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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Antonella Borghi

Inizia il cammino verso la democrazia

"Il Regno" n. 18 del 2000

La società peruviana è ferita; il cancro della corruzione deve essere estirpato, poiché corrotti e corruttori, che usano il potere per i loro ignobili interessi, non potranno mai servire alla società. Le dure parole di mons. Luis Bambarén, presidente della Conferenza episcopale peruviana (CEP), esprimono tutto il disgusto e l'indignazione del popolo peruviano davanti all'ennesimo episodio di corruzione tra uomini di governo. Hanno lasciato passare sei giorni, i vescovi peruviani, prima di levare la voce – è la sesta volta quest'anno – con un documento dal titolo Istituzioni e bene comune, in difesa della democrazia, dei valori morali e contro la degenerazione del potere e l'impunità dei corrotti.

Fujimori: l’immagine macchiata del Perú

Il 16 settembre, il presidente Alberto Fujimori ha annunciato la sua rinuncia al terzo mandato presidenziale (iniziato ufficialmente il 28 luglio scorso) in conseguenza del clamoroso scandalo che ha coinvolto il suo più stretto collaboratore, il potentissimo Vladimiro Montesinos, capo dei servizi segreti peruviani. Considerato da molti il Rasputin peruviano, l'uomo ombra di Fujimori ha esercitato una nefasta influenza sul presidente fin dal primo mandato. Il suo potere è divenuto enorme all'interno del paese andino, soprattutto in virtù del suo ruolo di capo supremo dei servizi segreti e per la sua influenza sugli alti comandi dell'esercito. Montesinos è stato filmato a sua insaputa mentre consegnava un assegno di 15.000 dollari a un deputato dell'opposizione per farlo passare dalla parte del presidente nella votazione per la modifica della legge costituzionale, introdotta per consentire un terzo mandato nelle elezioni presidenziali. Il deputato corrotto è Alberto Kouri, del partito Perú Posible, lo stesso di Alejandro Toledo, l'antagonista di Fujimori alle presidenziali della scorsa primavera.

Come era facile prevedere, il video è stato ritrasmesso da tutte le televisioni del mondo. "Ciò che è accaduto tra quattro mura – sono ancora parole del vescovo di Chimbote, mons. Bambarén – oggi è una notizia che rimbalza in ogni angolo della terra, macchiando l'immagine del Perú. La giustizia peruviana non deve proteggere l'impunità e deve dimostrare al paese e agli organismi internazionali la propria autonomia e la propria lealtà alla legge, succeda quel che succeda".

In verità, per molta parte dell'opposizione e per i militanti delle associazioni a difesa dei diritti umani, quest'ultimo episodio di corruzione è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso pieno di nefandezze. Montesinos è accusato di connivenza con un traffico d’armi destinato dalla Giordania ai guerriglieri delle FARC colombiane (motivo per il quale, lo scorso mese di maggio, Clinton lo avrebbe sollevato dal suo incarico di agente segreto a servizio della CIA). Sembra anche che, a dispetto della sua fama di campione nella lotta antidroga, Montesinos abbia ricevuto denaro dai narcotrafficanti in cambio di informazioni e di libero transito in Perú. Anche alcuni episodi di repressione e di sparizione di cittadini peruviani vengono attribuiti a lui, "eroe e stratega" della lotta contro il terrorismo.

Il capitombolo, che tutti in Perú sperano definitivo, del presidente Fujimori, scivolato sulla flagranza di reato del suo braccio destro, è arrivato a pochi giorni dall'avvio di un importante negoziato, promosso e supervisionato dall'Organizzazione degli stati americani (OSA). Il Tavolo del dialogo, così lo hanno chiamato, è stato avviato lo scorso 4 settembre, e ha visto assieme i rappresentanti del governo, delle opposizioni e della società civile. Molti i punti in agenda fino al 15 dicembre prossimo. L'obiettivo di fondo è uno solo: rinforzare le istituzioni democratiche del paese. Bisogna riconsiderare, ad esempio, la posizione del Perú rispetto alla Corte interamericana dei diritti umani, da cui il paese andino si ritirò lo scorso anno in seguito a una sentenza favorevole a quattro imputati accusati dalla giustizia peruviana di far parte del Movimento rivoluzionario Tupac Amaru. Si deve affrontare, poi, la ristrutturazione dei servizi segreti (a maggior ragione adesso, che il loro capo supremo è stato defenestrato) e la ricostituzione della Corte costituzionale, congelata dal 1997, anno in cui tre dei suoi membri furono destituiti per avere dichiarato incostituzionale un terzo mandato al presidente Fujimori. C'è poi da ridiscutere l'indipendenza e il libero accesso ai mezzi di comunicazione; da definire un programma anticorruzione; da riformare le modalità di carriera all'interno delle forze armate (troppo legate, negli ultimi anni, a considerazioni di tipo politico).

Gli USA e la transizione

Prima che Fujimori dichiarasse di volere convocare nuove elezioni (senza però fissare alcuna data precisa), ci si era impegnati a preparare entro marzo 2001 anche la riforma elettorale. Ora, l'agenda dei lavori della commissione è per forza di cose rivoluzionata, e la confusione nel paese regna sovrana. L'auspicio dei vescovi peruviani è che il Tavolo del dialogo serva a "trovare le soluzioni che garantiscano la verità, la giustizia e la pace che questo paese merita e di cui ha tanto bisogno (...) Dobbiamo tutti sforzarci – è l'auspicio con cui si chiude il messaggio episcopale diffuso il 22 settembre – di pacificare gli animi, moderare le tensioni, superare le divisioni, sanare le ferite che si sono aperte, consolidando la pace e l'unione tra tutti i peruviani".

