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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Luciano Bertozzi

Uganda la guerra dimenticata

"Mosaico di pace" maggio 2004

Le stragi del LRA. Le responsabilità del governo di Kampala.
E le armi, anche italiane, che uccidono.



Il Tribunale Penale Internazionale(TPI) indagherà sulle violazioni del diritto internazionale commesse in Uganda dalla guerriglia del Lord’s Resistance Army (LRA), ciò potrebbe causare la condanna dei suoi capi per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità.
La quasi ventennale guerra dimenticata che oppone nel Nord del Paese africano LRA ed esercito, ha causato la morte di centomila persone, oltre un milione di profughi, mentre almeno ventimila bambini di entrambi i sessi sono stati rapiti per farne bambini-soldato e schiave sessuali.
Molti dei responsabili dei crimini su cui indagherà il Tribunale sono a loro volta vittime, dato che sono stati rapiti e costretti a ogni genere di atrocità. Un aspetto fondamentale dell’azione internazionale dovrà esser il reinserimento di ex ragazzi a cui è stata rubata l’infanzia e sono stati trasformati in demoni. È significativo che la comunità internazionale si occupi di questa grave situazione, definita ultimamente dal Vice Segretario Generale ONU “una tragedia umanitaria peggiore di quella dell’Iraq”.
A ogni modo, il TPI non deve limitarsi a indagare sui crimini commessi da una sola delle parti in causa. Anche Amnesty International ha sottolineato la necessità di un piano complessivo alla lotta all’impunità, per tutti i reati. Sarebbe assai triste constatare che nella sua prima inchiesta il TPI indirizzi i suoi lavori a senso unico, in altre parole c’è il rischio di una parodia di giustizia. Anche l’esercito di Kampala, secondo l’ONU, ha utilizzato i bambini in guerra e si è macchiato di gravi crimini, però il presidente ugandese Museveni è amico di Bush, di Blair mentre LRA è nella lista nera del terrorismo.

Guerriglia e Stati
Ma qual è l’obiettivo della guerriglia guidata da Joseph Kony? “Il progetto politico del LRA – afferma Giulio Albanese, direttore dell’agenzia missionaria on line Misna – è a dir poco demenziale, sostituire la costituzione ugandese con il decalogo dell’Antico Testamento. Stando a quel che mi ha raccontato un ex ribelle, di notte sono tre gli spiriti che parlano a Kony: Remember, che ispira sentimenti positivi, Silini che indica le cose da fare nelle campagne militari e Who are you? Lo spirito che dice come e quando bisogna uccidere”. Al di là delle affermazioni di Kony è evidente che il comportamento dei guerriglieri non ha nulla a che vedere con il Vangelo. I soldati LRA combattono con il rosario al collo nel nome di un presunto dio che avrebbe proibito tassativamente di mangiare le galline bianche e soprattutto avrebbe ordinato di uccidere chiunque beva alcolici o fumi tabacco!
La guerriglia si intreccia con le vicende del Sudan, infatti, LRA fino al 2002 ha goduto del sostegno del governo di Khartoum in funzione antiugandese, in quanto Kampala sostiene i ribelli del SPLA. Pertanto, intervenire sul conflitto dell’Uganda significa incidere anche su quello del Sudan. Fino al 2002 il Sudan è stato la base e lo sponsor dei ribelli e nonostante Khartoum affermi di aver rotto con i suoi ex pupilli, a detta di molti il leader della guerriglia si troverebbe proprio in Sudan. A ogni modo è strano che uno degli eserciti più forti del Continente, che ha invaso l’ex Zaire per impossessarsi delle sue materie prime, non riesca ad avere la meglio sui guerriglieri. Secondo alcuni il governo non avrebbe alcuna intenzione di sconfiggere i miliziani che colpiscono etnie a esso tradizionalmente ostili. È da registrare, a ogni modo, in questi ultimi tempi l’intenzione dell’esercito ugandese di intervenire nel sud Sudan in cui si troverebbero i campi della guerriglia, così come nel 2002.
Le operazioni militari, tuttavia, non hanno portato sicurezza nella zona che continua a essere messa a ferro e fuoco dai ribelli. Il governo ha dunque scelto l’opzione militare per vincere sul terreno la guerriglia, ma su questo c’è da dubitare, visto gli insuccessi fino a ora conseguiti. Museveni attribuisce l’incapacità del suo esercito alla condizione imposta dai Paesi donatori di subordinare gli aiuti a un modesto livello di spesa militare. Tale vincolo è stato superato proprio ultimamente e, quindi, si assisterà a un incremento delle operazioni belligeranti con il risultato di moltiplicare i lutti e le rovine.

