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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Nazioni Unite

Rapporto sull'Algeria

"Il Regno" n. 19 del 1998

"Gli sforzi per combattere il terrorismo devono svolgersi in un contesto di legalità, di proporzionalità e di rispetto per i diritti umani fondamentali della popolazione algerina. ... Il terrorismo può essere combattuto con una maggiore democrazia e un maggiore rispetto per i diritti umani. Riteniamo che l'Algeria meriti il sostegno della comunità internazionale ... per proseguire nei suoi programmi politici ed economici e condurre la sua lotta contro il terrorismo". Sono queste le principali conclusioni del Rapporto della delegazione nominata dal segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, lo scorso 29 giugno e inviata in Algeria dal 22 luglio al 4 agosto. La visita, contestata da alcune organizzazioni umanitarie non governative occidentali per il mandato limitato, aveva come scopo la raccolta di "informazioni sulla situazione per fornire alla comunità internazionale una maggiore chiarezza sulla situazione". Essa ha inoltre contribuito all'apertura di un credito politico internazionale per l'Algeria, a fianco della dichiarata disponibilità di quest'ultima a dare impulso alla democrazia nel paese (cf. anche Regno-att. 18,1998,632ss).

Originale: stampa (1.10.1998) dal sito Internet dell'ONU: www.un.org; nostra traduzione dall'inglese.


Introduzione:

Il 29 giugno 1998, il segretario generale delle Nazioni Unite, sua eccellenza Kofi Annan, fece il seguente annuncio: "Su invito del governo dell'Algeria, il segretario generale ha oggi designato una delegazione di persone eminenti per visitare quel paese. Lo scopo di questa missione sarà quello di raccogliere informazioni sulla situazione in Algeria e presentargli un rapporto che egli renderà pubblico. Il governo di Algeria ha assicurato al segretario generale che si garantirà libero e completo accesso a tutte le fonti di informazione necessarie alla delegazione per l'esercizio delle sue funzioni, affinché si arrivi ad avere una visione chiara e una percezione precisa della realtà della situazione odierna dell'Algeria in tutte le sue dimensioni".

La delegazione è composta da: Mário Soares, ex presidente del Portogallo (presidente); I.K. Gujral, ex primo ministro dell'India; Abdel Karim Kabariti, ex primo ministro e ministro della difesa della Giordania; Donald McHenry, ex rappresentante permanente degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite; la signora Simone Veil, ex ministro di stato della Francia e presidente del Parlamento europeo; e Amos Wako, procuratore generale del Kenya.

La delegazione ha visitato il quartier generale delle Nazioni Unite a New York il giorno 8 luglio 1998 per un incontro con il segretario generale e per una consultazione con i dirigenti delle Nazioni Unite, incluso l'alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite. La commissioni si è poi trasferita a Lisbona dal 20 al 22 luglio, dove ha pianificato la sua visita. A Lisbona, così come a New York, la delegazione ha incontrato alcuni esperti internazionali sull'Algeria. Dopodiché è partita per l'Algeria dove è stata dal 22 luglio al 4 agosto.

La delegazione, dopo la sua partenza da Algeri, si è riunita ancora una volta a Lisbona il 5 e il 6 agosto, dove ebbe ulteriori riunioni e ha lavorato al suo rapporto. In seguito la delegazione ha approvato questo rapporto per sottoporlo al segretario generale.

Nell'affrontare il nostro lavoro, abbiamo prestato attenzione al fatto che la nostra missione era di raccogliere informazioni sulla situazione in Algeria per giungere a una maggiore chiarezza su di essa con lo scopo, pieno di speranza, di aiutare gli algerini a camminare verso la pace, l'armonia e la giustizia. Abbiamo considerato il nostro compito come complementare ma non separato dalle speciali procedure del programma dei diritti umani delle Nazioni Unite.

Nel condurre la nostra visita in Algeria, abbiamo pensato al nostro programma man mano che la visita si svolgeva, e contattando direttamente persone e organizzazioni che desideravamo vedere. Durante la nostra visita abbiamo approntato uno staff che ricevesse messaggi dalla gente. Abbiamo tentato di tenervi dietro per quello che abbiamo potuto. Tuttavia, la mancanza di tempo non ci ha permesso di rispondere a molte richieste. Non avevamo né i mezzi né il mandato per condurre investigazioni per conto nostro.

1. Le attività della delegazione

Durante il nostro soggiorno in Algeria abbiamo ricevuto notizie da una delegazione mista di leader del governo algerino, da rappresentanti dei partiti politici, inclusi alcuni dell'opposizione, dalla società civile, da associazioni femminili e per i diritti umani, dai media, da istituzioni religiose, dalle famiglie delle vittime del terrorismo e di persone scomparse, e dai cittadini algerini. Abbiamo anche visitato diverse regioni dell'Algeria, alcuni luoghi dove sono stati commessi massacri e una prigione. Una lista delle persone incontrate e dei luoghi visitati, è contenuta nell'allegato I. Una lista dei materiali che ci sono stati sottoposti è contenuta nell'allegato II.

Avremmo voluto incontrare molte persone, ma non lo abbiamo potuto fare, sia per mancanza di tempo, sia per l'indisponibilità di queste persone. Fra esse vi sono la signora Faitha Boudiaf, vedova dell'ex presidente Boudiaf, e l'arcivescovo di Algeri, mons. Henri Teissier, entrambi all'estero in quel momento.

Non abbiamo potuto incontrare per mancanza di tempo molte persone che ci hanno contattato. Le ringraziamo per aver fatto lo sforzo di contattarci e chiediamo comprensione per non aver potuto dare corso all'incontro.

Avremmo voluto incontrare persone, o avremmo voluto visitare luoghi, ma non lo abbiamo potuto fare per l'atteggiamento delle autorità algerine. Con lo scopo di ascoltare le differenti componenti di opinione nella società algerina, volevamo incontrare Abassi Madani e Ali Belhadj, rispettivamente, presidente e vice presidente del Fronte islamico di salvezza (FIS) dissolto nel marzo del 1992 tramite una decisione giudiziaria, ma ci è stato detto dai dirigenti algerini che essi si trovavano nella categoria di persone fuori del contesto della legalità perché Madani è ancora in regime di limitazioni legali e Belhadj è in prigione – in un luogo non noto alla delegazione. La delegazione voleva, poi, incontrare Abdelkader Hachani, appartenente allo stesso partito e che si era supposto vivesse come un normale cittadino ad Algeri. Le autorità ci hanno comunicato la loro opposizione per il fatto che egli era ancora soggetto a restrizioni legali.

Abbiamo anche chiesto d'incontrare il direttore generale della "Sicurezza generale", il col. Ali Tounsi, ma ci è stato detto che non era possibile perché egli si trovava fuori città. Le autorità algerine ci hanno offerto invece un incontro con il suo superiore, il ministro degli interni, che noi avevamo già incontrato. Inoltre, volevamo incontrare rappresentanti dei movimenti culturali berberi a Tizi Ouzou, ma ci è stato negato per motivi di sicurezza. Le autorità algerine ci hanno detto che questi movimenti si erano frammentati in correnti antagoniste e che se avessimo voluto, avremmo dovuto contattarle direttamente. Ragioni di sicurezza furono addotte anche per la mancata possibilità di visitare la casa del cantante berbero assassinato, Matoub Lounes, e il luogo del massacro avvenuto nell'area di Blida due giorni prima. Per quanto riguarda la casa di Matoub Lounes, il commento che venne fatto fu che essa non era "una fonte di informazione".

Infine, alcune persone che desideravamo incontrare declinarono il nostro invito. Fra esse i leader del Fronte di liberazione nazionale (FNL) e l'ex primo ministro, Mouloud Hamrouche, che ci ha detto di non aver niente di significativo da dirci.

2. Breve storia degli avvenimenti, 1954-1992

Il primo novembre 1954, il principale movimento nazionalista algerino, il FNL, cominciò la lotta per l'indipendenza. Un cessate il fuoco fu concordato nel marzo del 1962 e l'indipendenza fu dichiarata nel luglio del 1962.

Nell'agosto del 1962, il governo provvisorio algerino trasferì le sue funzioni alla segretaria politica del FNL, e nel settembre dello stesso anno fu eletta un'assemblea costituente nazionale a partire da una singola lista di candidati del FNL e fu proclamata la Repubblica algerina. Fu formato un nuovo governo con Ahmed Ben Bella in qualità di primo ministro.

Il 28 agosto del 1963 fu adottato una costituzione provvisoria che designava un regime presidenziale, con il FNL come partito unico. Nel settembre del 1963 la costituzione fu approvata tramite referendum e Ben Bella fu poi eletto presidente. Nel giugno del 1965, il ministro della difesa, il col. Houari Boumedienne, in un golpe militare depose Ben Bella. L'ex presidente fu prima imprigionato poi lasciato andare in esilio.

Nel giugno del 1975, Boumedienne introdusse una serie di progetti per la creazione di un sistema socialista, il mantenimento delll'islam come religione di stato, e il disegno di una nuova Costituzione, e l'indizione di elezioni di un presidente e di un'assemblea nazionale popolare. Fu adottata tramite referendum nel giugno del 1976 una Carta nazionale, dal 98,5% dell'elettorato. In novembre, fu approvata tramite referendum la nuova Costituzione che incorporava i principi della Carta. Nel dicembre Boumedienne venne eletto presidente con il 99.38% dei voti.

In seguito alla morte del presidente Boumedienne nel dicembre del 1978, il col. Chadli Ben Djedid, comandante della regione militare di Orano, gli succedette. Nel giro di due anni, il presidente Chadli e il suo governo cominciarono gradualmente a invertire le politiche economiche socialiste perseguite dal presidente Boumedienne.