Dal 24 settembre Montesinos si è rifugiato a Panama, paese che sembra essere stato invitato dalla stessa OSA a concedergli asilo politico e, quindi, l'impunità. Questa mossa ha suscitato l'indignazione di Amnesty International, che ha ribadito in un comunicato del 27 settembre che sono "moltissime le violazioni dei diritti umani imputate dal 1991 ai servizi peruviani, diretti fino al 14 settembre scorso da Montesinos". Secondo il segretario dell'OSA, César Gaviria, tuttavia, solo l'allontanamento dell'ex capo dei servizi segreti dal paese può garantire che l'esercito peruviano "appoggerà e rispetterà il processo democratico".

La situazione all'interno del paese, intanto, si fa di giorno in giorno più delicata e confusa. Qualcuno auspica la formazione di un governo provvisorio guidato da una personalità super partes; altri pensano che Fujimori debba restare in carica fino a nuove elezioni, ma con un governo di unità nazionale. Anche il Congresso, l'organo parlamentare, esce screditato e delegittimato dalla bufera istituzionale che si è abbattuta sul Perú, e c'è chi ne invoca l'autoscioglimento. Su tutti aleggia lo spettro dell'ennesimo golpe militare, come ha ripetutamente denunciato l'opposizione, tanto più che gli alti vertici dell'esercito erano abituati a trattare più con Montesinos che con il presidente in carica.

A fine settembre, Fujimori si è recato a sorpresa negli Stati Uniti, quasi a voler dimostrare di essere ancora lui a reggere il timone, ma Clinton non lo ha voluto ricevere, delegando l'incontro a Madeleine Albright. Nonostante la presa di distanza formale del presidente degli Stati Uniti, sia gli USA che la OSA sembrano orientati a lasciare a Fujimori la guida della transizione verso nuove elezioni, che molti vorrebbero a breve termine, ma che verosimilmente si terranno l'anno prossimo. "La priorità – ha detto il presidente peruviano durante la visita – è che sia garantita la sicurezza nel paese, in cui esistono ancora guerriglia, terroristi e narcotraffico".

La "teologia della prosperità"

Se è vero che esistono ancora focolai di guerriglia e che il narcotraffico dilaga, è vero anche che il Perú che Fujimori si appresta a lasciare è soprattutto un paese disilluso e impoverito. Secondo le statistiche nazionali, su 25 milioni di peruviani, 12 sono da considerarsi poveri, mentre 3 vivono in condizioni di miseria estrema.

Un terreno assai fertile per l'affermarsi di sette e di nuove forme di religiosità quanto meno bizzarre. Una in particolare, che gli studiosi chiamano "teologia della prosperità", sta facendo proseliti tra i settori impoveriti della classe media. In una chiesa che si chiama "Dio è amore", nel cuore di Lima, i predicatori (collegati alla rete del brasiliano David Miranda) esortano i fedeli ad affrancarsi dall'indigenza, che è opera di Satana, e a concentrare tutti gli sforzi sull'arricchimento del proprio nucleo familiare. Distribuiscono spade di cartone, che rappresentano simbolicamente la lotta contro le forze del male.

"Fratelli, bisogna lottare contro il demonio perché la povertà e la malattia escano dalle nostre case, e la prosperità entri nella nostra vita. Diciamo tutti insieme: "Signore, donaci la prosperità! O Padre, donaci la prosperità!"", sono parole di Juan Acosta, uno dei pastori della setta. E così, i poveri di Lima accorrono e s’illudono che il loro riscatto economico sia vicino, e intanto donano generosamente le loro offerte alla chiesa, nella convinzione che Dio premierà il loro sacrificio con abbondanza e salute per tutta la famiglia.

"Queste congregazioni sembrano essere più dipendenti dallo spirito del mercato neoliberale che dallo Spirito Santo", sostiene il pastore presbiteriano Martín Ocaña, e gli unici risultati che si vedono sono frustrazioni continue per i fedeli e profitti smisurati per i capi delle chiese. Ma c'è anche chi, come il teologo pentecostale Bernardo Campos, considera la teologia della prosperità come erede diretta della teologia della liberazione e l'unica che possa avere un futuro nei paesi latinoamericani, dove la gente deve innanzitutto imparare ad affrancarsi da quella "mentalità del fallimento" che la attanaglia da troppo tempo. Al di là delle valutazioni di merito, si è comunque in presenza di un fenomeno sociale eloquente e inquietante, con cui la futura classe dirigente peruviana non potrà non fare i conti.

Rimane centrale il ruolo della Chiesa cattolica nella società peruviana. La morte dell’arcivescovo emerito di Lima, il settantasettenne card. Vargas Alzamora, avvenuta il 4 settembre, indebolisce il prestigio della Chiesa, ma la caduta del presidente Fujimori mette in disparte anche l’ambigua figura di mons. Cipriani, attuale arcivescovo della capitale. Cresce il ruolo pubblico di mons. bambarén, definito ormai vescovo del popolo.

articolo tratto da Il Regno logo

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