Servizi di base e riconciliazione, ecco le priorità per la chiesa
La chiesa cattolica sudanese ha svolto con impegno, nei lunghi anni di guerra, azioni di assistenza umanitaria a favore della popolazione sudanese. È stata sempre costretta a operare in situazioni molto difficili e di grande rischio; raramente, perciò, è riuscita a sviluppare progetti di riabilitazione e sviluppo a lungo termine.
Accanto all’opera assistenziale, non sono mancate prese di posizione per chiedere ai contendenti di cessare le ostilità per il bene della popolazione.
A gennaio 2004, prevedendo e sperando in un’imminente firma degli accordi di pace, i vescovi del Sudan si sono riuniti a Nairobi per cercare di tracciare le linee guida per l’impegno della Chiesa cattolica dopo la pace.
Ne è scaturita una lettera pastorale (dal titolo Ecco, io faccio nuove tutte le cose, Ap 21-5) carica di speranza, la quale augura a tutti i sudanesi che la firma possa diventare l’inizio di una nuova vita, che sarà allo stesso tempo “preziosa e fragile” e per ottenere la quale tutti dovranno dare il loro contributo, rispettando, con uno spirito rinnovato, il fondamentale dono della vita. La pace è come un albero che deve sviluppare radici profonde nella vita di tutti e che si deve diligentemente coltivare per ottenerne i frutti. I vescovi chiedono ai governanti di svolgere il loro compito con onestà e favorendo la partecipazione della società civile e delle chiese ai processi decisionali, partendo dalla scrittura della nuova costituzione.
Tutti i pulpiti del Sudan
La Chiesa ora non si vuole sottrarre al duro compito di aiutare gli sfollati a reinserirsi nelle comunità di origine dopo molti anni di lontananza e separazioni. I vescovi hanno dichiarato di voler assumere un atteggiamento cooperativo e vigilante nei confronti del governo, affinché vengano assicurati a tutti i servizi di base.
Hanno confermato inoltre il loro impegno per il dialogo ecumenico e interreligioso e la volontà di realizzare azioni comuni per la solidarietà e la pace.
Le caratteristiche e gli obiettivi della missione della chiesa in Sudan sono stati ribaditi durante l’incontro avvenuto a fine maggio a Roma, nella sede di Caritas Italiana, con padre Peter Loro e padre Antony Bangoye, segretari generali rispettivamente della Conferenza episcopale del Sudan e dell’Ufficio regionale della Conferenza episcopale con sede a Nairobi.
Padre Bangoye ha ribadito che con la pace la Chiesa cattolica potrà lavorare con maggior impegno nel favorire l’accesso della popolazione, e in particolare degli sfollati che torneranno ai propri villaggi, ai servizi di base, soprattutto sanità e istruzione.
Padre Loro ha invece sottolineato che la Chiesa cattolica dovrà essere un agente di riconciliazione, dando continuità alla predicazione che i sacerdoti hanno compiuto, da tutti i pulpiti del Sudan, mentre a Naivasha si svolgevano i colloqui di pace. La Chiesa cattolica infatti non accetta l’idea della divisione tra le persone, ma promuove l’unione e la convivenza tra i fedeli delle diverse religioni. Padre Loro ha sottolineato inoltre l’importanza del rispetto della dignità della persona umana, che la Chiesa cattolica deve impegnarsi a difendere a ogni costo, contrastando tutte le forme di violenza e costrizione che inevitabilmente si manifesteranno anche dopo la pace.