La liberalizzazione dell'economia e la revisione della macchina dello stato andarono avanti rapidamente nel periodo successivo al crollo del prezzo del petrolio del 1985/86. Nel 1987, in risposta alla caduta del prezzo del petrolio e all'incremento del debito estero in Algeria, il governo introdusse misure di austerità e cominciò a rimuovere i controlli dello stato da vari settori dell'economia. L'accelerazione degli sforzi per aprire l'economia al libero mercato fu affiancata dai passi verso un pluralismo politico. Il paese rimase uno stato a partito unico fino al 1989.

Dopo la sua rielezione nel 1984, la presidenza Chadli fu caratterizzata da periodi di conflittualità specialmente nel 1986 e 1987. Una seria disoccupazione, gli alti prezzi e la mancanza dei beni necessari, causata dalle misure di austerità provocarono, nel 1988, una serie scioperi guidati dall'Unione generale dei lavoratori algerini (UGTA) e nell'ottobre di quell'anno rivolte esplosero ad Algeri, espandendosi fino a Orano e Annaba. Fu imposto uno stato di emergenza di sei giorni e secondo fonti ufficiali, 159 persone furono uccise e 3.500 furono arrestate durante gli scontri con le forze del governo.

In risposta alla conflittualità, il presidente Chadli propose emendamenti costituzionali lasciando partecipare alle elezioni anche candidati non del FNL. Queste riforme furono approvate nel novembre del 1988. Una nuova costituzione che segnava la fine dello stato a partito unico socialista e che permetteva la formazione di partiti politici diversi dal FNL fu approvata tramite referendum nel febbraio del 1989.

Altri provvedimenti legislativi adottati nel luglio del 1989 ridussero ulteriormente il controllo dello stato sull'economia, permise l'espansione degli investimenti da parte di compagnie estere e abolì il monopolio statale della stampa. Nonostante questi cambiamenti, scioperi e tumulti continuarono durante il 1989, per protestare contro la presunta corruzione della dirigenza e contro il fallimento del governo nel miglioramento delle condizioni di vita. Venne nominato al posto di Kasdi Merbah un nuovo primo ministro, Mouloud Hamrouche. Fu annunciato un programma di liberalizzazione economica e le prime elezioni multipartitiche municipali e provinciali programmate per Dicembre furono posticipate al giugno del 1990.

Alle elezioni amministrative del 12 giugno, contestate da numerosi partiti (inclusi il FNL, l'Unione per la cultura e la democrazia RCD, e il Fronte delle forze socialiste FFS), il Fronte islamico di salvezza (FIS) ricevette il 55% dei voti, mentre il FNL ottenne solo il 32%. In luglio, il presidente Chadli cedette alle richieste del FIS per elezioni generali anticipate. Fu dichiarata un'amnistia generale e all'ex presidente Ben Bella fu permesso di ritornare dall'esilio.

Nell'aprile del 1991, il presidente Chadli annunciò che le prime elezioni generali multipartitiche si sarebbero svolte in giugno. Il FIS argomentò polemicamente che le elezioni presidenziali si sarebbero dovute tenere simultaneamente, o poco dopo, e per protestare contro la legge elettorale proposta dal primo ministro, Mouloud Hamrouche, il FIS incitò a scioperi illimitati e a dimostrazioni, chiedendo le dimissioni del presidente Chadli. Si verificarono scontri violenti, e in risposta il presidente Chadli dichiarò lo stato di emergenza e posticipò le elezioni generali. Durante questi incidenti, circa 700 membri del FIS furono arrestati, fra essi Abassi Madani, il presidente del FIS e Ali Belhadj, il vicepresidente. Mouloud Hamrouche fu sostituito come primo ministro da Sid Ahmad Ghozali.

Dopo l'introduzione di una legge elettorale che incrementava il numero dei seggi nell'Assemblea da 295 a 430 e abbassava l'età minima per i candidati all'elezione da 35 a 28 anni, nel dicembre del 1991 si tennero le elezioni legislative, mentre era il secondo turno programmato per il 16 gennaio 1992. Nel primo turno, nel quale 231 dei 430 seggi vennero vinti direttamente, il FIS guadagnò 188 seggi (il 47,5% dei voti), il FFS 25 seggi, il FNL 15 e gli indipendenti 3.

L'Assemblea nazionale popolare fu sciolta tramite decreto presidenziale il 4 gennaio del 1992 e l'11 gennaio il presidente Chadli dette le dimissioni. L'Alto consiglio di sicurezza cancellò la seconda tornata delle votazioni e il 14 di gennaio fu nominato un Alto consiglio di stato (HCE) di 5 membri che agisse come una presidenza collegiale, fino alla scadenza del termine dell'incarico di Chadli nel 1993.

In mezzo a sporadici scoppi di violenza e terrorismo, le forze di sicurezza presero il controllo degli uffici del FIS ai primi di febbraio del 1992, l'Alto consiglio di stato dichiarò un periodo di 12 mesi di stato di emergenza e in marzo, in seguito a una decisione giudiziaria, il partito FIS venne formalmente sciolto.

Il 26 agosto del 1992, l'esplosione di una bomba all'aeroporto di Algeri indicò un cambiamento nei metodi del terrorismo: da allora in poi, le azioni violente furono dirette non solo contro le forze di sicurezza o dirigenti del governo e contro le figure di spicco della società civile, ma contro persone senza un obiettivo specifico.

Gli sforzi politici e i tentativi di riconciliazione continuarono nonostante una situazione in cui la violenza aumentava in tutto il paese, e nel dicembre del 1992, in considerazione della situazione economica molto difficile e dei problemi sociali fu imposto nella capitale e in sei dipartimenti limitrofi il coprifuoco. Nel febbraio del 1993, lo stato di emergenza fu rinnovato per un periodo non ben definito.

3. Tre differenti approcci del governo per affrontare la situazione in Algeria

Nei nostri incontri, il presidente Zeroual e dei dirigenti alla guida del governo hanno tracciato un quadro delle politiche e delle strategie che sono state assunte contemporaneamente su tre fronti: primo, sviluppando un consenso politico e procedendo nel consolidamento delle istituzioni politiche e nell'instaurazione di una struttura per uno stato di legalità; secondo, affrontando la crisi economica, con il peso di un alto debito che ora doveva essere riportato sotto controllo; terzo, mantenendo la sicurezza e più specificatamente combattendo il terrorismo. Lo scopo era quello di rafforzare lo stato di legalità che avrebbe dovuto comprendere il pieno rispetto dei diritti umani.

Abbiamo annotato altri aspetti che dovrebbero essere tenuti presente; fra essi:

1. la necessità di controbilanciare trent'anni di dittatura di un unico partito e l'eredità di un'economia collettivizzata, tenendo presente che un'inversione di rotta sarà estremamente difficile;

2. la chiarificazione della relazione tra il governo civile eletto e i militari. Abbiamo rilevato la necessità di chiarire la divisione del potere tra presidente, militari, ed eroi della rivoluzione, in modo da arrivare a un punto in cui il governo eletto dalla gente sia l'autorità politica incontrastata nel paese.;

3. Infine, una questione onnicomprensiva è il bilanciamento da attuare tra l'adesione di una grande maggioranza di algerini alla religione islamica e le leggi applicabili nella sfera pubblica. Questo è un argomento delicato e deve essere gestito dagli algerini. Il modo in cui l'Algeria gestisce questo punto problematico, particolarmente come esso riguarda una società per molti aspetti già pluralista, si rifletterà sull'unità dell'Algeria. Comunque, riteniamo utile menzionare tale questione che divide profondamente la società algerina e che di solito è soggetta ad un'aspra polemica assieme al dibattito concernente le modifiche della legge sulla famiglia.

A. Situazione politica

Nell'esposizione del presidente Zeroual e dei dirigenti governativi è stata chiarita la situazione che si è venuta a creare negli anni 1993-1994. Vi è stato un grande numero di partiti politici con opposti punti di vista, alcuni dei quali rifiutavano qualsiasi tipo di dialogo con gli altri. L'Algeria non aveva un presidente eletto, o un parlamento o delle assemblee locali elette. C'era invece un Consiglio di transizione.

Prima dell'elezione alla carica di presidente, Zeroual ha tentato di instaurare un dialogo politico con i capi del dissolto FIS, e ha chiesto loro di accettare due importanti condizioni: la prima, di rispettare la Costituzione e le leggi della Repubblica; la seconda, di condannare e rigettare la violenza come mezzo per raggiungere obiettivi politici. I capi del FIS hanno categoricamente rifiutato queste due condizioni.

Ciononostante il presidente Zeroual ha continuato il suo tentativo fino ad arrivare alla conclusione che i suoi interlocutori non avevano alcuna intenzione di convergere in un dialogo significativo. Egli ha perciò chiuso quel capitolo e non era preparato a riaprirlo nella considerazione che ciò avrebbe implicato una discussione con il FIS che attualmente è fuori legge. Alla luce di questa conclusione, il presidente Zeroual ha cominciato a instaurare un dialogo con gli altri partiti. Ciò si risolse, nel maggio del 1996, nella sottomissione ai partiti di un piano per la riconciliazione che proponeva riforme costituzionali da discutere e approvare durante una Conferenza di concertazione nazionale e rimesse al voto popolare o a un referendum costituzionale.

Si avute due tornate di colloqui per la riconciliazione nazionale. Sono state costituite quattro commissioni interpartitiche. La Conferenza di concertazione nazionale ha presentato proposte per i cambiamenti costituzionali che sono state approvate dall'84,6% dei voti espressi in un referendum tenutosi il 28 novembre del 1996. L'affluenza alle urne al referendum fu del 79,80% nonostante la minaccia di violenze da parte degli estremisti.

