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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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M. E. G.

Una «Somalia» sui generis

"Il Regno" n. 8 del 1993

Si percepisce un’atmosfera disillusa ed esausta. Membri della chiesa o coloro che l’hanno servita sono stati gli autori del saccheggio delle proprietà della chiesa. Il cristianesimo ante-guerra è stato superficiale? Quale formazione cristiana è necessaria nella nuova Liberia?... Storicamente, la strategia della chiesa cattolica in Liberia si è basata sull’educazione... Altre strategie, il servizio pastorale della chiesa, non è mai andato molto lontano nella società e nella mentalità liberiana. Ora vi sono poche strade su cui fare ritorno, ma il terreno è poco fertile per arare nuovamente. Tradizionalmente, dopo un periodo di crisi, sono necessari nuovo personale, nuove idee e nuova energia. Tuttavia i missionari in molti casi non sono più giovani... Le vocazioni locali sono poche. Non c’è stata mai né enfasi né successo nell’educazione di leader laici liberiani.

Dopo due anni di violenta guerra civile, questo è il bilancio della chiesa cattolica che p. M. Raper sj, direttore internazionale del Jesuit Refugee Service (JRS) ha tratto dopo una sua visita in Liberia lo scorso maggio. In particolare, il JRS si sta occupando di riattivare un centro pastorale a Gbarnga che curi l’educazione dei laici e che coordini il rimpatrio e l’inserimento sociale dei rifugiati liberiani.

100.000 rifugiati dalla Sierra Leone, fuggiti dalla zona di frontiera con la Liberia si sono diretti verso la capitale di quest’ultima, Monrovia. Nella stessa capitale si sono ammassati 75.000 rifugiati liberiani provenienti dalle zone rurali del paese. Tuttavia la maggioranza dei rifugiati liberiani si trova all’estero: 404.000 in Guinea, 95.000 in Costa d’Avorio, 7.000 in Sierra Leone, 10.000 in Ghana, 1.300 in Nigeria. L’azione dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati è bloccata dalla guerriglia, nonostante i tentativi di conciliazione.

Il personale ecclesiastico rimasto subisce violenze e viene massacrato senza riguardo: il 20 aprile 1992 un comunicato dell’arcidiocesi di Monrovia chiedeva spiegazione ai ribelli del gruppo di C. Taylor della violenza perpetrata ai danni del personale cattolico e del secondo arresto del parroco p. Serraphine Del-Pont, detenuto in condizioni disumane. Alla fine di ottobre, 5 suore della congregazione delle adoratrici del sangue di Cristo sono state uccise; solo un mese dopo è stato possibile ritrovarne i corpi.

Il conflitto liberiano nasce in uno stato in cui sono presenti forti rivalità etniche e che è al centro di conflitti regionali tra stati dell’Africa occidentale. Repubblica indipendente nel 1847 (anticipata per qualche mese, febbraio 1848, anche la Francia), mantiene un forte regime di tipo autoritario fino al 1980, quando viene legalizzato il secondo partito del paese, il Progressive Alliance Party che chiude l’egemonia incontrastata per 111 anni del True Whig Party (fondato nel 1869).1 I regimi forti che governano la Liberia fino al 1980 riescono ad avere una credibilità internazionale, tanto che essa entra a far parte della Società delle Nazioni come membro fondatore, partecipa alla Conferenza di Bandung e diventa membro dei paesi non allineati.

Con un colpo di stato nel 1980, s’impadronisce del potere Samuel Doe, sergente dell’esercito e membro della tribù krahn, come la maggioranza dei soldati. Con un massiccio aiuto da parte degli Stati Uniti, il governo dell’inesperto Doe (ha 26 anni quando diventa capo dello stato) riesce a barcamenarsi a livello istituzionale e internazionale. Il piano economico, invece, crolla.

Il 26 dicembre 1989, un ex compagno di Doe, Charles Taylor, compare sulla ribalta nazionale con una formazione militare chiamata National Patriotic Force of Liberia (NPFL). Di etnia gio (ma nel NPFL confluisce anche l’etnia mano), appoggiato da Costa d’Avorio, Burkina Faso e Libia - che ha addestrato i suoi uomini - Taylor muove guerra a Doe, spargendo violenza e crudeltà, risvegliando conflitti etnici sopiti.

Accanto a Doe, si schierano gli USA, Ghana, Sierra Leone, Guinea, principalmente coalizzati contro la Libia. In Liberia, poi, gli USA hanno installato una potente base ricetrasmittente a uso civile e militare, di grande importanza strategica per gli anni di supporto ai ribelli angolani dell’UNITA. Ma la Liberia è anche al centro di interessi commerciali per il legname e per la fertilità del terreno.

Ucciso Doe il 9 settembre del 1990, le rivalità si accentuano e nascono una moltitudine di gruppi contrapposti che si guerreggiano tra loro.2

Caduto l’interesse degli USA per l’allentamento del blocco est-ovest e il conseguente ridisegno delle presenze occidentali nei paesi africani, emerge come potenza regionale la Nigeria. Attraverso la Economic Community of West African States (ECOWAS)3 viene inviata in Liberia una forza di pace, l’Economic Community of West Africa Monitoring Group (ECOMOG) nell’agosto del 1990. Tuttavia, data l’alta conflittualità della situazione, l’ECOMOG si trasforma presto in vero e proprio intervento militare capeggiato dal numeroso contingente nigeriano.

L’ECOMOG riesce a imporre un governo ad interim capeggiato da un professore universitario, Amos Sawyer, che controlla la sola città di Monrovia, mentre il resto del paese è nelle mani di Taylor. Nonostante diversi colloqui per un accordo sul cessate il fuoco,4 la situazione strategica è rimasta stabile: tuttavia, il 15 ottobre 1992 Taylor ha sferrato un attacco massiccio alle forze dell’ECOMOG.

