa oggi una prova tragica senza precedenti... Oggi, il popolo algerino vive un clima di terrore mai eguagliato, aggravato da condizioni sociali ed economiche intollerabili: così inizia il testo conclusivo del colloquio romano tenutosi a porte chiuse (8-13 gennaio 1995) fra i leader dei principali partiti algerini contrari all'attuale regime, su invito della Comunità di S. Egidio. Quest'ultima, sorta nel 1973 a Roma attorno alla parrocchia di S. Maria in Trastevere con l'intenzione di recare il "Vangelo in periferia"1 e da anni saldamente approdata a una prospettiva di solidarietà planetaria, non è nuova a un interesse profondo verso l'islam: dalla nascita del "Comitato d'amicizia islamo-cristiano", fino agli annuali meeting di "Uomini e religioni", passando per il "Colloquio mediterraneo trilaterale" dell'aprile '91, sulla scorta delle intuizioni di L. Massignon e G. La Pira.2
Una simile "diplomazia parallela" ha già fornito frutti significativi, il più rilevante dei quali, nel '92, aveva riguardato l'armistizio tra le fazioni in lotta in Mozambico. L'incontro odierno, invece, aveva avuto un preludio più breve il 21-22 novembre scorsi, in un appuntamento sempre a Roma alla fine del quale i presenti algerini chiesero a S. Egidio di provocare una nuova occasione per continuare un rapporto così costruttivo. Un'offerta di pace come ha notato al termine del colloquio il prof. Andrea Riccardi, storico della chiesa e attuale presidente della comunità che presenta delle misure per aprire dei veri negoziati: si tratta di "una proposta concreta", allo scopo di far cessare ogni violenza in quel paese martoriato e di creare un processo graduale simultaneo per ritornare infine alla sovranità popolare e alla legalità costituzionale.
La diplomazia parallela di S. Egidio
Fra i partecipanti, le delegazioni di tutti i principali partiti all'opposizione in Algeria contro il potere del generale Liamine Zeroual, designato alla presidenza della repubblica con l'appoggio decisivo dell'esercito nel gennaio '94. Tra loro, alcune figure storiche nella moderna storia del paese: da Ahmed Ben Bella, il primo presidente dopo la fine del dominio coloniale francese, dal '62 al '65, e oggi a capo del MDA (Movimento per la democrazia in Algeria), a Rabah Kebir e Anwar Haddam, fra i leader di quel FIS (Fronte islamico di salvezza) che nel primo turno delle elezioni politiche del dicembre '91 aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti, prima che il processo elettorale fosse annullato con la forza; dal segretario generale dell'antico partito unico, il FLN (Fronte di liberazione nazionale), Abdelhamid Mehri, al presidente del FFS (Fronte delle forze socialiste), Hocine Ait Ahmed, uno dei capi storici della guerra di liberazione e attualmente in esilio in Europa.
L'intesa conclusiva, definita "Piattaforma per una soluzione politica e pacifica della crisi algerina", è divisa in sei punti, a partire dai valori e principi del quadro complessivo, che prevede fra l'altro il rigetto di ogni violenza e di ogni dittatura, il rispetto e la promozione dei diritti della persona umana, la consacrazione dell'alternanza politica, della legittimità popolare e del multipartitismo. Seguono le misure che devono precedere i negoziati (fra cui l'annullamento dello scioglimento del FIS, la cessazione "immediata, effettiva e verificabile" della pratica della tortura e delle esecuzioni della pena capitale) e la sottolineatura per cui il ristabilimento della pace implica un processo graduale, simultaneo e negoziato, nonché il ritorno alla legalità costituzionale, col relativo ripristino sostanziale della Costituzione promulgata il 23.2.19??.
Sarà necessario, inoltre, definire un tempo di "legalità transitoria", il più breve possibile per la messa in opera e la sorveglianza degli accordi: per questo i partiti che parteciperanno ai lavori negoziali dovranno organizzare "una conferenza nazionale dotata di competenze reali, composta di effettivo potere e di forze politiche rappresentative" e chiamata a definire la libertà d'informazione, il libero accesso ai mass-media e le condizioni di libera scelta dei cittadini. Infine, le garanzie reciproche delle parti incontratesi a Roma: esse si impegnano a opporsi a qualsiasi ingerenza negli affari interni dell'Algeria, a condurre una campagna d'informazione presso la comunità internazionale per far conoscere la piattaforma in questione e per assicurarle un sostegno reale, sino alla proposta di lanciare una petizione su scala planetaria per appoggiare l'esigenza di una soluzione politica e pacifica nel paese.
