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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Lorenzo Prezzi

Pierantoni liberato: Ritorno a Mindanao

"Il Regno" n. 8 del 2002

Abbiamo la gioia di comunicare ufficialmente che, dopo 172 giorni dal suo rapimento (17 ottobre 2001), p. Giuseppe Pierantoni scj, missionario dehoniano nelle Filippine, oggi (8 aprile 2002) è stato rilasciato: così il p. Virginio Bressanelli, superiore generale dei dehoniani, ha annunciato la fine di un incubo. P. Beppe venne sequestrato alla sera mentre stava mettendosi a cena, dopo aver celebrato la messa, da un gruppo di guerriglieri non identificati a Dimataling (regione del Mindanao, Filippine).

Per più di cinque mesi ha vissuto nella foresta, sottoposto a molti spostamenti. Fino alla fine non si è saputo quale gruppo l’abbia sequestrato. Si parlava della banda di Akiddin Abdusalam, o di quella di Abu Sayyaf (gruppi fuoriusciti dal Fronte moro di liberazione islamico, MILF), o dello stesso MILF, o di un altro gruppo chiamato Pentagon. Ugualmente diverse e inaffidabili le voci e le misure del riscatto richiesto.

Il vero mediatore, mons. Z. Jiménez, vescovo di Pagadian, ha sempre lamentato di trovare troppi millantati mediatori. Per almeno tre volte p. Beppe è stato dato per morto. E per almeno altrettante per liberato. Il primo segnale certo è stato una cassetta audio (11 dicembre) e una lettera (11 gennaio). Una vicenda da inquadrare nel precario equilibrio civile e militare della zona, da 30 anni oggetto di rivendicazione e indipendenza da parte della guerriglia islamica. Il MILF ha firmato un cessate il fuoco col governo nell’ottobre scorso e dopo quattro serie di colloqui coi responsabili nazionali dovrebbe aprirne una quinta prossimamente.

"La preghiera mi ha salvato"

Scrivere di un confratello significa sovrapporre alla cronaca un tratto di amicale testimonianza. Al mattino della sua liberazione in molte comunità la notizia è stata data all’inizio delle lodi, dopo che per molti mesi il suo nome ricorreva nelle preghiere della messa. Suonano singolarmente vere le sue prime parole: "Credo che dopo sei mesi di vita nella foresta, cercando di sfuggire alla polizia e all’esercito, è un miracolo essere stato liberato senza ferite e senza particolari sofferenze. Il potere della preghiera mi ha salvato".

P. Beppe è arrivato nella nostra congregazione dal versante della sensibilità spirituale e sociale, come obiettore di coscienza. Diventato prete nel 1987 ha vissuto in comunità "inserite o fraterne" fino alla decisione di andare missionario nelle Filippine. Si tratta di una missione nuova, aperta nel 1989 e affidata a comunità internazionali. Le cinque comunità filippine sono formate da 18 confratelli, di cui gli italiani sono due. Anche la struttura giuridica è stata adeguata a queste e altre nuove presenze missionarie: i cosiddetti distretti (oltre alle più tradizionali regioni e province). Beppe è arrivato nelle Filippine nel 1991. È stato attivo nella parrocchia do Margosatubig e poi in quella di Bacolod. Dopo sei anni è tornato per un anno sabbatico, incerto se tornare o fissarsi in Italia.

Con la mia insignificanza

Così descrive, in una lettera del 1999, la decisione di ritornare: "Non nascondo di aver faticato molto ad arrivare a questa decisione di tornare nelle Filippine, a liberarmi da un senso di angoscia e timore legato alla prospettiva missionaria… Una sola considerazione mi ha alla fine convinto a ritornare alla scelta missionaria in Asia… mi ha convinto la sfida della fede, l’occasione unica che mi è offerta di scegliere con più consapevolezza la precarietà e la croce in un abbandono che sia fiducia in Dio, un atto di affidamento a Lui che solo può garantirmi integrità psicologica e fecondità apostolica in una situazione superiore alle mie capacità. Ho pensato cioè che qui in Italia sarei molto più padrone dei miei progetti pastorali e delle mie iniziative. Là nelle Filippine sono solo un punto insignificante, incapace di progetti e scelte piene, dove la mia libertà è esercitata in orientamenti e scelte più contingenti e più faticosi da verificare e attuare".

In una lettera alla famiglia nell’agosto scorso conferma: "Da parte mia devo garantire una presenza e sento il dovere di una fedeltà a questa missione che, speriamo, tra due anni avrà i primi due dehoniani filippini sacerdoti". In una poesia recente esprime pregando la sua scelta pastorale: "E poi ti sentimmo nell’intimità della preghiera / e nel grido del fratello povero che la interruppe. / Ti cerchiamo ancora oggi, nella dolce confidenza / di un amico accolto con illimitata fiducia. / E tu, ecco, ci vieni incontro nel volto sfigurato / di un popolo che attende motivi per vivere".

Nel comunicato del padre generale si elencano alcuni significativi ringraziamenti. Oltre a quelli sul versante ecclesiale (il vescovo Jiménez, il papa per il suo diretto interessamento, i religiosi e le religiose) e quelli politici (il governo filippino, l’ambasciatore italiano e l’Unione Europea) si ringrazia la popolazione locale (cristiana e musulmana) che si è mobilitata senza differenze e la famiglia "che ha portato questo calvario con una forza eccezionale". Nella lettera alla famiglia dehoniana lo stesso padre generale annota: "Questo ci ha fatto approfondire il senso della vita missionaria secondo la spiritualità di p. Dehon che ci manca a coloro che vivono lontano, in posti difficili, dove non ci sono molte gratificazioni umane, dove altri non vogliono andare, e dove "a volte si muore giovani". Tutto ciò nel desiderio di essere fedeli allo Spirito che ci manda a condividere l’amore di Colui che ha fatto della sua vita un dono totale per i suoi fratelli, gli uomini".

Più direttamente p. Beppe ha detto: "Voglio tornare nelle Filippine".

articolo tratto da Il Regno logo

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