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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

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Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Enzo Baldoni e inviati di guerra

Fonte: Famiglia cristiana





Enzo Baldoni


Irak. La morte del giornalista Enzo Baldoni apre scenari inquietanti

Enzo Baldoni e inviati di guerra

di Alberto Bobbio

I reporter al fronte sanno di rischiare. Lo sapeva anche lui, ma non ci badava. Perché è stato ucciso dai rapitori?

L'"Esercito islamico dell’Irak" ha ucciso Enzo Baldoni, rapito due giornalisti francesi e aperto un fronte nuovo nell’analisi del ruolo dei media in guerra. E vale la pena affrontarlo subito il nodo degli "inviati in guerra", che dopo l’esecuzione di Baldoni cambia ogni prospettiva e risulta assai diverso da quello più semplice degli "inviati di guerra".

I corrispondenti di guerra rischiano la vita. Lo sanno e lo accettano. Ogni conflitto è pericoloso, ogni giorno passato in guerra è regalato. Eppure, la vicenda di Baldoni segna una frattura: il reporter non è più uno strumento utile alla causa della vittoria. Insomma, la personalità dell’ostaggio, nella piega sempre più tragica che ha preso la guerra in Irak, non conta più. Così il destino di ogni giornalista dipende dal ruolo che altri gli assegnano nello scenario bellico e sulla scena geopolitica internazionale. Non è più protetto dal proprio status di uomo che racconta la guerra.

Tutti gli inviati di guerra hanno la presunzione, mettendo in fila le parole e le immagini del dolore e della sofferenza, di contribuire alla fine delle ostilità, ritengono che raccontare sia un po’ come negoziare. Questo ruolo è stato riconosciuto dalle opinioni pubbliche ai giornalisti. E di esso si sono serviti Governi democratici e dittature, guerriglie e terroristi. Almeno finora. Forse, ora la prospettiva cambia e il rischio che un reporter è costretto ad affrontare non dipende più unicamente dalla pericolosità del conflitto. Perché Baldoni non è stato considerato uno strumento utile alla causa dall’"Esercito islamico dell’Irak"? È questo il mistero più grande.


L’imposizione del silenzio

In Irak dall’inizio della guerra sono stati uccisi 26 giornalisti e 15 collaboratori. Tutti sono morti per cause belliche, la maggior parte ammazzati dal fuoco della coalizione. E finora i giornalisti rapiti o arrestati erano stati tutti rilasciati, dopo essere stati utilizzati come strumenti utili alla causa. Quando gli iracheni arrestarono i giornalisti italiani a Bassora nei primi giorni del conflitto, non potendo usarli, essendo Saddam privo di propaganda mediatica, imposero loro una silenziosa prigionia all’hotel Palestine di Baghdad, come racconta Toni Fontana, inviato de l’Unità, in Hotel Palestine, il suo bellissimo diario di quei giorni (Il Saggiatore).

Anche l’imposizione del silenzio è uno strumento di guerra e può servire. L’americano Micah Garen, rapito e rilasciato a Nassiriya, ha avuto un ruolo nella strategia militare e mediatica del cosiddetto Esercito del Mahdi del leader religioso sciita ribelle al Sadr. Anche la vicenda di James Brandon, inglese del Sunday Telegraph, portato via dalla sua camera d’albergo a Bassora, è servita ai religiosi sciiti di Najaf, che lo hanno fatto liberare, per dimostrare al mondo, e soprattutto a Londra, che non sono belve come li dipingono gli americani. E gli inglesi hanno scortato poi il grande ayatollah al Sistani a Najaf, dove è riuscito a ottenere la fine dell’assedio alla moschea, una promessa di pace da al Sadr e il ritiro americano.

Baldoni non era un giornalista classico. Faceva un po’ il volontario e un po’ il reporter. Andava in giro con un pettorale della Croce rossa, si preoccupava di segnalare agli incroci con la bandiera della Croce rossa il passaggio del convoglio verso Najaf. Di professione era pubblicitario a Milano. E durante le vacanze andava in giro per il mondo a raccontare le guerre. Aveva un "blog", un diario su Internet, all’indirizzo www.bloghadad.splinder.com. Rappresentava una nuova forma di giornalismo amatoriale, assai complessa, ma anche assai potente, che si è affacciata nel mondo dei media dall’inizio della guerra in Irak.

La seconda guerra del Golfo si può infatti anche definire Internet war, "Guerra in Internet". La tecnologia oggi permette di trasmettere testi, foto e filmati da qualsiasi parte del mondo in pochissimo tempo e con relativamente poca spesa. Molti si sono improvvisati giornalisti: soldati, cittadini di Baghdad sotto le bombe. Ma Internet è usato anche da giornalisti classici, che sui diari nel web pubblicavano ciò che non potevano dire sui propri giornali o televisioni.

La Cnn ha costretto i suoi corrispondenti a sospendere i diari online. Altri media li hanno sottoposti a controllo preventivo. In effetti i blog hanno il pregio di essere una testimonianza immediata, che non costa nulla, anche se il più delle volte i resoconti sono zeppi di emozioni e opinioni, più che di notizie.

Ma il "blogger" puro può essere considerato un giornalista? Dentro una guerra la risposta a questa domanda può intrecciare anche un tragico destino. Si sa che Pino Scaccia, inviato della Rai e blogger anche lui, aveva messo sull’avviso Baldoni circa la pericolosità della situazione in Irak. Baldoni invece ci scherzava, basta leggere il suo blog. Voleva intervistare Moqtada al Sadr.

Non si preoccupava delle pallottole, delle bombe e degli intrighi che sempre circondano un inviato in guerra. «Palle fredde», scrive un giorno e poi va. Infila su Internet le sue foto con un mitragliatore in mano e quelle classiche sul bordo della piscina al Palestine, l’albergo degli inviati di guerra. Si fa vedere, si infila casacche di una Croce rossa, quella italiana, sulla quale da tempo le polemiche sono molte. Quando il convoglio torna da Najaf, Pino Scaccia lo lascia a Kufa e rientra a Baghdad. Intuizione del mestiere, esperienza? Forse Scaccia così si salva la vita. Baldoni rimane.

Perché? Perché i terroristi dell’"Esercito islamico" non lo hanno considerato una pedina importante per la causa? Perché è diventato un obiettivo?

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