Combattere la povertà, costruire la Pace
"Combattere la povertà, costruire la pace"
Gli equilibri internazionali minacciati dall'insicurezza alimentare
di Renato Raffaele Martino, Cardinale,
presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace
Il tema "Combattere la povertà, costruire la pace" scelto da Benedetto xvi per la quarantaduesima Giornata mondiale della pace - che si celebrerà il 1° gennaio 2009 - conferma che la lotta alla fame e per la sicurezza alimentare resta, in questo inizio di millennio, la questione prioritaria. È questo il cuore stesso della convivenza mondiale, con le sue mutate condizioni di interdipendenza tra i popoli, con le sue impellenti necessità di autentica giustizia e con le sue esigenze di nuovi strumenti politici ed istituzionali.
Dal Papa viene un invito pressante a non adagiarsi sulla condizione
attuale, a assumere a ogni livello impegni e comportamenti coerenti con la necessità
di ridurre gli immensi squilibri che segnano tale convivenza. Senza di ciò,
non c'è infatti nessuna possibilità di individuare - e tanto meno
di portare a successo - linee di orientamento per la tutela della pace, per
il rispetto della soggettività dei popoli e al tempo stesso per la loro
collaborazione solidale.
Il Papa invita l'umanità tutta e in primo luogo i cristiani a una riflessione
sulle radici profonde della povertà materiale, ma anche e soprattutto
sulla miseria spirituale che rende l'uomo indifferente alle sofferenze del prossimo.
La conversione del cuore che ci è richiesta dal Vangelo è certo
soprattutto individuale, ma ha una sua espressione irrinunciabile anche nei
comportamenti collettivi. La dottrina sociale della Chiesa ci ricorda che giustizia
e pace sono valori plurali, sempre e tanto più in quest'epoca che avrebbe
strumenti e risorse per consentire di vincere la sfida posta a tutti e a ciascuno
dallo scandalo della fame.
La categoria che meglio esprime la nostra epoca è quella dell'interdipendenza,
in cui si intersecano fra loro i settori della vita sociale e economica, gli
interessi dei vari popoli, i diritti delle generazioni, comprese quelle ancora
non nate.
Proprio lo scandalo della fame e la questione agricola a esso collegata manifestano
l'inadeguatezza degli attuali sistemi di convivenza e dei rapporti internazionali
a garantire i diritti dei più deboli e a promuovere la realizzazione
del bene comune.
Del resto, è stato proprio Benedetto xvi a ricordare di recente che "povertà e malnutrizione non sono una mera fatalità" e che "le considerazioni di carattere esclusivamente tecnico o economico non devono prevalere sui doveri di giustizia verso quanti soffrono la fame" (Messaggio alla Fao del 2 giugno 2008).
Nel sud povero del mondo, gli investimenti infrastrutturali
nelle zone rurali, specialmente per quanto riguarda acqua, strade, energia e
comunicazioni, hanno un ruolo fondamentale nel promuovere la crescita in agricoltura,
ma appare sempre più evidente che per parlare davvero di sicurezza alimentare
occorra pianificare e attuare un nuovo modello di sviluppo agricolo diverso
da quello ormai dominante delle monoculture destinate ai consumi del nord ricco
del mondo.
In questo contesto, la situazione dell'Africa subsahariana si conferma la principale
emergenza del mondo: proprio per quei popoli si profila infatti il fallimento
degli interventi dei Millennium Development Goals ("Obiettivi di sviluppo
del millennio"), che si propongono di quantomeno dimezzare entro il 2015
la tragedia sociale, economica e sanitaria delle nazioni in via di sviluppo.
A sette anni dalla scadenza di tale progetto, motivi di relativo incoraggiamento
non mancano, infatti, per le pur gravi condizioni di popolazioni di altre parti
del mondo, mentre è proprio l'Africa subsahariana a veder continuamente
accrescere la forbice con i paesi ricchi.
Continuano intanto a diminuire gli aiuti internazionali a favore di agricoltura e sviluppo rurale proprio nel sud del mondo dove vive il quinto sottonutrito dell'umanità esposto ogni giorno alla morte per fame. Sono un miliardo le persone che sopravvivono a stento con meno di un dollaro al giorno. E per altrettante persone questo infimo reddito è appena raddoppiato. Metà della popolazione mondiale non ha abbastanza per nutrirsi.
Pur nelle loro variazioni di anno in anno - relativamente irrilevanti, quando non peggiorative - i dati di tutti i rapporti internazionali rivelano un fatto certo: manca nel contesto mondiale una convinzione diffusa (e tutelata) della priorità dell'interesse collettivo. Di conseguenza, interdipendenza non equivale ancora a pace, proprio per il continuo affiorare di interessi contrastanti e per la tentazione perenne di ricorrere alle armi anziché alla ragione per dirimere i contrasti. Manca ancora, infatti, nel passaggio "dai molti all'uno", cioè dai popoli alla concertazione internazionale, la maturazione di un disegno planetario autenticamente condiviso in spirito di solidarietà.
Lottare contro la miseria significa oggi anche interrogarsi e trovare risposte su come sia possibile coniugare le molte culture con una convivenza pacifica mondiale. Significa interrogarsi su come lo sviluppo di alcuni popoli pesi inesorabilmente sugli altri e su come l'ingiustizia dei rapporti finisca per diventare una minaccia per tutti.
Da questa consapevolezza muovono coloro - per primo proprio il Papa - che cercano di individuare direttive d'impegno in favore delle scelte di pace autentica e solidale e sollecitano nei diversi consessi della comunità mondiale politiche in favore dei popoli in condizioni maggiormente critiche. E lo fanno ricordando altresì che la questione trascende il pur importante aspetto della ripartizione delle ricchezze e investe in senso lato il diritto alla vita.
(da L'Osservatore Romano, del9 luglio 2008)