E la chiamano pace
A colloquio con mons. Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad.
Nel corso della recente visita in Iraq (maggio 2003) di cui abbiamo occasione di parlare nel numero scorso di Mosaico di pace (giugno 2003), Fabio Corazzina e Renato Sacco di Pax Christi hanno intervistato mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare del patriarcato caldeo in Iraq.
A giugno sarebbero arrivati in Iraq anche i soldati italiani e, al seguito, probabilmente pure gli aiuti e la ricostruzione…Anche per non essere ‘arruolati’ abbiamo scelto di essere in Iraq prima dei nostri soldati e senza aver nulla a che fare con il mondo militare, viaggio compreso. Siamo andati in Iraq, attraversando il deserto in auto. Non abbiamo usato aerei militari per atterrare più comodamente a Baghdad. Ci teniamo a precisarlo perché non è così scontato. Se il metodo è già contenuto… È calata la notte a Baghdad. Per fortuna da qualche giorno – nel quartiere dove vive mons. Shlemon Warduni – c’è l’energia elettrica. Prima della fine di maggio arrivava al massimo per un’ora al giorno. Questo ci dà la possibilità di accendere la luce, di guardarci in faccia e anche di respirare il fresco dei condizionatori d’aria, indispensabili per vincere il caldo pesante dell’Iraq. Anche se è notte, si sentono volteggiare nel cielo alcuni elicotteri Apache dell’esercito USA e sulla strada è forte il rumore dei carri armati che attraversano que sta città con oltre sei milioni di abitanti. La guerra in Iraq è finita, ha detto il Presidente degli Stati Uniti. Tutto tranquillo, o quasi. Non c’è niente di meglio che essere a Baghdad per capire che la guerra non è finita, che davvero è pura follia. È sconfitta dell’umanità.
Mons. Shlemon,come avete vissuto i giorni della guerra?
Innanzitutto vi ringrazio per la vostra visita, imprevista e graditissima. I giorni della guerra sono stati terribili, tremendi, con tanta paura. Abbiamo cercato di viverli come abbiamo potuto, vicino alla gente, cercando di essere accanto a chi aveva più bisogno, ospitando nelle chiese e nelle parrocchie chi era più spaventato e chi era più vicino ai luoghi bombardati. Non sapevamo cosa poteva succedere, come saremmo finiti. Si temeva una guerra strada per strada, casa per casa. Così non è stato, il Signore ci ha salvati. Questo per me è stato un miracolo grazie alle vostre preghiere e a quelle di milioni di persone in tutto il mondo. È finita la guerra dei missili, delle bombe intelligenti… Ma che intelligenti! Questo ferro non sa distinguere un bambino, un anziano. Sono state tante le vittime, anche se non sappiamo il numero esatto. Dopo è arrivata la guerra dei saccheggi, degli incendi dei vari edifici, anche dell’ospedale, del museo, con più di cinquemila anni di storia; la guerra degli omicidi lungo le strade…. Adesso chiediamo al Signore un altro miracolo: che tutto questo cessi e ci sia serenità e pace.
E noi,tornando a casa,in quale modo possiamo esservi vicini?
Vi chiediamo innanzitutto la preghiera. Chiediamo insieme al Signore che dia a tutti un cuore docile, una mente disponibile a capire l’altro. La sciagura è avvenuta. Adesso bisogna costruire. Ricostruire questa nazione che ha avuto tre guerre che hanno causato tante vittime, vedove, orfani. Guerre che hanno portato anche tante malattie: penso all’uranio impoverito, le cui conseguenze vedremo per tanti anni. Poi c’è anche il problema del fanatismo religioso. E abbiamo paura anche della fame: non ci sono salari da mesi. Quanto era stato distribuito a ogni famiglia (riso, farina, zucchero..) con il programma “petrolio per cibo” sta finendo. E dopo? Ma prima di tutto, dicevo, pregate, pregate per la pace. Perché si diceva che dopo la guerra ci sarebbe stata la liberazione. Questo non è vero. Non è avvenuto. Speriamo di poter ricostruire. Voi avete visto quale tragedia sta vivendo l’Iraq. Avete visto Baghdad, chiamata città della pace, prima e dopo la guerra. Baghdad adesso piange. È la città della guerra.