I più importanti e decisivi cambiamenti alla Costituzione algerina approvata nel referendum furono i seguenti:

Il preambolo della Costituzione sanzionò che i "fondamentali componenti" del popolo algerino sono "islam, arabismo, berberismo".

Il concetto di "partito" fu riconosciuto, ma partiti creati su basi "religiose, linguistiche, razziali, di genere, corporative o regionali" furono proibiti. Fu anche proibito ai partiti di fare propaganda sulla base di questi fattori.

Altri cambiamenti alla Costituzione furono i seguenti:

– L'islam fu mantenuto come "religione di stato" e un Alto consiglio islamico venne creato con un ruolo consultivo.

– La possibilità per il medesimo presidente di essere rieletto fu limitata a due volte.

– Al presidente venne riconosciuto il potere di legiferare attraverso decreti quando l'Assemblea nazionale non è riunita e nelle situazioni di emergenza. Egli nomina il primo ministro, il segretario generale del governo, il governatore della Banca di Algeria, i giudici, gli ufficiali della sicurezza e i walis (prefetti). Se il bilancio non è approvato dal Parlamento entro 75 giorni, il presidente può promulgarlo.

– Venne introdotto un sistema bicamerale, con una Assemblea nazionale popolare i cui membri sono eletti con voto diretto e il Consiglio della nazione (di cui un terzo dei membri sono nominati dal presidente della repubblica e due terzi sono eletti con suffragio indiretto). Il numero totale dei membri del Consiglio della nazione dovrebbe essere uguale o minore della metà dei membri dell'Assemblea nazionale popolare.

– Qualsiasi emendamento alla Costituzione che metta in pericolo la forma repubblicana dello stato, l'islam come religione di stato o l'arabo come lingua ufficiale è proibito.

– Vennero garantite la libertà di mercato e dell'industria.

B. Situazione economica e sociale

Una parte centrale della strategia messa in rilievo dal presidente Zeroual e dagli altri dirigenti è stata quella di intraprendere profonde riforme economiche per realizzare la transizione da un'economia pianificata a un'economia di mercato e per affrontare i problemi economici che l'Algeria aveva di fronte in seguito al notevole abbassamento del prezzo del petrolio nella seconda metà degli anni ottanta. Le autorità algerine hanno collaborato con il Fondo monetario internazionale (FMI), e il governo ha intrapreso il processo di privatizzazione.

Il governo ha deciso di non rinnovare il suo accordo con il FMI ma di lavorare, comunque, in accordo con il FMI e di proseguire nelle linee economiche già adottate con successo.

Il governo si è impegnato anche nell'integrazione dell'economia algerina con quelle dei suoi partner regionali così come con l'Unione europea e con la comunità internazionale in genere. L'Algeria ha affrontato con successo il suo debito estero e ha fondi di riserva stranieri per un ammontare di 9 miliardi di dollari.

Dal punto di vista sociale, le autorità algerine hanno riconosciuto che i livelli di occupazione sfortunatamente non hanno seguito la rapida crescita della forza lavoro. Le misure di austerità e il processo di riforma economico hanno esacerbato la situazione. All'inizio del 1994, il 27% della forza lavoro era disoccupata, su una popolazione economicamente attiva di circa 6,5 milioni, secondo i dati ufficiali. Alla fine del 1996, 2,2 milioni di persone, ossia il 28,3% (secondo le cifre ufficiali) della popolazione attiva, erano escluse dal lavoro, e tra esse l'80% aveva meno di i trent'anni. Ci si aspetta che nel 2000 le persone disoccupate raggiungeranno 3 milioni.

Le autorità hanno posto particolare attenzione ai costi sociali per le misure economiche di austerità e sono in procinto di lanciare programmi per la creazione di 1,2 milioni di posti di lavoro e 800.000 unità di alloggi da realizzarsi entro il 2000.

C. Sicurezza.

Terrorismo

Questo è il terzo fronte sul quale il presidente e il governo hanno concentrato i loro sforzi e al quale è stata data priorità. Dopo che l'Algeria ha iniziato la transiszione verso una democrazia pluralista e un'economia di mercato nel 1988, alcune forze hanno tentato di sfruttare le difficoltà sociali ed economiche per impedire il processo democratico con mezzi che includevano il ricorso al terrorismo e al crimine. Il Fronte islamico di salvezza (FIS), in particolare, si è posto fuori del contesto della legalità per il fatto di aver costituito gruppi armati che conducevano attacchi terroristici che prendevano di mira il popolo algerino. Questi gruppi armati hanno trovato aiuti sia in Algeria sia all'estero. C'è prova di aiuti finanziari, materiali e di altro genere, come l'asilo (politico), dati ai terroristi da certi paesi e gruppi ben noti per il loro appoggio al terrorismo.

Il terrorismo è passato attraverso quattro stadi. Nel primo esso ha preso di mira le forze di sicurezza e gli impiegati governativi; nel secondo stadio gli intellettuali, giornalisti, avvocati, artisti e stranieri; nel terzo stadio le infrastrutture generali del paese, cioè ponti, scuole, ferrovie e la fornitura di energia; e attualmente, esso ha di mira l'intera popolazione. Anche se il terrorismo ha le sue radici in Algeria, esso ha connessioni in altri paesi; comunque, il terrorismo algerino ha la sua unicità nel fatto che non persegue uno specifico obbiettivo.

In considerazione della situazione sopra descritta, è stato introdotto lo stato di emergenza il 9 febbraio del 1992, ed il 6 febbraio 1993 è stato esteso sine die a causa del persistere dell'attività terroristica.

Le autorità, il 30 settembre del 1992, hanno creato "tribunali speciali" per giudicare i casi di terrorismo. L'azione terroristica fu definita come "ogni violazione della sicurezza dello stato, dell'integrità territoriale del paese o della stabilità e del normale funzionamento delle istituzioni attraverso ogni atto avente lo scopo di seminare terrore tra la popolazione e creare un clima di insicurezza attraverso l'attacco alle persone o alla proprietà".

Fra l'ottobre del 1992 e l'ottobre del 1994, 13.770 persone sono state giudicate dai tribunali speciali e 3.661 di esse, ossia il 25% delle persone chiamate in giudizio, sono state assolte. Ci sono state 1.661 sentenze di morte, 1.463 delle quali sono state emesse in absentia, e 8.448 sentenze di carcerazione.

In seguito allo stato di emergenza proclamato il 9 febbraio del 1992, le forze di sicurezza hanno dato il via a campagne di interrogatori, che hanno coinvolto 8.981 persone. In tutto, 6.786 persone sono state messe in centri di custodia aperti nel sud del paese. I detenuti sono stati progressivamente rilasciati dal maggio del 1992 in avanti, e i centri di detenzione, che si dice siano stati ora chiusi.

Alla luce delle esperienze fatte nella lotta contro il terrorismo a livello giuridico, le procedure giudiziarie sono state standardizzate nel febbraio del 1995 attraverso l'abolizione dei tribunali speciali e l'abrogazione del decreto sul terrorismo e le azioni sovversive. "I crimini terroristici e sovversivi" sono ora legalmente definiti e sono giudicati dai tribunali ordinari. Comunque, alcuni avvocati che abbiamo incontrato ci hanno detto che alcune prerogative dei tribunali speciali sono passate a quelli ordinari. Questo presuntivamente ha l'effetto di qualificare molti "atti" come "atti terroristici", sebbene questo non possa essere sempre il caso.

Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Lamari, che abbiamo incontrato, insieme ad alcuni dei suoi ufficiali, ci ha mostrato i limiti che le forze di sicurezza si sono trovate di fronte nel momento in cui cominciarono ad affrontare l'esperienza del terrorismo. Insieme, l'esercito e la gendarmeria avevano forze quantitativamente limitate. L'esercito, costituito all'80% da giovani reclute non era stato preparato ad affrontare questioni di sicurezza interna. È stato necessario rimediare a questa situazione. Di conseguenza, è stata costituita una guardia comunale (garde communale), operante sotto la legge e sotto l'autorità del ministro degli interni.

Gruppi di auto-difesa/patrioti.

Ci è stato detto che con lo scoppio della violenza terroristica, la popolazione civile, specialmente nelle zone rurali isolate e nelle montagne, è stata sempre più esposta ad arbitrari atti di violenza e brutalità. La popolazione di questi villaggi e comuni ha chiesto il permesso di poter avere e detenere armi e munizioni per la propria autodifesa. Di conseguenza, fu approvata una legge che provvedeva alla costituzione di gruppi di autodifesa nei villaggi e nei comuni. La legislazione autorizzava ogni famiglia a tenere un fucile e alcune munizioni. I gruppi di autodifesa operavano sotto il controllo dell'esercito o della gendarmeria, a seconda di chi fosse più vicino. Le famiglie che ricevevano le munizioni ne erano responsabili e dovevano usarle solo per l'autodifesa.

Il governo è riuscito a rovesciare il terrorismo e, arrivare al punto di eliminarlo quasi completamente per lo più grazie all'esistenza di questi gruppi di autodifesa. Il governo ha stimato che sono rimasti circa 3.600 terroristi, in zone isolate, selvaggie e disperse. Il capo delle forze armate, il generale Lamari, ci ha detto che dove sono state istituite le forze di autodifesa, gli attacchi dei terroristi sono cessati nel 99% dei casi. É stato messo in rilievo che la spina dorsale dei gruppi di autodifesa è costituita dagli ex combattenti della lotta per l'indipendenza, i "patrioti".