Il governo non è assolutamente in grado di garantire la sicurezza alla propria popolazione, che vive nel terrore di essere uccisa dai raid dei ribelli. Migliaia di persone tutte le sere lasciano i propri villaggi per radunarsi nelle città, per andare a “dormire” in luoghi più controllati (chiese, ospedali, stazioni autobus), per evitare le incursioni di morte dei guerriglieri. Non a caso, con il moltiplicarsi dei raid il numero degli sfollati è cresciuto notevolmente, così come la diffusione dell’AIDS. Ogni giorno le scorrerie dei guerriglieri strappano i ragazzini dalle proprie famiglie. Il destino di questi piccoli è segnato: la fine dell’innocenza, uccidere o essere uccisi, non ci sono altre possibilità per chi non accetta di essere “arruolato” nelle fila della guerriglia. Il trattamento riservato alle ragazzine non è molto diverso, diventeranno le schiave sessuali, il divertimento di qualche capo del LRA, con la quasi certezza di contrarre malattie sessuali (AIDS/HIV, ecc) gravidanze indesiderate, ecc.. Tali malattie sono usate come armi da guerra per terrorizzare le popolazioni, come nei Balcani.

Fermare i massacri
Comunque le guerre endemiche, la mancanza di cibo igiene e cure mediche e i continui spostamenti di popolazioni per sfuggire le guerre, rendono pressoché impossibile porre fine alla tragedia di inermi popolazioni. A meno che, diversamente da oggi, non ci sia un sussulto di orgoglio, di umanità della comunità internazionale, che stanzi le risorse adeguate. Ma il mondo è preoccupato unicamente della guerra al terrorismo e non da quella alla povertà e alla tirannia. La società civile ugandese ha chiesto ripetutamente l’intervento delle Nazioni Unite per uscire dall’incubo. “Basta con la guerra nel Nord Uganda! Dopo quasi venti anni di inutili tormenti, pensare di risolvere la crisi con l’opzione bellica significa continuare a perdere tempo”, così si è espresso ultimamente Monsignor Odama, arcivescovo di Gulu e Presidente dell’Acholi Religious Leaders Peace Iniziative. Il suo movimento è in prima fila, da tempo, nel cercare di portare al tavolo delle trattative le parti in causa e anche del Sudan che ha aiutato i ribelli. Prima di tutto, però, è necessario, secondo il presule, fermare i massacri, garantire l’incolumità dei civili e l’approvvigionamento delle derrate alimentari e dei farmaci nelle zone sconvolte dal conflitto.
La comunità internazionale assiste indifferente alla barbarie, al grido di dolore di tanta gente inerme e non riesce ad adottare neanche provvedimenti minimi, come l’embargo sulla vendita di armi, pure richiesto dall’ONU nei confronti di chi utilizza i bambini in guerra. È una storia vecchia e risaputa, sono proprio i Paesi con diritto di veto all’ONU (USA, Regno Unito, Russia, Francia e Cina) i leader mondiali del commercio delle armi. Sarebbe strano che chi si arricchisce con la vendita di strumenti di morte combatta la proliferazione di armi. Il missionario Giulio Albanese ha affermato di aver visto, con i propri occhi, le pistole della Beretta nelle mani dei miliziani LRA e sull’argomento il sen. Martone (Verdi) ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Negli ultimi tempi qualche timido passo in avanti è da registrare. L’assemblea parlamentare UEACP (Paesi dell’Africa e dei Caraibi) e il Parlamento Europeo hanno preso posizione nel senso di chiedere la fine delle atrocità, l’utilizzo dei bambini come soldati, l’embargo alle vendite di armi. Inoltre una delegazione del Senato italiano si è recata in Uganda per rendersi conto della questione. Si tratta di un motivo in più affinché l’Italia operi in tutte le sedi internazionali per una soluzione politica del problema e finanzi adeguatamente i programmi di recupero psicofisico dei bambini-soldato congedati.

articolo tratto da Mosaico logo

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