Attese e critiche
Il testo, elaborato e sottoscritto da otto partiti e organizzazioni sociali che nelle ultime elezioni avevano raccolto complessivamente più dell'89% dei voti, sembra riflettere in buona parte la posizione del FIS che rifiuta di far cessare la lotta armata sino a che tutti i suoi dirigenti ridotti in prigione, in clandestinità o in esilio non torneranno liberi di riunirsi, discutere e decidere il da farsi.
Non sono mancate, ovviamente, pesanti critiche all'iniziativa di Sant'Egidio. Mentre in quegli stessi giorni, ad esempio, il presidente Zeroual ha pubblicamente esaltato le forze speciali che operano in ogni modo per "sradicare" l'estremismo e il fondamentalismo degli islamisti, il 18 gennaio il governo locale ha rifiutato l'offerta di pace presentata a Roma, bollandola chiaramente come "ingerenza in affari interni algerini" e dichiarando che "non è quella attesa dall'Algeria".3
Una voce particolarmente dura si è levata poco dopo la fine del vertice, quella di Saïd Sadi, presidente del RCD ("Rassemblement pour la culture et la démocratie"), il movimento nato nel 1989 per difendere la laicità dello stato e la rivendicazione dell'identità berbera. Pur invitato, Sadi non si è recato a Roma, giudicando addirittura "deleterio" il fascino che quel dialogo all'ombra di un monastero ha esercitato sull'occidente e sino a ritenerlo non in grado di interpretare "l'Algeria reale", che resiste al regime militare come all'integralismo religioso del FIS. Secondo Sadi, si tratta di due progetti di società antitetici, tra i quali non può esistere dialogo. L'Algeria reale ha scritto "rappresenta oggi l'ultima speranza, l'alternativa di un rinnovamento contro il regime e l'islamismo-populismo. L'Algeria che si esprime attraverso questa generazione è l'Algeria che pensa, che cammina. È lei che scuote le istituzioni civili e militari, che anima la sfera economica, la vita sindacale, il formidabile movimento femminile, la stampa indipendente... L'integralismo è come la morte, la si vive una volta sola".4 Reazioni che, se evidenziano in maniera lampante la drammatica complessità della situazione attuale e l'impossibilità di giungere a una soluzione in tempi brevi, consentono di porre nell'ottica corretta lo spiraglio di luce proveniente da Sant'Egidio. Nella speranza, che esso si allarghi progressivamente.5
1 Comunità di Sant'Egidio, Vangelo in periferia, a cura di M. Marazziti, Morcelliana, Brescia 1987.
2 Comunità di Sant'Egidio, Cristianesimo e islam. L'amicizia possibile, Morcelliana, Brescia 1990. Per un quadro d'insieme sulla comunità, cf. Filippi A., "S. Egidio: ascoltando la Parola, operando carità", in Regno-att. 4,1991,90.
3 Cf., ad es., Simon C., "Le gouvernement algérien rejette la "plateforme" de l'opposition", in Le Monde 20.1.1995, 4.
4 Sadi S., "Non parlate con gli assassini", in La Stampa 24.1.1995. Per un panorama assai documentato dell'odierna Algeria, si veda il dossier di Le Nouvel Observateur n. 1576, (19.1.1995), 4-39, intitolato "Special Algérie. La vie et la mort dans le pays dont tous les drames nous concernent" e realizzato insieme ai redattori del quotidiano algerino El Watan. Cf. anche il numero di Esprit (gennaio 1995) dal titolo "Avec l'Algérie".
5 Zeroual, il cui governo a fine gennaio ha organizzato una serie di "marce spontanée" contro la piattaforma di Roma, ha nel frattempo annunciato che le elezioni presidenziali dovrebbero tenersi entro il '95. L'attuale bilancio di tre anni di vera e propria "guerra civile" in Algeria è di circa 30.000 morti (500 ogni settimana).