Inoltre siamo stati informati del fatto che i gruppi di autodifesa hanno svolto davvero un ruolo decisivo nella lotta contro la violenza estremista; comunque, ci è stato affermato che essi furono anche, a volte, responsabili di eccessi commessi contro la popolazione civile. Tenendo a mente la prevalente atmosfera in Algeria, dove contemporaneamente sta avvenendo una transizione verso una società aperta e una lotta contro il terrorismo, abbiamo chiesto qualcosa sulle disposizioni e le procedure per assicurare che i gruppi di autodifesa non commettessero eccessi. Le autorità ci hanno risposto che i gruppi di autodifesa ricadono sotto l'autorità dell'esercito o della gendarmeria, a seconda di quale postazione fosse più vicina.

Alcune persone con le quali abbiamo parlato ci hanno detto che il governo ha bisogno di perfezionare i modi nei quali esso rispondeva al terrorismo e con i quali affrontava le accuse degli eccessi commessi dalle forze di sicurezza. Abbiamo ripetutamente posto domande sulle disposizioni in vigore per prevenire gli eccessi eventualmente commessi da queste forze, come essi venissero realizzati e con quali risultati. Per la maggior parte abbiamo ricevuto solo risposte generiche. Le autorità, comunque, ci presentarono una lista di circa 140 casi rispetto ai quali si era proceduto contro membri delle forze di sicurezza. Riteniamo che questo sia un ambito nel quale il governo dovrebbe essere più chiaro.

Abbiamo incontrato un gruppo di autodifesa durante la visita al villaggio di Igujdal in Cabilia. Erano presenti ufficiali, membri del gruppo di autodifesa e la popolazione del villaggio. Nella nostra discussione con i membri del gruppo di autodifesa, essi ci hanno informato che hanno dovuto far fronte alla violenza estremista per sei anni. Il loro villaggio è stato attaccato ed essi hanno dovuto difenderlo con le proprie armi. Dopo che essi ebbero respinto gli attacchi, sono arrivate le autorità e offrendo il loro aiuto. In seguito, hanno organizzato un gruppo di autodifesa nel villaggio. Questo gruppo di autodifesa era diretto da un comitato, e tutte le notti alcuni membri del gruppo rimanevano a guardia del villaggio.

Alla domanda se essi fossero uniti e d'accordo per l'organizzazione del gruppo di autodifesa, essi hanno risposto affermativamente. Comunque, un membro del gruppo ha affermato che mentre la grande maggioranza aveva prestato servizio per quasi sei anni senza ricompensa, essi avevano scoperto che qualcuno veniva pagato clandestinamente dalle autorità. Quando abbiamo chiesto in che modo venissero effettuati i pagamenti, ci fu risposto tramite gli uffici regionali. Il presidente dell'Assemblea regionale, che era presente, ha ammesso che quando l'Assemblea regionale aveva votato sui fondi per il bilancio rifiutò la disposizione di tali pagamenti; tuttavia, il ministro degli interni rovesciò quella decisione.

Alla domanda se essi temessero che la loro sicurezza venisse minacciata se i gruppi di autodifesa fossero aboliti, essi risposero che gli abitanti del villaggio non sanno cosa potrebbe accadere se la violenza estremista continuasse. Uno di loro ha detto, "noi siamo logorati dalla violenza estremista".

4.Le informazioni raccolte dalla delegazione.

1. Democratizzazione e strutture governative complessive

Negli ultimi anni l'Algeria ha assistito a importanti cambiamenti. Ora ha un presidente eletto, un Parlamento eletto nel quale sono rappresentati 10 partiti politici e una seconda camera, il Consiglio della nazione. In Parlamento c'è un dibattito vivace. C'è anche una dichiarata separazione dell'esecutivo dal potere militare e giudiziario. Nondimeno, alcuni algerini pensano che l'esercito giochi ancora un ruolo importante nella conduzione degli affari nel paese e abbia ancora un'influenza cruciale.

Le elezioni presidenziali (16 novembre 1995)

Le elezioni presidenziali si tennero il 16 novembre del 1995. Quattro candidati erano in lizza. Liamine Zeroual vinse le elezioni con il 61,43% dei voti espressi, contro Mahfoud Nahnah (25,38%), Said Sadi (9,29%) e Noureddine Boukrouh (3,78%). L'insieme dei votanti, secondo il Ministero degli interni, fu il 74,92%. Il governo dell'Algeria ha enfatizzato il fatto che, nonostante la campagna diretta a boicottare le elezioni ad opera degli estremisti o terroristi, l'indizione di queste elezioni doveva essere considerato un successo importante.

Le elezioni legislative (5 giugno 1997)

Le elezioni legislative si tennero il 5 giugno del 1997. Il numero ufficiale dei votanti sugli elettori del paese fu di 16,8 milioni, ossia il 65%.

Il nuovo partito politico creato, l'Unione nazionale democratica (RND), considerato il "partito del presidente", si aggiudicò 155 dei 380 seggi dell'Assemblea popolare nazionale con il 46,5% dei voti. Alcuni partiti lamentarono irregolarità elettorali. Un rapporto stilato da osservatori elettorali affermò che il processo elettorale non ebbe "sufficienti garanzie di neutralità e trasparenza", ma non accertò irregolarità nei seggi elettorali visitati.

Il nuovo governo di coalizione dominato dal RND fu formato il 25 giugno del 1997, con Ahmed Ouyahia rinominato primo ministro. Essa includeva ministri dell'FLN e del Movimento della società per la pace (MSP).

Elezioni provinciali e locali (23 ottobre 1997)

Il 23 ottobre del 1997, si tennero le elezioni per i consigli provinciali e municipali. Il RND vinse 896 seggi su 1.779 disputati per le elezioni provinciali (wilaya). Allo stesso modo per i consigli locali, il RND ottenne più della metà dei 13.126 seggi. In seguito all'assoluta vittoria del RND, ebbero luogo delle dimostrazioni che accusavano lo stato di aver manipolato le elezioni tramite ill RND.

Dal momento che i due terzi dei membri della camera alta, ossia del Consiglio della nazione sono eletti dai membri delle assemblee locali, come risultato delle elezioni locali, il RND guadagnò 80 dei 96 seggi disputati, seguito dal FNL con 10 seggi, il FFS con 4 e il MPS con 2. Il rimanente terzo (48 seggi) fu completato tramite nomine presidenziali il 27 dicembre del 1997.

Il Parlamento

Abbiamo visitato il Parlamento e abbiamo incontrato il presidente Abdelkader Bensalah e la giunta dell'Assemblea nazionale. Non tutti i partiti dell'Assemblea sono rappresentati nella giunta, per il fatto che alcuni di essi si sono rifiutati di entrarvi. Il presidente dell'Assemblea ci ha spiegato che il mandato dell'Assemblea è di legiferare e di supervisionare. Il dibattito dell'Assemblea viene trasmesso in diretta televisiva. Nel 1997 il Parlamento si è occupato di importanti questioni attuali. Per esempio, si è tenuto un dibattito nel quale sono state chieste informazioni e si è posto ai voti lo stato della sicurezza nel paese.

Il presidente dell'Assemblea ha aggiunto che, grazie al consolidamento delle istituzioni costituzionali del paese, le discussioni fra gli algerini ora si tengono in Parlamento piuttosto che nelle strade. A un anno di vita del Parlamento si è avuta una prova tangibile che il dialogo e la riconciliazione sono possibili grazie a un lavoro collettivo.

Abbiamo anche incontrato il presidente, Bachir Boumaza, e alcuni membri della seconda camera del Parlamento (il Consiglio della nazione). Egli ci ha detto che attualmente l'Algeria deve affrontare due forme di violenza: la violenza del linguaggio nel discorso politico, e la violenza del terrorismo e degli sforzi per estirparlo. Questo vecchio uomo di stato, che ha partecipato alla guerra per l'indipendenza algerina, ha accolto con favore l'interesse della comunità internazionale verso l'Algeria e la presenza della delegazione. La sua visione era quella secondo la quale gli algerini, radicati nella propria storia e cultura, dovrebbero arricchire la società attraverso il perseguimento di valori universali e l'approfondimento del processo democratico. Secondo lui, c'è un profondo bisogno di instillare la cultura dei diritti umani nelle persone, e questo richiede tempo. Un importante cambiamento è già avvenuto nel momento in cui il governo algerino ha invitato la delegazione a venire e guardare nelle leggi del suo paese.

Il presidente della seconda camera ritiene infatti che il punto cruciale nella lotta contro il terrorismo risieda nel rafforzamento e nel consolidamento del processo democratico in modo tale che il governo e il popolo possano avvicinarsi gli uni agli altri e avanzare insieme. La sola azione militare, ha affermato, non è giunta alla soluzione del problema del terrorismo. La democrazia e il benessere economico sono armi migliori. La loro espansione porterà come risultato la morte per soffocamento del terrorismo e il cessare della violenza, che riguarda molte aree povere e abbandonate.

2. Problemi economici e sociali

Nonostante il calo continuo del prezzo del petrolio, l'Algeria ha fatto significativi progressi nella messa a punto della sua situazione macroeconomica nel corso degli ultimi anni. Tuttavia, oltre al pesante fardello imposto dal terrorismo, ci sono immensi problemi e pressioni economici e sociali, e la prospettiva di raggiungere una stabilità e tranquillità interne è direttamente legata alla capacità che il paese avrà di affrontare i principali problemi sociali, quali l'alta disoccupazione, in particolare fra i giovani, la pressione demografica data da una popolazione in crescita, la mancanza di abitazioni e il declino dei servizi sociali.

Gli idrocarburi rimangono la punta di diamante dell'economia algerina: essi rappresentano il 90% delle esportazioni e il 65% delle entrate statali. Lo sviluppo di questo settore continua a ricevere la precedenza e attrae consistenti investimenti stranieri, aiutati dalla favorevole posizione geografica delle aree produttrici di petrolio nel sud del paese con poca popolazione e con minori problemi di sicurezza. Ci sono inoltre piani per investire 22 miliardi di dollari fra il 1998 e il 2002.

