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17 aprile 2014
Vi sono oltre 570 gruppi etnici. Gli arabi, che risiedono soprattutto nel nord e nel centro del paese, insieme ai nuba, costituiscono quasi la metà della popolazione. Fra le altre etnie, le più importanti sono i nilotici, i nilo-camitici e alcuni gruppi bantu.
Superficie: 2.505.810 Kmq
Capitale: Esecutiva e amministrativa: Khartoum, 1.200.000 ab. (2002); legislativa: Omdurman, 1.599.300 ab. (2000).
Moneta: Sterlina sudanese
Lingua: Arabo (ufficiale e prevalente); i diversi gruppi etnici parlano più di 400 lingue diverse.
Religione: L'Islam (ufficiale) è predominante fra arabi e nuba, in maggioranza sunniti. I culti tradizionali africani sono molto praticati al sud. Vi sono comunità cristiane in entrambe le regioni.
Governo: Generale Omar Hassan Ahmad al-Bashir, capo dello stato e del governo dal 30 giugno del 1989, dopo il rovesciamento del governo civile, rieletto nel 1996 e nel 2000. Organo legislativo bicamerale: Assemblea Nazionale, con 450 membri nominati che rappresentano il governo, ex ribelli e altri partiti politici di opposizione.
La situazione del conflitto al 2009:
Secondo il Conflict Barometer dell’Università di Heidelberg, nel 2009 risultavano attivi in
Sudan 4 fronti di guerra:
1. Governo del Sudan – movimenti ribelli del Darfur
2. LRA - SPLM/A
3. Governo del Sudan - SPLM/A (Sud Sudan)
4. Conflitto tra gruppi etnici Murle, Lou-Nuer, Jikany-Nuer (Stato di Jonglei, Sud
Sudan)
Tutti I conflitti sopraindicati hanno raggiunto nel 2009 il livello massimo di violenza
(intensità: 4), così come codificato dai parametri di classificazione dei conflitti
dell’Università di Heidelberg.
1. Governo del Sudan – movimenti ribelli del Darfur
Il conflitto per il predominio territoriale e il controllo delle risorse nella regione del
Darfur coinvolge da un lato vari gruppi di ribelli e dall’altro il governo centrale e le
milizie Janjaweed. La fazione ribelle denominata SLM/A-MM (Minni Minawi’s Sudan Liberation
Movement/Army), inizialmente schierata favore dei ribelli, a partire dai trattati di pace
del 2006 ha proseguito le sue attività militari a fianco delle forze governative.
Nonostante un cessate il fuoco unilaterale, dichiarato dal governo sudanese l’11 dicembre
2008, all’inizio del 2009 i combattimenti erano già ripresi.
Il 14 gennaio 2009, le Forze Armate Sudanesi (SAF) si sono scontrate con i ribelli
del movimento Jem, nei pressi di El-Fasher. Il giorno successivo, i militanti del Jem hanno
conquistato la città di Muhajirya, nel sud del Darfur. I combattimenti e i bombardamenti
aerei a Muhajirya hanno prodotto la morte di 30 persone e lo sfollamento di oltre 46.000
abitanti. Il 5 febbraio, i militanti del Jem si sono ritirati dalla città.
Secondo fonti delle Nazioni Unite, dal 6 al 13 febbraio, le SAF hanno portato a termine
incursioni aeree e bombardamenti su almeno 15 villaggi nel nord e nel sud del Darfur, in
aperta violazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che metteva al
bando qualsiasi tipo di volo militare nella regione.
Il 10 febbraio, a Doha, nel Qatar, sono stati riavviati i colloqui di pace tra il governo e
il Jem. Nonostante un patto raggiunto sullo scambio di prigionieri, non è stato possibile
giungere ad un accordo sul cessate il fuoco.
Il 19 febbraio, 11 soldati e 17 ribelli sono rimasti uccisi nel corso di combattimenti tra
SAF e Jem, nel sud-ovest del Darfur. Il giorno precedente, le SAF avevano bombardato delle
postazioni Jem e attaccato basi militari del SLM/A-MM, nella regione orientale del
Marra.
Il 4 marzo, la Corte Penale Internazionale (ICC-International Criminal Court) ha disposto un
mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, nei
confronti del presidente Omar al-Bashir (rigettando allo stesso tempo l’imputazione di
genocidio). Il 7 luglio, il procuratore generale ha presentato all’ICC ulteriore
documentazione, facendo richiesta di un’accusa supplementare di genocidio. Come reazione al
mandato di cattura nei confronti di al-Bashir, il governo sudanese ha espulso 10
organizzazioni umanitarie dal Darfur, accusandole di spionaggio per conto dell’ICC.