In un primo momento è sembrato che prevalessero le forze del NPFL; dai primi mesi del ‘93, invece, Taylor sta subendo sconfitte su sconfitte, grazie anche alla coalizione di alcuni gruppi guerriglieri contro il NPFL.5

È stata tentata anche la carta della conferenza nazionale, cui mons. Francis - arcivescovo di Monrovia, eletto co-presidente - e forze della chiesa cattolica hanno partecipato. Aperta a Monrovia il 15 marzo 1991, si è conclusa con un nulla di fatto per l’alterna presenza del NPFL.

Il 19 novembre, il Consiglio di sicurezza dell’ONU approva la risoluzione 788 che concerne un embargo per le armi con destinazione Liberia; essa inoltre appoggia ampiamente l’azione dell’ECOMOG; chiede un cessate il fuoco per tutte le parti, un accordo che smobiliti i combattenti e porti alle elezioni per un nuovo governo e un inviato speciale ONU che rediga un rapporto sulla situazione. Il direttore dello speciale ufficio di coordinamento dell’ONU per la Liberia (United Nation’s Coordinating Office for Liberia, UNOSCOL), Ross Mountain, ha affermato: «Abbiamo raccolto denaro per l’emergenza (circa 100 milioni di dollari) ma sul lungo periodo temo che la comunità internazionale non sarà interessata alla Liberia». Eppure, la Comunità europea, secondo fonti diplomatiche, ha finanziato indirettamente la guerriglia liberiana, acquistando legname dalla Liberia dai territori controllati da Taylor,6 depositando il denaro per gli acquisti in due conti correnti di banche del Burkina Faso. Di lì i guerriglieri avevano accesso ai finanziamenti necessari per le armi, mentre il legname veniva caricato nei porti controllati dal NPFL o in paesi alleati, quali la Costa d’Avorio.

L’inviato speciale dell’ONU, Trevor Gordon Somers, avrebbe redatto il rapporto. Secondo fonti non confermate, pur essendo pronto, non verrebbe pubblicato per il malcontento statunitense nel leggervi le atrocità compiute anche dall’ECOMOG. La volontà della forza di pace di fatto nigeriana - il Senegal si è ritirato ai primi di febbraio - di trovare una soluzione militare al conflitto ha ostacolato la presenza in Liberia di Gordon Somers, scampato miracolosamente al bombardamento aereo della città di Harbel da parte dell’aviazione nigeriana.7

La situazione liberiana è quindi di vera e propria guerra. In un’intervista,8 mons. Michael Francis ha ribadito il parere, comune a tutta la comunità cattolica presente, che il tribalismo locale sia più un sintomo che la causa del conflitto. Pertanto, ha affermato: «Penso che la nostra situazione sia diversa dalla Somalia: l’unica somiglianza sta nel fatto che in entrambi i paesi si sta combattendo, tuttavia sono situazioni totalmente diverse. Non abbiamo così tanti signorotti come in Somalia. Abbiamo un paese fertile, potenzialmente ricco ma paradossalmente povero a causa dei problemi provocati dalla guerra... Gli USA, come in Somalia, sono in qualche modo presenti, ma preferiscono agire attraverso e in supporto all’ECOWAS e alle loro forze ECOMOG».

1 Cf. «Le Liberia de “l’amour de la liberté” à la guerre civile», in Afrique contemporaine, 155(3),1990, 64ss. Anche Le Monde diplomatique, ottobre 1990, 21.

2 In ordine alfabetico: Armed Force of Liberia (AFL), esercito dell’ex presidente Doe; Independent Democratic Party, formazione politica legata all’INPFL; Independent National Patriotic Front for Liberia (INPFL), il cui leader, Prince Johnson, ha ucciso Doe, ma poi si è messo contro Taylor; Interim Government of National Unity (IGNU), governo ad interim di A. Sawyer; National Patriotic Force of Liberia (NPFL), guidato da Charles Taylor; National Patriotic Reconstruction Assembly (NPRA), assemblea nazionale ad interim insediata nei territori di Taylor; Nimba Redemption Council (NRC), nuova formazione rivale di Taylor formatasi nella contea di Nimba, regione confinante con la Costa d’Avorio; Rivolutionary United Front (RUF), gruppo armato legato a Taylor; United Liberation Movement (ULIMO), legato a Doe, agisce al confine con la Sierra Leone.

3 Comprende i seguenti stati: Gambia, Nigeria, Sierra Leone, Ghana, Capoverde, Benin, Guinea-Bissau, Burkina Faso, Senegal, Niger, Mali, Togo, Costa d’Avorio, Mauritania e Liberia.

4 Freetown (Sierra Leone) 12.6.1990; Banjul (Gambia) 27.8.1990; 24.9.1990; Bamako (Mali) 20-28.11.1990; Banjul 21.12.1990; Lomé (Togo) 13.2.1991; Yamossoukro (Costa d’Avorio) 30.6.1991; Ginevra (Svizzera) 7-13.4.1992; e 10.11.1992.

5 Contro Taylor, al gruppo dell’ULIMO e dell’AFL, quest’ultimo integrato nell’esercito del presidente ad interim, si è aggiunto il NRC.

6 Nel 1991, Francia, Italia, Germania, Inghilterra, Olanda, Spagna e Grecia hanno importato 142.000 metri cubi di legname dalla cosiddetta Taylorland. Tra il novembre 1991 e ottobre 1992, Portogallo, Francia, Germania, Italia e Turchia ne hanno acquistato 200.000 metri cubi.

7 ANB 231, 1.3.1993, 7.

8 New People Feature Service, 12, 1.3.1993, 6.


articolo tratto da Il Regno logo

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