Il reale prodotto interno lordo (Pil) è previsto dagli esperti in crescita del 4% annuale nel 1998-2002, da comparare a quello del 1993-1997 che era del 1,5%. La privatizzazione ha stentato a decollare e si prevede che rimanga lenta. Il controllo del debito, secondo il ministero delle finanze algerino, è ora al 30% delle entrate, comparato all'89% del 1993. L'inflazione è ora al 5,3%. Il tasso di interesse all'inizio del 1998 era del 10,25% per quanto riguarda le operazioni di credito e del 8,5% per i crediti da investimento.

In condizioni di difficoltà economica e con il terrorismo e i grandi problemi sociali, la situazione richiederà decisamente una particolare attenzione. Se il prezzo del petrolio rimarrà basso ci sarà uno spazio limitato per le manovre. C'è così un potenziale reale per insoddisfazioni sociali e instabilità politica.

Le autorità algerine riconoscono che la crisi economica, la caduta del reddito reale e le misure di austerità intraprese per far fronte alla situazione macroeconomica hanno determinato una situazione microeconomica che presenta un alto tasso di disoccupazione e la mancanza di alloggi per molti algerini.

Molti dei nostri interlocutori hanno sottolineato che, come risultato della crisi economica e sociale attraverso cui l'Algeria è passata, la situazione dei giovani è particolarmente problematica. Dopo l'improvvisa caduta del prezzo del petrolio nella seconda metà degli anni ottanta, il reddito annuo pro capite si è abbassato circa a 1000 dollari. Le famiglie perciò hanno dovuto sopportare improvvisi abbassamenti del reddito mentre diminuivano le opportunità economiche. Per la maggior parte dei giovani in Algeria le prospettive di trovare un lavoro sono deprimenti e fra essi c'è un senso generalizzato di frustrazione.

Il lento procedere dello sviluppo economico insieme alle preoccupazioni per la sicurezza e la situazione mondiale dei mercati potrebbero seriamente pesare sull'Algeria.

Crimini economici

Durante la nostra visita alla prigione di Serkadji abbiamo incontrato un numeroso gruppo di prigionieri arrestato e detenuto senza essere giudicato per lunghi periodi – in alcuni casi per più di due anni e mezzo. Questi prigionieri ci hanno detto di essere stati arrestati sulla base alle leggi concernenti la malversazione o l'abuso di fondi governativi. Al tempo del loro arresto, essi stavano tutti lavorando per imprese dello stato.

Questi prigionieri ci hanno detto che, nonostante fossero stati arrestati molto tempo prima, i loro casi erano ancora all'esame dei magistrati inquirenti. Essi non avevano idea di quanto ancora dovessero aspettare in prigione prima che la loro causa fosse discussa. Molti di questi prigionieri ci hanno espresso accoratamente il desiderio di conoscere di cosa fossero accusati, quando la loro causa sarebbe stata discussa in tribunale, e quando avrebbero potuto riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari.

Siamo stati informati del fatto che in molti di questi casi le persone erano state prese di mira o perché nominate dai precedenti regimi, o perché sapevano troppo, o perché impegnati per la trasparenza. Qualcuno ritiene che questi dirigenti siano capri espiatori per nascondere la cattiva amministrazione dei leader o vittime di regolamenti di conti fra clan politici. Il governo, da parte sua, ci ha detto che essi erano stati arrestati e accusati nell'ambito del sostegno alla campagna contro la corruzione e per migliorare la credibilità delle imprese. Qualunque sia la ragione, è urgente affrontare subito questi casi.

Un avvocato che pratica la professione e che abbiamo incontrato ha menzionato questo come un evidente problema dell'applicazione della norma di legge nella società algerina contemporanea. Egli ha detto che erano 1.200 le persone colpite da queste pratiche che passavano lunghi periodi di detenzione, in alcuni casi più di tre anni, senza essere giudicate. Egli comprendeva la necessità del governo di agire contro le persone coinvolte nella corruzione. Allo stesso tempo a suo dire le persone non dovrebbero aspettare in prigione per così lunghi periodi senza imputazione e senza avere idea di del tempo da trascorrere prima di essere giudicati. Uno di questi prigionieri con il quale ci siamo incontrati era stato direttore di un'importante banca algerina. Egli era in prigione da quattro mesi, e ci ha detto che non aveva idea del perché fosse stato arrestato o quanto tempo sarebbe continuata la sua carcerazione.

Il presidente e un rappresentante dell'Associazione algerina degli avvocati ci ha detto che parte del motivo della dilazione nei tempi per il giudizio per i crimini di tipo economico è la mancata preparazione dei magistrati nell'esaminare questi casi e la mancanza di esperti, così come di investigatori abili a indagare sui crimini di tipo economico.

Senza in ogni caso pronunciare una sentenza di colpa o di innocenza, abbiamo sollevato con il ministro delle finanze la questione dei detenuti per reati economici incarcerati per un lungo periodo senza essere giudicati e abbiamo menzionato il caso del banchiere. Il ministro delle finanze ha replicato che il governo, come in molti altri paesi, ha il dovere di agire contro coloro che sono sospettati di corruzione. Nel caso particolare del banchiere, il ministro ci ha detto che se è stato arrestato e incarcerato, quelli che hanno preso la decisione di arrestarlo devono aver avuto buoni motivi per farlo.

3. Terrorismo

Nei due anni passati, la popolazione civile è stata presa di mira dai terroristi come non mai, con l'insorgere della modalità degli omicidi di massa nelle aree rurali. Fra le vittime molti sono stati donne e bambini. Nel 1997 e all'inizio del 1998, i massacri si sono particolarmente diffusi – spesso con scadenza giornaliera. Gli abitanti dei villaggi sono stati massacrati nei modi più brutali; macellati, decapitati, e mutilati con coltelli, machete e seghe; alcuni sono stati uccisi con armi da fuoco e altri bruciati vivi, le loro case incendiate. In questi massacri sono state uccise alcune migliaia di persone.

Tutte le persone che abbiamo incontrato hanno condannato duramente il terrorismo. Il governo è convinto di aver spezzato la schiena al terrorismo e di aver messo in fuga i terroristi.

Molte delle persone che abbiamo incontrato ci hanno detto che dal 1994 lo stato della sicurezza era migliorato, e che il terrorismo era per lo più alle loro spalle, benché i terroristi continuassero a colpire soprattutto nelle zone lontane e nei villaggi isolati. I rappresentanti del governo ci hanno detto che rimangono circa 3.600 terroristi nel paese, identificati principalmente come bande di banditi. Alcuni cittadini indipendenti con i quali abbiamo parlato sono convinti che la responsabilità della violenza commessa sia imputabile agli estremisti radicali. Alcuni erano scettici sul fatto che i terroristi attualmente siano sconfitti.

Visita a Benimessous

Il 27 luglio, visitammo il luogo del massacro vicino a Benimessous, che si trova alla periferia di Algeri. Là, in una casa in una piccola strada secondaria, 53 persone sono state massacrate e 23 ferite. Alcune ragazze sono state catturate dai terroristi. Ci è stato detto dal generale dell'esercito che ci accompagnava e che era arrivato quella notte sulla scena del massacro, che di quelli che avevano commesso quelle atrocità solo otto erano ancora a piede libero e uno era nella prigione di Serkadji. Il capo del gruppo terroristico era stato ucciso con arma da fuoco dieci giorni prima.

Il generale ci ha spiegato che erano state prese misure sistematiche per proteggere le popolazioni rurali isolate dopo i massacri dell'agosto del 1996, mediante il loro raggruppamento. La famiglia coinvolta in questo massacro aveva declinato l'invito a raggrupparsi ad altre famiglie.

Quando uno dei capi dei terroristi coinvolti nell'attacco venne arrestato, si dice che abbia detto che essi erano soliti andare presso quella famiglia per mangiare. La famiglia perciò non aveva mai pensato che sarebbe stata colpita. Il generale che ci accompagnava ci ha detto che questa era una famiglia diventata improvvisamente ricca mediante risorse sconosciute e quindi era stata capace di costituire una propria azienda di trasporti.

Il generale ci ha mostrato la topografia dell'area e ci ha spiegato come i terroristi si erano diretti verso quella famiglia nel cuore della notte, usando differenti strade, come l'esercito fosse stato allertato dopo l'inizio del massacro, e perché l'esercito e la gendarmeria non erano nella posizione di poterlo evitare e che cosa era stato fatto per rintracciare ed eliminare coloro i quali avevano commesso il massacro. Le case erano relativamente vicine, ma la topografia doveva essere tenuta in considerazione. In aggiunta, erano state fatte esplodere delle bombe per fermare l'esercito; e gli attaccanti avevano staccato l'energia elettrica. Le vicine fattorie non avevano potuto fornire aiuto, per il fatto che i terroristi avevano posizionato degli esplosivi, ma essi avevano avvertito le forze di sicurezza il cui quartier generale della divisione era a pochi chilometri di distanza.

Il generale ha spiegato in risposta a una nostra domanda che i gruppi terroristi comunicavano fra loro usando radio ricetrasmittenti. A suo parere i terroristi ancora operanti nel territorio algerino erano circa 3.200. La strategia delle forze di sicurezza nel combattere il terrorismo era basata sulla raccolta di informazioni. Ogni volta che si presentava l'occasione di catturare un terrorista vivo, essi cercavano di farlo per poter avere il maggior numero di informazioni possibili. Questo probabilmente è il motivo per cui i terroristi preferivano essere uccisi sul posto piuttosto che essere presi vivi.

