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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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M.E. G.

Nuove sette cristiane

"Il Regno" n. 18 del 2004

In Algeria, stato costituzionalmente islamico, sta montando una campagna contro i cristiani, cattolici e protestanti. A essi, infatti, è attribuita la responsabilità di aver dato spazio all’intensa attività di evangelizzazione di alcuni gruppi cristiani che operano nell’entroterra del paese, specialmente in Cabilia. Mons. Teissier, arcivescovo d’Algeri, è intervenuto con un’intervista a Le quotidien d’Oran (9.10.2004), nella quale afferma: «Non siamo stati noi a chiamarli, né ad assicurare loro l’attività di promozione. Non le organizziamo e non siamo noi ad animarle… né tanto meno la Chiesa protestante». Non si conosce l’esatta matrice di questi gruppi: si sa solo che provengono dagli Stati Uniti, che distribuiscono Bibbie in tamazight, la lingua berbera, e che la loro presenza avrebbe portato a «numerose» conversioni.

Il dibattito è stato aspro, in quanto i partiti d’ispirazione islamica presenti in Parlamento hanno colto l’occasione per ribadire sui media le proprie posizioni intransigenti scagliandosi contro la Chiesa cattolica, l’unica comunità davvero strutturata presente in Algeria. L’accusa è di rivolgersi in particolare ai giovani più disagiati, cercando di fornire loro la cittadinanza estera o il visto per l’espatrio.

Mons. Teissier e il responsabile della Chiesa protestante sono stati ricevuti dal ministro per le questioni religiose, per chiarire la propria posizione che è stata sempre di estremo rispetto per la tradizione e la fede musulmane. Teissier ha anche protestato per il fatto che i giornali per illustrare la notizia hanno usato come immagine quella della cattedrale (cattolica) di Notre Dame d’Afrique di Algeri.

Per mons. Teissier è importante ricordare che la Chiesa cattolica non ha mai approfittato della propria azione caritativa per fare proseliti: «È da quarant’anni che abbiamo biblioteche aperte per tutti gli studenti. E in quarant’anni non ne abbiamo battezzato uno solo. Abbiamo aperto le biblioteche perché pensiamo di poter aiutare i giovani… Vogliamo costruire un legame di fraternità ma nel rispetto dell’altro». Noi – continua Teissier – interpretiamo «la parola missione in senso ampio, non la pensiamo come azione di proselitismo né tanto meno come un’azione accerchiante per annettere l’altro».

Sinora, infatti, sul tema delle conversioni dall’islam vi è stato un riserbo quasi assoluto da parte cattolica e, di fatto, viene seguita una linea prudenziale di vaglio rigoroso dei candidati, come ha affermato in un’intervista mons. Alphonse Georger, l’arcivescovo che è succeduto alla cattedra di Orano dopo la morte di mons. Pierre Claverie. «Vi sono uomini e donne che ci chiedono di diventare cristiani, senza che noi glielo abbiamo chiesto. Dobbiamo studiare con grande attenzione queste domande: alcuni vogliono lasciare il paese, avere un visto, entrare in una società occidentale che a loro appare più permissiva, dare una risposta a problemi psicologici, affettivi, sociali… Occorre operare con molto discernimento e questo ci porta a rifiutare la maggior parte di questi candidati. Altre denominazioni cristiane sembrano meno esigenti di noi, che domandiamo una formazione di tre anni o più… Ma noi non vogliamo fare di queste persone degli emarginati nella società, in famiglia, sul luogo di lavoro».

Nuova stagione ecclesiale
La polemica, in sé non nuova, s’inserisce in un delicato momento di passaggio per la Chiesa algerina: finiti gli anni più bui del terrorismo, finito l’esodo che ha portato la comunità cristiana a contrarsi drasticamente, oggi si conta una nuova e consistente presenza di credenti provenienti dalla zona subsahariana. Si tratta delle ondate di migranti che transitano – e a volte si fermano – in Algeria puntando verso l’Europa; ma si tratta anche degli studenti che vengono a frequentare le università del Nordafrica.

Lo stile ecclesiale che sinora aveva contraddistinto la Chiesa algerina è così messo alla prova da queste nuove presenze che non hanno vissuto il travaglio della decolonizzazione, il dolore e la paura del tempo del terrorismo. Secondo questo stile, la Chiesa algerina è stata una «Chiesa del popolo musulmano», una «presenza testimoniale», un vivere accanto condividendo la vita quotidiana nei quartieri più umili, o fornendo un servizio culturale aperto a tutti. Ma oggi quale stile deve tenere?

A questo interrogativo la Chiesa cattolica ha risposto indicendo la prima assemblea interdiocesana della propria storia, cui hanno partecipato dal 23 al 25 settembre scorso nella capitale 120 persone in rappresentanza delle quattro diocesi di Algeri, Laghouat, Orano e Constantine.

L’assemblea era stata preparata da 80 gruppi di lavoro che prima dell’estate avevano consegnato a un comitato ristretto un documento di circa 200 pagine, su cui ha lavorato l’assemblea. «La ragione di questa assemblea è il fatto che stiamo entrando in una nuova fase della vita dell’Algeria. Proveniamo tutti dalla traversata di dieci anni di crisi. Speriamo di aver superato la violenza e vogliamo quindi riposizionare le nostre collaborazioni e i nostri obbiettivi. È normale riflettere sul futuro. Pensiamo che sia un bene per la Chiesa essere presente in Algeria. Essa le insegna a esistere in quanto minoranza in una terra islamica. È ugualmente utile per l’Algeria poiché essa rappresenta una piccola finestra aperta sulla differenza. Vogliamo porre il segno di una presenza fraterna. E vogliamo avere un futuro anche a motivo delle tensioni tra l’Occidente e un certo numero di comunità musulmane», ha detto mons. Teissier, in merito alle motivazioni di questa prima per la Chiesa locale.

La presenza della Chiesa è una «testimonianza» per gli occidentali. «Per dire che si può vivere felicemente in un società musulmana. Possiamo vivere senza scontrarci e senza farci la guerra. Coloro che ricorrono al discorso estremista sia da una parte sia dall’altra non hanno futuro. Il futuro è la collaborazione tra cristiani e musulmani, tra tutte le culture, attraverso il rispetto dell’altro e il dialogo», ha ribadito Teissier.

Certamente oggi occorre tenere conto delle diverse sensibilità spirituali e apostoliche presenti all’interno della comunità cattolica. Ad esempio, di fronte alla presenza di queste nuove comunità di tipo evangelico – tema messo a fuoco anche nell’assemblea di gennaio della Conferenza episcopale dell’Africa del Nord – i cattolici sono sostanzialmente su due posizioni: da un lato vi è chi chiede di avere un atteggiamento «fraterno con tutti». Dall’altra vi è chi «non vuole che si sviluppi in Algeria un cristianesimo contrapposto all’islam».

Affrontare quindi questa nuova stagione significa spiegare, a chi non ha vissuto la medesima storia, ciò che è stata sin qui la Chiesa algerina, nella consapevolezza che, venendo da orizzonti culturali diversi, i nuovi arrivati sapranno aprire porte sinora rimaste chiuse. Nel loro messaggio all’assemblea i vescovi insistono su questa nuova occasione che viene loro offerta: «La molteplicità delle nostre origini ci permetterà di mostrare pienamente che il cristianesimo non è riservato ai soli europei».

articolo tratto da Il Regno logo

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