E oltre alla preghiera …?
Potete fare informazione. Potete dire che l’Iraq ha bisogno di tutto. La materia prima c’è, la ricchezza c’è, ma bisogna utilizzarla prima per il popolo iracheno. Quando dicono “liberare l’Iraq” a cosa si riferiscono? Da che cosa occorre liberarlo? Forse il vero motivo, come già vi dicevo a dicembre, è prendere il nostro petrolio. Forse, per il bene di Israele. Ma non voglio entrare in politica… Guardo alla realtà: abbiamo problemi con l’elettricità, manca l’acqua. Manca addirittura la benzina! Avete visto lunghe file ai distributori, anche più di dieci ore, per fare rifornimento. E siamo in Iraq, il Paese più ricco di petrolio al mondo. E così per il gas domestico. Anche il seminario teologico è chiuso, dall’inizio della guerra, e non riaprirà fino a settembre a causa dell’insicurezza, della mancanza dell’elettricità e delle altre cose indispensabili.
Potete aiutarci a ricostruire le nostre scuole; fare qualcosa per i nostri bambini, i nostri giovani che sono, da anni ormai, senza speranza. Manca il lavoro, manca tutto. Ci troviamo a discutere e ci chiediamo: è meglio dopo la guerra o prima? Ma non ha senso chiedersi questo. La cosa è stata fatta. Ora vogliamo un futuro davvero libero, dove vengano riconosciuti i nostri diritti. C’è una presenza forte di alcuni fanatici Sciiti, già hanno ucciso qualcuno che aveva bar o produceva alcolici. Dicono alle nostre ragazze di mettere il velo. Se non c’è uguaglianza, rispetto dei diritti di tutti gli iracheni, in particolare anche i diritti religiosi, non ci sarà pace.
Come mai i soldati USA non fanno molto per garantire un minimo di sicurezza sociale?
Per me gli Americani hanno sbagliato dall’inizio. Finita la guerra non hanno voluto governare la situazione. Un popolo schiacciato per tanti anni non è in grado di cogliere la libertà… Qui era necessario preparare un governo per il dopo guerra. Ma forse gli Stati Uniti hanno lasciato volutamente
Noi torniamo a casa … arrivederci...
Tornate a casa, salutate tutti quelli che sono stati vicini e continuano a essere vicini al popolo iracheno. Salutate quanti ho incontrato negli incontri dello scorso gennaio e dite a tutti di venire a trovarci. La mia casa è la vostra casa, la casa di tutti. Siete i benvenuti. Poi vi ringraziamo ancora della visita. Un saluto a tutti quelli di Pax Christi e… tornate presto. Ciao.
È quasi mezzanotte quando ci congediamo da mons Warduni. La sua camera è accanto allo studio. La nostra è sopra la sua. Ci si sente davvero a casa propria.. E prima di salire le scale ci dice “usate l’acqua calda che è più fresca, perché quella fredda è troppo calda” . Suona un po’ strano, anche se non c’è niente di strano visto che il contenitore dell’acqua fredda è all’esterno, esposto al sole e quindi è inevitabile che l’acqua ‘fredda’ sia molto calda. Ma, questa frase può dare l’idea di come l’Iraq sia sottosopra.
Si ritorna in Italia, dove ormai si parla di un Iraq liberato e si danno solo le notizie dei soldati americani uccisi, neanche degli inglesi. E gli iracheni? Quanti sono i morti di questa guerra? Quali saranno le conseguenze delle armi all’uranio? Quando sarà pace vera, nella giustizia e nella verità?
Che possa arrivare presto il giorno in cui l’acqua, simbolo di vita, possa uscire da tutti i rubinetti di tutto il mondo, in Iraq e non solo…
Un mondo non rovesciato, dove…. l’acqua fredda non sia la più calda.