Visita sul luogo del massacro in Ain Khalil

Il 30 luglio sul luogo di un massacro che era avvenuto nella notte fra il 25 e il 26 luglio del 1998 nel villaggio di Ain Khalil, vicino alla città di Tlemcen, che si trova praticamente sul confine con il Marocco. Questo era un villaggio dedito alla pastorizia circondato da valli e montagne. Dava un'impressione di pace. Comunque il terrore aveva colpito. Dodici persone erano state massacrate: sei bambini, tre donne e tre uomini. Tre persone erano state ferite e cinque donne, una delle quali sposata, rapite.

La delegazione venne informata con conferenza informativa della gendarmeria che alle 23.45, nella notte fra il 25 e il 26 luglio, i terroristi erano entrati nel villaggio a piedi in tre gruppi. Successivamente si è capito che essi erano stati aiutati a entrare nel villaggio da un pastore proveniente da un villaggio vicino che era stato riconosciuto da uno dei sopravvissuti. Il pastore era poi sparito con i terroristi. Tre terroristi furono uccisi. Gli altri sono spariti verso le vicine e desolate montagne.

I terroristi hanno attaccato tre case nel villaggio. Essi avevano fatto esplodere bombe e granate. La gendarmeria della vicina città, avendo sentito le esplosioni, è arrivata nel villaggio alle 12.15 e aveva preso il controllo della situazione dopo un'ora e un quarto. Le operazioni di ricerca sono iniziate alle 5.15.

Il villaggio era uno di quelli che era stato armato per l'autodifesa. Vi erano 36 cittadini armati, 35 dei quali erano presenti quella notte. Il villaggio era stato informato sul modo in cui reagire in caso di attacco in modo tale da guadagnare tempo per le forze di sicurezza che sarebbero arrivate in loro aiuto.

La delegazione ha visitato due delle case attaccate e ha parlato con i loro abitanti, ancora in stato di choc. Nella prima casa il tetto era stato scoperchiato e c'era ancora i segni delle armi da fuoco. Uno degli uomini che stava nella casa ci ha detto che dopo che i terroristi hanno bombardato il tetto essi sono entrati in casa da quell'apertura, sparando. Avevano staccato l'energia elettrica prima di arrivare. La casa, perciò, era senza luce. Suo padre, un anziano cieco di 78 anni, era stato ucciso. Sua moglie era fuggita. Egli aveva risposto al fuoco e riuscì a mettere in fuga i terroristi.

La seconda casa che abbiamo visitato, vicina alla prima, era stata anch'essa bombardata nel tetto. I terroristi avevano usato lo stesso modus operandi. Anche in quella casa erano morte delle persone. I sopravvissuti ci hanno chiesto tristemente "Che razza di persona è quella che commette questi atti di bestialità e di ferocia?".

Diritti umani e libertà fondamentali

Per poter meglio garantire il rispetto per i diritti umani, sono state costituite dal 1992 due enti:

– L'osservatorio nazionale per i diritti umani: costituito il 22 febbraio 1992, per promuovere e monitorare il rispetto dei diritti umani;

– Ombudsman: l'ufficio del Ombudsman della Repubblica è stato costituito nel marzo 1996. Ogni persona che, avendo percorso ogni altra via, considera se stesso o se stessa oggetto di un errore causato dal cattivo funzionamento dell'istituzione pubblica, può appellarsi a questo ufficio.

Il secondo rapporto dell'Algeria al Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite operante sulla base della Convenzione internazionale sui diritti politici e civili venne esaminata nel luglio 1998. Il Comitato per i diritti umani, nelle conclusioni seguenti la sua analisi del rapporto, rilevò come fattore positivo la costituzione dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani e la nomina di un mediatore (ombudsman) della Repubblica. È stata anche raccomandata la costituzione di un Comitato nazionale per la protezione e la promozione delle donne e incrementare la partecipazione delle donne alla vita pubblica.

Allo stesso tempo, il Comitato per i diritti umani ha condannato ed è rimasto sgomento per i diffusi massacri di uomini, donne e bambini in tanti villaggi e città. Il Comitato si è anche seriamente preoccupato per il fatto che le donne non erano state solo vittime di uccisioni, ma anche di rapimenti, stupri e di estrema violenza.

Abbiamo ricevuto informazioni e documentazione da varie fonti, incluse le organizzazioni non governative, sul fatto che le infrazioni dei diritti umani in Algeria continuano ad avere luogo. Esse comprendono sparizioni, detenzioni arbitrarie, esecuzioni extragiudiziarie e torture.

a) Sparizioni

Ci è stato detto che le cifre che stimano il numero delle persone scomparse variano molto – da 2.000 a 20.000. L'Osservatorio nazionale per i diritti umani ha ricevuto dal 1994 circa 3.100 denunce dalle famiglie di persone scomparse. Abbiamo ricevuto informazione e abbiamo incontrato persone che chiedevano aiuto per conoscere il destino dei parenti scomparsi. Abbiamo ricevuto liste di persone scomparse da varie fonti e abbiamo dato una di queste liste con 230 nomi al presidente dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani affinché la prendesse in considerazione. Il giorno in cui siamo partiti da Algeri, abbiamo ricevuto una risposta dal presidente dell'Osservatorio in relazione alla lista che gli avevamo sottoposto. Abbiamo ricevuto anche altre liste di persone scomparse e richieste dettagliate dai parenti degli scomparsi. Sottoporremo questo materiale al segretario generale.

Ci sono arrivate informazioni secondo le quali alcune delle persone scomparse erano state arrestate o catturate da o viste con il personale delle forze dell'ordine o di sicurezza. Altri dicono che alcuni scomparsi possono essersi uniti alle bande dei terroristi. Qualunque sia la verità, c'è un effettivo bisogno di coordinamento per affrontare questo problema.

La risposta delle autorità rispetto alle presunte scomparse, accuse è stata che le persone in questione potrebbero essere andate all'estero o potrebbero essersi unite ai terroristi che operano sulle montagne. Comunque, le famiglie delle persone scomparse che la delegazione ha incontrato hanno fornito notizie di arresti dei parenti, alcuni dei quali sono stati visti in diversi luoghi di detenzione. Il presidente dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani ha ammesso che il suo ufficio ha compilato una lista di casi concernenti tali informazioni conflittuali, ma ci ha detto che il suo ufficio non aveva altro potere che quello di raccogliere informazioni.

b) Tortura

In diverse occasioni ci è stato detto che, a seguito dell'arresto da parte della polizia, le persone sono spesso tenute per lunghi periodi in custodia dalla polizia prima di essere presentate ai magistrati inquirenti. Durante questo periodo, sembra che maltrattamenti e torture siano frequenti. Alcuni avvocati con i quali abbiamo parlato ci hanno detto che di norma le persone sospettate di terrorismo subiscono trattamenti violenti e torture. Le autorità negano. Durante la nostra visita alla prigione di Serkadji un prigioniero ci disse che mentre era in custodia alla polizia è stato torturato e sua moglie trattata in modo degradante davanti a lui. Le autorità della prigione hanno confermato che egli è ancora sotto trattamento per le ferite a una gamba.

Il presidente dell'Associazione degli avvocati algerini ci ha informato che l'Associazione ha raccomandato agli avvocati di essere presenti in tutte le fasi del processo giudiziario, inclusa anche quella dell'arresto e durante l'interrogatorio della polizia. Essi avevano anche proposto la concessione della libertà provvisoria su cauzione alle persone arrestate sospettate di crimini di natura economica, per il fatto che le indagini per un tale crimine richiedono un lungo periodo d'indaginee testimonianza di esperti.

Secondo le informazioni ricevute, ci sono stati numerosi casi di detenzione arbitraria, tortura – che si dice praticata in modo frequente contro le persone sospettate di terrorismo – esecuzioni extragiudiziali e mancanza di protezione da parte delle autorità giudiziarie. Sono stati citati casi di magistrati che si dice abbiano chiuso un occhio su palesi ed evidenti torture subite da persone durante la custodia presso la polizia.

Ci è stato anche detto che l'Osservatorio nazionale per i diritti umani non ha credibilità; neppure le due leghe non governative algerine per i diritti umani.

Per alcuni solo un parlamento veramente sovrano potrebbe fare luce sui casi di esecuzioni extragiudiziarie, scomparse e tortura. A questo proposito, ci è stato detto che il Parlamento aveva solo un anno di vita e che lo status dei suoi membri è stato definito solo mentre la delegazione era in Algeria. Questo potrebbe spiegare perché fino a oggi le questioni concernenti gli eccessi e le restrizioni dei diritti non siano state trattate dai membri del Parlamento con la serietà a esse dovuta.

Quando abbiamo incontrato il presidente dell'Assemblea e i membri della Giunta abbiamo loro chiesto quali meccanismi di monitoraggio fossero stati messi a punto perché quegli eccessi non fossero commessi dalla polizia, dall'esercito o dalle forze di autodifesa. Il Parlamento aveva discusso queste accuse? Aveva esso richiesto un'indagine sistematica delle accuse? Il presidente dell'Assemblea nazionale replicò dicendo che tutti i membri dell'Assemblea nazionale volevano il rispetto per la giustizia, per la legge e la Costituzione. In Parlamento erano state presentate interrogazioni orali e scritte e al governo sono state presentate delle interrogazioni sullo stato della sicurezza, sulle sparizioni e sui provvedimenti adottati per prevenire gli abusi.

Il presidente dell'Assemblea nazionale ha aggiunto che il Parlamento aveva il potere di fare delle indagini. Recentemente sono state costituite due commissioni di inchiesta per affrontare le questioni del processo elettorale e quella dell'immunità parlamentare.

