Per una nonviolenza globale
Si è svolto dal 20 novembre al 3 dicembre 2002 a New Delhi in India il convegno di fondazione delle Forze Internazionali Nonviolente di Pace – Nonviolent Peaceforces (FINP-NP). È stata un’esperienza emozionante. I 140 delegati provenienti da tutti i continenti e da 47 Paesi hanno lavorato in un clima straordinario di compattezza, determinazione e cordialità.
Una ventina di delegati non hanno potuto raggiungerci per ragioni varie. Fra gli altri, Sami Awad che è stato agli arresti domiciliari con la famiglia in Palestina.
Erano presenti anche la parlamentare sudafricana e nipote del Mahatma, Ela Gandhi; la ex primo ministro del Bangla Desh onorevole Sheikh Hasina; il ministro degli esteri del governo tibetano in esilio venerabile Samdong Rinpoche, il presidente del Labour Party pakistano Farook Tareq. Per l’Italia c’eravamo Carla Biavati dei Berretti Bianchi e io.
A partire dallo Sri Lanka
Durante il convegno è stato scelto lo Sri Lanka come progetto pilota della nuova organizzazione. Lo Sri Lanka è una delle tre aree di conflitto su cui si sono concentrati nei mesi scorsi gli studi di fattibilità dei componenti di Nonviolent Peaceforces (gli altri siti erano Guatemala e Palestina/Israele). Sulle altre aree di conflitto continueranno a operare dei gruppi di lavoro e nuovi gruppi si potranno costituire ad esempio per i conflitti in Africa, in Nepal, in Tibet, a Burma, in Colombia.
Lo sforzo maggiore verrà, però, concentrato in Sri Lanka per le buone possibilità di dimostrare alla comunità internazionale la differenza, laddove operano a livello di base dei Corpi di Pace organizzati, in termini di rinforzo della società civile, di riduzione delle lesioni ai diritti umani e di ricadute sull’intervento negoziale.
Si vuole sollecitare il potenziamento degli strumenti operativi concreti che abbiamo sviluppato negli ultimi anni e il loro adeguato finanziamento. In Sri Lanka, nei villaggi a rischio di violenza, su richiesta dei gruppi nonviolenti di entrambe le parti, verrà dispiegata entro giugno 2003 una forza nonviolenta di 50 internazionali a difesa dei soggetti minacciati e a sostegno dei negoziati fra Tamil e Singhalesi, attualmente facilitati dal governo norvegese e dal Berghof Institut di Berlino, (di cui fa parte il presidente del CSDC, Giovanni Scotto).
Con questo convegno i movimenti pacifisti hanno sicuramente compiuto un salto di qualità, dotandosi finalmente di una struttura organizzativa planetaria, che potrà mettere meglio in risalto l’efficacia degli interventi nonviolenti in alcune situazioni selezionate, potenziare le strategie, le tecniche e gli strumenti della pace. Non per ultimo, ci si può augurare che ne scaturisca un ulteriore impulso per i diversi coordinamenti nazionali.
Chi lavora in Italia…
Abbiamo noi italiani numerose esperienze di Corpi Civili di Pace, di Caschi Bianchi o di altri tipi di intervento per la trasformazione costruttiva dei conflitti nelle crisi internazionali e il processo di confronto in atto servirà a sollecitare il Governo affinché ci riconosca e sostenga ufficialmente, ci impieghi in aree di crisi internazionale con funzioni di prevenzione, pacificazione e trasformazione dei conflitti violenti, in adempimento a numerose indicazioni internazionali.
La proposta dei Caschi Bianchi è stata più volte oggetto di risoluzioni da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Parallelamente, nel 1995, Alex Langer, Presidente del Gruppo Verde al Parlamento Europeo, iniziava una Campagna tra i colleghi per la promozione dei Corpi Civili di Pace Europei (European Civil Peace Corps - ECPC), per dare uno strumento multinazionale e nonviolento alla nascente Politica Estera e di Sicurezza Comune.
Dopo diverse citazioni degli ECPC in alcune risoluzioni sulle relazioni esterne della UE, nel 1999 la risoluzione A4-0047/99, approvata il 10 febbraio 1999, scrive: “[il Parlamento Europeo] raccomanda al Consiglio di produrre uno studio di fattibilità sulla possibilità di stabilire un ECPC”.
