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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Mauro Castagnaro

Vescovi al negoziato

"Il Regno" n. 18 del 2004

Gioca un ruolo di primo piano la Chiesa nelle iniziative che sembrano rilanciare una speranza di pace nella Colombia martoriata da una quarantennale guerra civile, che solo nell’ultimo decennio ha provocato circa 40.000 morti (cf. Regno-att. 6,2003,197).

Dal 1° luglio in particolare l’episcopato, attraverso mons. Julio Vidal e mons. Germán Garcia, rispettivamente vescovi di Montería e Apartadó, funge da garante nei colloqui avviati tra governo e Autodifese unite della Colombia (AUC) per arrivare, entro il dicembre 2005, al disarmo dei loro 20.000 membri, 6.000 dei quali hanno deposto le armi in agosto.

Gruppi paramilitari e guerriglia
Tuttavia molti temono che la smobilitazione dei gruppi paramilitari di estrema destra, nati negli anni ottanta con i finanziamenti dell’oligarchia rurale, la benedizione delle autorità e l’appoggio dell’esercito per combattere la guerriglia, e considerate da Amnesty International responsabili della gran parte delle stragi compiute nel paese, si traduca nell’impunità delle loro violenze, compresa l’acquisizione di milioni di ettari di terra sottratti ai contadini. Tale preoccupazione è rafforzata dalla conferma, venuta dalla Corte interamericana dei diritti umani, dei legami delle AUC con lo stato e dalle accuse rivolte al presidente della Repubblica, Álvaro Uribe, di essere stato socio in affari coi loro capi, che si erano vantati nel 2002 di controllare un terzo del nuovo Parlamento.

Le AUC sono inoltre coinvolte nel narcotraffico, tanto che sui loro leader, Carlos Castaño (misteriosamente scomparso in aprile) e Salvatore Mancuso, pendono richieste di estradizione negli Stati Uniti. Grande scalpore ha quindi suscitato l’invito al Parlamento di tre loro capi, tra cui Mancuso, accolti da un simbolico «atto d’indignazione» organizzato dalla Commissione Giustizia e pace della Conferenza dei religiosi della Colombia, diretta dal gesuita p. Javier Giraldo. Il card. Pedro Rubiano, arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale colombiana (CEC), ha sempre ripetuto di comprendere che «nessuno negozia per finire in carcere tutta la vita», ma ha allo stesso tempo sottolineato la necessità di «riconoscere gli errori commessi e ripararli in misura adeguata», per cui lo stato deve studiare come sanzionare quanti hanno compiuto delitti. Mons. Vidal ha aggiunto che «bisogna garantire il reinserimento sociale a chi abbandonerà le armi, ma senza contravvenire alle norme internazionali» né aprire la porta al «riciclaggio» dei narcos.

Sull’altro fronte, i vescovi premono affinché il governo e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), la più antica e grande organizzazione guerrigliera marxista del continente, forte di 17.000 combattenti, firmino un accordo umanitario per la liberazione di 3.000 persone attualmente nelle mani del gruppo armato. Ma l’intesa appare lontana, perché le FARC chiedono in cambio il rilascio di altrettanti guerriglieri detenuti e una trattativa diretta con l’esecutivo.

Il card. Rubiano si è detto favorevole a un dialogo «faccia a faccia», anche se «non ci può essere scambio tra civili e insorti, ma solo tra combattenti». Uribe si è inizialmente rifiutato di trattare coi «terroristi», poi ha proposto di liberarne 50, salvo processarli per «ribellione», in cambio di 72 politici e militari, compresi tre consiglieri statunitensi del Dipartimento della difesa, ostaggi delle FARC. Queste hanno respinto l’offerta, ma ripetuto la disponibilità all’intesa purché i guerriglieri scarcerati possano tornare nelle file ribelli e i negoziati avvengano in una zona smilitarizzata. Sconsolato il commento di mons. Luis Castro, arcivescovo di Tunja e vicepresidente della CEC: «Le posizioni sono esattamente al punto di un anno fa. Non si sono spostate di un centimetro e ciò è deplorevole». Si sono, invece, detti «ottimisti» i vescovi di fronte alla dichiarata disponibilità del governo e dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN) a riallacciare i negoziati interrotti nel 2003, per la cui ripresa la seconda organizzazione guerrigliera del paese aveva chiesto i buoni uffici della CEC. Mons. Leonardo Gómez, vescovo di Magangué, ha inoltre sostenuto che le possibilità di giungere a un’intesa sono maggiori che con le FARC, perché «l’ELN agisce più razionalmente, ha gente meglio preparata e impegnata nel tempo con la stessa Chiesa». Tuttavia il gruppo guevarista, che conta circa 5.000 combattenti, ha respinto la richiesta governativa di un cessate-il-fuoco unilaterale, proponendo all’esecutivo un blocco bilaterale delle operazioni belliche, lo scambio di tutti i prigionieri e un negoziato di pace che affronti le radici strutturali della guerra, cioè la povertà e la disoccupazione.

In settembre si è svolta la visita «ad limina» dei vescovi colombiani, che il papa ha confermato nel loro prioritario compito di riconciliazione. In effetti in molte occasioni i parroci intervengono per ottenere la liberazione di ostaggi, scortano civili in zone di combattimento e negoziano tregue temporanee, divenendo in alcune aree l’unico canale di comunicazione tra le opposte fazioni.

Tuttavia negli ultimi anni oltre una cinquantina di religiosi cattolici, tra cui l’arcivescovo di Cali, mons. Isaias Duarte, ucciso nel 2002 da ignoti, e il vescovo di Arauca, mons. Jesus Jaramillo, assassinato nel 1989 dall’ELN, sono stati ammazzati e un’altra ventina sequestrati. L’ultimo è p. César Peña, parroco di Raudal, rapito il 16 marzo dalle FARC, che lo accusavano – ha spiegato mons. Jairo Jaramillo, vescovo di Santa Rosa de Osos – di avere stretti «vincoli» coi paramilitari. Il vicario pastorale della diocesi, p. Alberto Pérez, si è detto certo che il prete sia stato assassinato. Si è, invece, concluso felicemente dopo tre giorni, in agosto, il sequestro di mons. Misael Vacca, vescovo di Yopal, catturato dall’ELN per affidargli un messaggio indirizzato al presidente Uribe.

articolo tratto da Il Regno logo

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