Abbiamo chiesto al presidente dell'Osservatorio nazionale per i diritti umani, nell'incontro con lui, in che modo l'organizzazione ha operato per assicurare che i diritti dei cittadini venissero garantiti, e cosa era stato fatto per indagare sulle accuse di violazioni dei diritti umani. Egli ha risposto che, vista la situazione del momento dove il terrorismo era diffuso nel paese, la questione più importante era la capacità di ogni individuo di esercitare i propri diritti di cittadino e quelli previsti da un contesto democratico. Egli ha aggiunto, comunque, che l'Osservatorio aveva ricevuto denunce dei presunti abusi compiuti dalle forze dell'ordine.

Alla domanda sul numero delle denunce che avevano ricevuto e sulle decisioni pratiche che erano state prese, egli ha replicato che compito della sua istituzione era osservare più che condurre le indagini. Di conseguenza, essa non ha compiuto indagini sulle denunce. Quando l'Osservatorio riceve una denuncia esso chiede alle autorità di condurre le indagini necessarie. Comunque egli ha affermato che nel 1996, sono stati riportati all'Osservatorio 988 casi di persone scomparse; 337 di queste si dice siano state arrestate nelle proprie case. Egli ha aggiunto che l'Osservatorio riferisce di questi casi con la gendarmeria. Egli ha insistito nel sostenere che è di competenza delle istituzioni esistenti, quali la gendarmeria, fare indagini su queste denunce. Non si dovrebbero creare istituzioni separate e a fianco di quella giudiziaria; tuttavia, in quel momento era stata presa in considerazione l'idea di creare un'istituzione speciale per affrontare le denunce di sparizioni.

Un avvocato che pratica la professione e con il quale abbiamo parlato ha sottolineato con forza che i terroristi in Algeria sono colpevoli di crimini contro l'umanità a causa delle loro barbare e depravate azioni contro cittadini innocenti. Un leader attivista per i diritti delle donne e membro del Parlamento ha usato le stesse parole parlando del terrorismo.

Essi non hanno negato l'esistenza di violazioni dei diritti umani da parte di alcuni esponenti del governo, ma essi hanno protestato duramente contro l'equiparazione dei crimini del terrorismo con gli eccessi commessi dagli esponenti del governo. Essi hanno detto anche che le organizzazioni internazionali non governative nell'ambito dei diritti umani stavano compiendo un grave errore nell'equiparare le due cose e nel non riconoscere che il governo era coinvolto in una lotta all'ultimo sangue con terroristi perversi. È stato persino detto che mettendo i crimini contro l'umanità sullo stesso piano delle violazioni dei diritti umani, queste organizzazioni incoraggiavano i terroristi nei loro efferati crimini.

Per l'importanza della questione desideriamo citare le parole di uno dei nostri interlocutori che non appartiene a nessun partito:

"Ciò che i terroristi islamici hanno commesso sono crimini contro l'umanità. I governi a volte hanno commesso violazioni dei diritti umani. Ma gli atti commessi dai gruppi islamici terroristi, sono crimini contro l'umanità. In Algeria il potere in carica non è per nulla democratico e noi combattiamo e lottiamo contro esso per una maggior democrazia. Ma questo non significa che vogliamo il velo afghano. Lo dico come donna. Non possiamo dialogare con questi terroristi. Non possiamo condannare le donne alla loro visione della società. Non vorremmo essere costrette a vivere in quel modo".

5. I media

Abbiamo incontrato giornalisti ed editori di giornali e con loro abbiamo discusso sulla libertà d'espressione e di informazione. Essi ci hanno detto che la situazione era decisamente migliorata rispetto a quella del periodo del partito unico.

Abbiamo avuto la possibilità di constatare personalmente l'esistenza di una stampa pluralista e vivace in Algeria. Giornalisti ed editori di giornali hanno sottolineato la propria dedizione alla lotta per la libertà di stampa. Allo stesso tempo, i problemi sono evidenti. Mentre nessuno mette in discussione il fatto che attualmente ognuno abbia il diritto di costituire una tipografia in Algeria, il governo ha il monopolio sulla stampa e ci è stata espressa preoccupazione per il fatto che a volte questo potere sia usato per fare pressioni sui giornali indipendenti.

Un altro problema per il sostentamento di una stampa libera è legato alla distribuzione delle inserzioni pubblicitarie. In un paese dove le aziende di stato sono ancora la stragrande maggioranza e la pubblicità è venduta dal governo o da aziende di questo genere, la ripartizione della pubblicità può costituire un modo per influenzare o anche far tacere segmenti di stampa. Molti dei nostri interlocutori hanno detto che i loro "problemi commerciali", che li potrebbero portare alla chiusura, sono dovuti al modo secondo il quale il governo usa il suo potere di monopolio economico, per punire coloro che dissentono politicamente da lui.

Ci sono state fatte notare anche le difficoltà incontrate dai giornalisti stranieri nell'ottenere i visti per l'Algeria e l'accesso ai luoghi interni del paese. Abbiamo potuto constatare che i giornalisti stranieri avevano seri problemi a muoversi liberamente all'interno del paese e a riportare ciò che avevano visto.

6. Pluralismo

Molti algerini di ogni ceto sociale e di ogni tipo di opinione che abbiamo incontrato sono molto orgogliosi della propria diversità linguistica e culturale che è parte della propria eredità nazionale. Infatti, abbiamo notato che oltre all'arabo che è la lingua nazionale e ufficiale, sono usati anche il francese e il berbero. Il francese è diffusamente parlato in molti quartieri, e anche dai media; in alcune zone, il berbero è la lingua maggiormente usata.

L'entrata in vigore, il 5 luglio 1998, della nuova legge sull'arabizzazione, ha dato vita a un dibattito appassionato e, in certe regioni, inclusa la Cabilia, è stata aspramente criticata. (Già nel 1963, la Costituzione aveva proclamato l'arabo come l'unica lingua nazionale). La legge, promulgata nel 1991, è stata "congelata" nel 1992 e ripresa nel dicembre 1996 dal Consiglio provvisorio nazionale di transizione. Secondo questa legge, tutte le dichiarazioni, i comunicati, le conferenze o le trasmissioni devono essere in arabo o tradotti in arabo nel caso siano in lingua straniera (articolo 17).

Chi, nell'esercizio dei propri doveri, firma un documento redatto i qualsiasi altra lingua è passibile di multa. Tutti gli scambi di corrispondenza fra uffici e associazioni di qualsiasi natura devono essere in arabo. Nel caso di una seconda infrazione, la multa deve essere raddoppiata (articolo 32).

In risposta alle nostre domande sulle condizioni dell'applicazione della legge sull'arabizzazione, specialmente alla luce delle difficoltà pratiche incontrate e delle opposizioni a essa, ci è stato detto che questa legge verrà applicata gradualmente, e che, inoltre, nel suo preambolo, la Costituzione fa riferimento al tamazight come a una delle componenti dell'identità nazionale, il che costituisce un'ulteriore garanzia.

Quando abbiamo visitato Tizi Ouzou e Bejaia, e abbiamo incontrato i dirigenti locali e gli abitanti del villaggio, essi ci hanno detto che non avevano difficoltà per il fatto che l'arabo fosse la lingua ufficiale del paese. Comunque, essi hanno espresso risentimento per il fatto che nelle assemblee locali, dove la lingua berbera era quella finora usata, fosse diventato obbligatorio da quel momento in poi, tenere le sedute in arabo.

Questa questione è particolarmente complessa e potrebbe innescare forti tensioni in Cabilia, specialmente fra i giovani, come hanno mostrato i recenti incidenti.

7. Donne

Abbiamo dato ascolto a molti portavoce e rappresentanti di organizzazioni femminili che hanno fatto calorosi appelli per richiamare l'attenzione sulla situazione delle donne in Algeria, incluso sul loro status legale. Essi ritenevano che il Codice della famiglia in vigore trattasse le donne come minori e contenesse molti provvedimenti discriminatori e persino degradanti. Alla delegazione è stata anche espressa l'opinione che la revisione del Codice della famiglia in preparazione fosse peggio di quello in vigore. Nell'aprile 1996, il governo ha effettuato una consultazione tra parecchie associazioni femminili, le quali avevano suggerito 22 emendamenti al progetto del governo; 17 di questi emendamenti, sono stati accettati e dovrebbero comparire nel testo che verrà sottoposto presto all'Assemblea.

Nel suo rapporto al Comitato per i diritti umani, il governo dell'Algeria ha riconosciuto che c'erano problemi nella legge riguardante lo status delle donne. Siamo consapevoli che è da molto tempo che questo è un problema per la società algerina. Comunque, desideriamo trasmettere alla comunità internazionale l'appello di molte donne che ci hanno espresso il sostegno a esso che assicuri che in Algeria i diritti delle donne siano protetti per legge.

Rappresentati di organizzazioni femminili ci hanno parlato con emozione del coraggio delle donne algerine che si sono opposte per molti anni alla visione della società che gli estremisti religiosi cercavano d'imporre. Alcune donne della classe operaia hanno protestato coraggiosamente, personalmente e in gruppi, contro le dottrine che esse ritenevano che le avrebbero rese schiave, nonostante le minacce e anche gli assassinii di cui quelle donne sono state l'obiettivo principale.

Abbiamo udito racconti orrendi sulla violenza dei terroristi e anche sulle situazioni penose di madri, spose e figlie i cui parenti erano stati uccisi dai terroristi, erano stati soggetti a esecuzioni extragiudiziarie, o a sparizioni o a tortura.