Il 13 dicembre 2001, il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione sulla comunicazione della Commissione sulla Prevenzione dei conflitti (A5-0394/2001), che è un buon esempio di approccio multidimensionale alle politiche di sicurezza.
Tra gli strumenti auspicati dall’Europarlamento, ci sono dei Corpi Civili di Pace Europei i cui compiti potrebbero essere: “coordinare a livello europeo la formazione e il dispiegamento di specialisti civili per portare avanti misure di concreto peace-making come arbitrato, mediazione, distribuzione di informazioni imparziali, de-traumatizazzione e confidence-building tra le parti in conflitto, aiuto umanitario, reintegrazione, riabilitazione, ricostruzione, educazione e monitoraggio e miglioramento della situazione dei diritti umani, comprese misure di accompagnamento [...] facendo il massimo uso possibile delle risorse della società civile”.
...e in Europa
Il progetto, il cui studio di fattibilità è stato finanziato dal Ministero degli Esteri tedesco, nel caso di un esito positivo dei negoziati tra le due comunità, vuole contribuire alla gestione costruttiva dei molteplici conflitti a livello micro che verranno a crearsi nel processo di graduale reintegrazione (ad es. nella proprietà delle case, scuole, vicinato, ecc.) sostenendo la
Il mio compito in quanto delegato europeo al consiglio direttivo delle Nonviolent Peaceforces sarà di fare in modo che il Comitato continentale europeo di Nonviolent Peaceforces sviluppi una completa sintonia con la già esistente rete europea dei servizi civili di pace (ENCPS) per evitare i doppionie aumentare l’efficienza di entrambe le organizzazioni. Il mio obiettivo è che la rete europea diventi il riferimento continentale di FINP-NP.
Pertanto, propongo che almeno un rappresentante europeo delle NP venga eletto direttamente da ENCPS e offro a tale proposito il posto in direttivo da me provvisoriamente accettato, in sintonia con la linea del Centro Studi Difesa Civile.
Il CSDC mira a rafforzare la rete di individui e organizzazioni che cercano di aumentare gli spazi per la gestione nonviolenta dei conflitti, in un circolo virtuoso che parta dalla ricerca e passi per la formazione, valorizzi l’intervento dal basso sia locale che internazionale e arrivi a trovare anche uno spazio istituzionale. Un passaggio fondamentale sta nel creare sinergie e non piccoli orticelli, nel saper prevenire ed eventualmente risolvere i problemi interni al movimento della pace per imporre una politica di civilità.
Non solo, quindi, cavalcare ed esaltare opposizioni generiche, seppur giuste, ma episodiche ed emotive alla guerra. Si tratta di cooperare su nuove sintesi creative più che competere, di proporre oltre che di protestare. Si tratta, nel rispetto delle diversità, di unire le forze su progetti concreti, come lo sono le Forze Internazionali di Pace.
Su questo banco di prova si potrà valutare chi nei movimenti, nei partiti e nelle Istituzioni opera seriamente.
Francesco Tullio, Centro Studi Difesa Civile - CSDC
In Italia numerose organizzazioni già operano per costituire un contingente italiano di Corpi Civili per l’intervento nelle missioni di pace internazionali. Un anno fa si è costituita una segreteria tecnica provvisoria con l’obiettivo di preparare un Forum “Verso i Corpi Civili di Pace in Italia”. Il forum è stato fissato per il 21, 22 e 23 marzo 2003 a Bologna.
Fanno parte della segreteria tecnica: Associazione per la Pace, Donne in nero, Operazione Colomba-Associazione Papa Giovanni XXIII, Corso Laurea Operatori di Pace Firenze-Campagna Kossovo, Centro Studi Difesa Civile, Berretti Bianchi, Beati Costruttori di Pace, Movimento Internazionale Riconciliazione, Movimento
Nonviolento, Campagna OSM-DPN, Peace Brigades Italia.
Tra le reti europee che si muovono in questa direzione c’è la European Network of Civil Peace Services (www.4u2.ch), il coordinamento europeo dei “servizi civili di pace”, che mantiene vivo lo scambio tra le esperienze di intervento civile dal basso e della relativa formazione. Questa rete intende realizzare un progetto pilota europeo con l’invio di un team multinazionale a Cipro.
professionalizzazione e la strutturazione delle ONG locali nel campo delle
attività interculturali,in particolare tra la comunità greco e turco-cipriota.