Rappresentanti di parecchie organizzazioni femminili che sono figure di spicco, hanno evidenziato e sottolineato che dovrebbe essere fatta una chiara distinzione fra ciò che è descritto come crimine contro l'umanità commesso dai terroristi fanatici e gli eccessi commessi da esponenti del governo. Mentre riconoscevano che, in una società democratica, le norme del diritto devono prevalere e che gli eccessi non dovrebbero essere tollerati, essi ritenevano, tuttavia, che gli atti barbari commessi dal terrorismo fondamentalista contro la gente innocente giustificavano un'attenzione prioritaria.

Racconti di donne sequestrate, maltrattate, uccise e stuprate erano particolarmente penosi. Le donne che sono state violentate, si dice, siano stigmatizzate per l'evidente disonore che le vittime della violenza portano alle loro famiglie. Alcuni "gruppi islamici" armati hanno emanato fatwa permettendo i sequestri e lo stupro delle donne (una pratica che essi descrivono come matrimonio per i combattenti). Nei primi tre mesi del 1998 il governo ha formalmente chiesto all'ente religioso più autorevole, l'Alto consiglio islamico, di permettere l'aborto per le donne che avevano subito violenza dai "terroristi". Abbiamo saputo, comunque, che in questi casi gli aborti sono permessi solamente se un dottore certifica che la salute della donna è a rischio. Molte donne hanno pensato che ciò fosse per loro un'umiliazione.

Secondo le loro dichiarazioni, le donne erano doppiamente vittime della violenza dei terroristi e degli eccessi che erano stati commessi. Esse erano direttamente vittime delle atrocità e indirettamente quando i membri delle loro famiglie erano vittime di violenza. Le donne venivano lasciate con il fardello di allevare le famiglie in assenza dei propri cari e di chi guadagna.

Le giovani ragazze, in particolar modo nelle aree rurali isolate o di montagna, temevano di andare a scuola per paura di essere sequestrate dai terroristi. Ciò le condizionava psicologicamente e aveva un'influenza negativa sulla loro educazione scolastica.

Essi sottolineavano anche che la condizione delle donne era ulteriormente esacerbata a causa delle limitate possibilità di occupazione per le donne. La forza lavoro algerina è solo per l'8,2% formato da donne. Quando alle donne è lasciata la responsabilità di crescere le famiglie, in mancanza di chi guadagna perché ucciso o scomparso, ciò le costringe a una situazione intollerabile sotto tutti i punti di vista.

La delegazione è stata anche informata sul fatto che un discreto numero di donne occupa posti di alto livello nell'amministrazione, in campo educativo e sanitario.

8. Infanzia
La situazione dell'infanzia in Algeria è particolarmente penosa. Infatti, essa è stata seriamente colpita dalla situazione della sicurezza e dalla persistente violenza nel paese, che è stata spesso caratterizzata da uccisioni indiscriminate e su larga scala di cittadini; in alcuni casi donne e bambini sono stati presi di mira.

I bambini che sono sopravvissuti ai massacri soffrono di problemi psicologici essendo stati testimoni di sanguinosi massacri spesso delle loro stesse famiglie. Alcuni di loro sono rimasti handicappati e ci sono molti orfani. La generale atmosfera di insicurezza che è diffusa nel paese è traumatizzante per tutti.

Inoltre le autorità ci hanno detto che i terroristi hanno emanato una fatwa nel 1994 proibendo a tutti i bambini di andare a scuola. Nonostante ciò, le famiglie hanno coraggiosamente resistito alla fatwa e hanno continuato a mandare i propri bambini a scuola.

Il governo dell'Algeria, in collaborazione con organizzazioni internazionali e alcuni governi, ha iniziato programmi di assistenza ai bambini traumatizzati dalla violenza. Come parte di questo processo, il direttore esecutivo dell'Unicef nel maggio 1998 ha nominato un rappresentante per l'Unicef per aiutare a fortificare le attività del programma che si rivolge alla situazione dei bambini e delle donne nel paese.

La delegazione è stata informata di vari provvedimenti presi dal governo per promuovere il benessere dei bambini: la scuola è gratuita e obbligatoria per i bambini – sono 7,5 milioni gli scolari. I bambini ricevono cure gratuitamente – questo vale anche per le madri. Le ragazze madri ricevono considerevoli benefici tramite opportunità e facilitazioni educative.

La penosa situazione dei bambini, specialmente di coloro le cui famiglie sono state vittime del terrorismo, ci suggeriscono di portare l'attenzione alla decisione presa dal governo di proibire la partenza di due gruppi di bambini che erano stati invitati ad andare in Francia e in Belgio su iniziativa di due associazioni umanitarie, Handicap international e Secours populaire. La ragione ufficiale data dal ministro della solidarietà per giustificare la decisione, che era stata presa il giorno programmato per la partenza dei bambini, fu che l'anno precedente bambini algerini che erano stati invitati da una di queste associazioni erano stati strumentalizzati politicamente.

Questa decisione del governo è stata criticata dalla stampa algerina.

5. Osservazioni conclusive

Prima di concludere questo rapporto, vogliamo ringraziare tutti gli algerini che abbiamo incontrato per la loro collaborazione e il loro sostegno. Le autorità algerine, così come gli algerini che abbiamo incontrato sono stati cordiali nell'accoglierci e noi siamo loro grati per tutti gli sforzi fatti per far sì che il nostro soggiorno fosse proficuo.

Nel presentare alcune osservazioni vorremmo dichiarare, per prima cosa, il nostro categorico rifiuto del terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni. Il terrorismo è stato condannato apertamente dalla comunità internazionale ed è, per il diritto internazionale, illegale. L'Algeria merita il sostegno della comunità internazionale nei suoi sforzi per combattere questo fenomeno.

Condanniamo inoltre ogni forma di estremismo o fanatismo che potrebbe diventare un per atti terroristici. Non ci sono scuse per il terrorismo. Siamo convinti che la società algerina sia capace di esprimere le opinioni politiche e di discuterle in un contesto di legalità.

In secondo luogo, gli sforzi per combattere il terrorismo devono svolgersi nel contesto della legalità, della proporzionalità e del rispetto per i diritti umani fondamentali della popolazione algerina. Le forze dell'ordine, quelle di sicurezza e di autodifesa dovrebbero rendere conto il più possibile delle proprie azioni così che la popolazione algerina e la comunità internazionale in generale si sentano fiduciose che le norme del diritto prevarranno in Algeria. Il terrorismo può essere combattuto con una maggior democrazia e un maggior rispetto per i diritto umani.

Riteniamo che l'Algeria meriti il sostegno della comunità internazionale per la realizzazione delle linee generali della strategia che ci è stata esposta, per consolidare le istituzioni democratiche, per affrontare le sfide economiche, per sconfiggere il terrorismo, e per stabilire la sicurezza, soggetta a uno scrupoloso rispetto per le norme del diritto e per i diritti umani nella pratica quotidiana.

Crediamo sia indispensabile rafforzare il pluralismo democratico e rinforzare gli elementi civili nel governo, cosa ora fattibile.

In terzo luogo, crediamo che energici sforzi devono essere fatti per radicare nella società e in tutte le istituzioni pubbliche uno stato di legalità e di rispetto per le norme del diritto, così come per incoraggiare una maggiore apertura politica. È importante lavorare risolutamente per una trasformazione della mentalità nell'ambito giudiziario, nelle istituzioni responsabili del sostegno dei diritti umani, nella polizia e nell'esercito, e nell'intero corpo politico algerino.

In quarto luogo, crediamo che ci sia un considerevole spazio per accelerare il corso della privatizzazione dell'economia algerina. La privatizzazione libererà le energie creative del popolo algerino, contribuirà a un'economia maggiormente vivace, e aiuterà a generare le risorse necessarie per affrontare i problemi sociali, quali la forte disoccupazione, la mancanza di alloggi, la diminuzione del reddito pro capite. Allo stesso tempo è di un'importanza cruciale che il governo dia seria considerazione ai programmi di riforma sociale che ridurrebbe il senso di sfiducia che ci è stato detto essere molto diffuso nella grande parte dei giovani algerini. A meno che questi pressanti problemi sociali non vengano affrontati urgentemente ed efficacemente, l'Algeria potrebbe sperimentare molti disordini di carattere sociale e tensione nel futuro.

Quinto, la comunità internazionale dovrebbe pensare vie o programmi di collaborazione e sostegno, in solidarietà con l'Algeria nei suoi sforzi per risolvere i pressanti problemi che ha davanti a sé. L'Algeria avrà bisogno del sostegno della comunità internazionale per proseguire nei suoi programmi politici ed economici e condurre la sua lotta contro il terrorismo come delineato in questo rapporto. Avrà particolarmente bisogno di sostegno per avviare i problemi sociali a risoluzione, dalla quale dipenderanno, in larga parte, la futura stabilità interna e il progresso. Se la situazione in Algeria si deteriorasse, ciò potrebbe avere un impatto decisamente negativo sulla regione del Mediterraneo, sull'Europa, e sulla comunità internazionale.

Sesto, un ulteriore rinvigorimento e rafforzamento delle istituzioni algerine responsabili della promozione e della protezione dei diritti umani così come una sollecita attenzione alle denunce di detenzioni arbitrarie, di esecuzioni extragiudiziarie e delle sparizioni sarebbero provvedimenti presi nella giusta direzione.

Infine, le autorità algerine dovranno individuare i mezzi per perfezionare la trasparenza delle loro decisione, il dialogo con la cittadinanza algerina e il flusso dell'informazione verso quest'ultima.

Allegato I: elenco delle persone incontrate dalla delegazione e dei luoghi visitati in Algeria.

Omissis

Allegato II: elenco dei materiali consegnati alla delegazione.

Omissis

Seguono le firme dei membri della delegazione.

articolo tratto da Il Regno logo



Allegati

  • (juillet-août 1998) in francese
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