Il 3 luglio, ad un summit tenutosi a Sirte (Libia), l’Unione Africana ha rigettato le accuse
nei confronti di al-Bashir, decidendo di non collaborare più con la Corte internazionale, e
rivendicando allo stesso tempo la necessità di una soluzione regionale ai problemi del
Darfur. A tale scopo, l’Unione Africana aveva promosso nel mese di marzo un Panel di alto
livello sul Darfur (AUPD), guidato dall’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki.
Il 19 ottobre, l’ICC ha iniziato le audizioni di convalida dell’arresto di Bahar Idriss Adu
Garda, capo del movimento ribelle URF (United Resistance Front), che si era costituito
spontaneamente alla Corte, il 18 maggio 2009. Abu Garda è sospettato di essere uno dei
responsabili dell’attacco realizzato nel 2007 contro un contingente dell’AMIS (African Union
Mission in Sudan), nella città di Haskanita, che aveva determinato la morte di 12 operatori
internazionali di peacekeeping.
Il 5 maggio, la conquista da parte del Jem della città di Umm Baru, nel Nord del Sudan,
roccaforte della fazione opposta dello SLM/A-MM, ha prodotto una generale intensificazione
dei combattimenti. Il 9 maggio, dopo una dura lotta, che ha lasciato sul campo circa 60
morti e 85 feriti, l’esercito sudanese e le milizie SLM/A-MM hanno riconquistato la città.
Il governo Sudanese ha accusato il Ciad di avere sostenuto direttamente i ribelli nelle
campagne militari condotte nei pressi di Muhajiya e Umm Baru. Il 17 maggio, il JEM ha preso
il controllo della base militare di Kornoi. Il 28 giugno, le SAF hanno portato a termine
varie azioni aeree a Hashaba (Nord Darfur), contro postazioni militari del gruppo SLM/A,
guidato da Abdel Wahid al-Nur. Il 31 luglio, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha
prolungato di un altro anno il mandato della missione militare UNAMID. Alla fine del 2009,
su circa 6.400 poliziotti e 19.500 tra soldati e operatori civili inizialmente previsti, la
missione Unamid aveva già schierato nel Darfur 3.900 poliziotti e 14.600 unità, tra truppa e
operatori civili. Le perdite tra i componenti della missione Unamid sono aumentate nel corso
dell’anno, portando il computo finale dei morti ad un totale di 46 unità. Tuttavia, non è
chiaro se tali perdite sono state dovute ad azioni militari o ad episodi di criminalità
comune.
Il 30 agosto, grazie alla mediazione libica, vari gruppi ribelli e il Fronte Democratico
SLM/A, hanno firmato l’Accordo di Tripoli, giungendo alla costituzione di un gruppo unico,
denominato SLRF (Sudan’s Liberation Revolutionary Force). Tale entità è stata
successivamente denominata SLM/A-RF (SLM/A-Revolutionary Force). Già alcuni giorni prima (il
21 agosto), le fazioni ribelli SLM/A-Unity, SLM/A-Juba, e l’URF (United Resistance Front),
avevano firmato un patto ad Adis Abeba, sotto gli auspici dell’Inviato Speciale degli USA
(Scott Gratian). Ciononostante, i due gruppi di ribelli più significativi (il JEM and lo
SLM/A-AW), si sono rifiutati di collaborare con le nuove entità ribelli unificate,
dichiarando che tali gruppi non godevano del sostegno popolare.
Il 29 ottobre, il Panel sul Darfur promosso dall’Unione Africana (AUPD), ha presentato le
sue proposte per una risoluzione locale delle controversie legate alla violazione dei
diritti umani nel Darfur. Nello specifico, il Panel ha sollecitato la riforma del sistema
legale nel Sudan, la costituzione di una commissione di “verità e riconciliazione” e la
costituzione di tribunali misti, composti da rappresentanti sudanesi e dell’Unione Africana,
facendosi carico dei casi di competenza dell’ICC. Il governo sudanese ha preso in
considerazione la possibilità di accettare tali proposte.
2. LRA - SPLM/A
Il conflitto vede opposti il gruppo ribelle LRA (Lord’s Resistance Army) allo SPLM/A (Sudan
People’s Liberation Movement/Army).
Il 14 dicembre 2008, l’Uganda, la Repubblica Democratica del Congo e lo SPLM/A
avevano lanciato un operazione militare congiunta contro basi LRA nelle regioni del Sudan
confinanti con la Repubblica Democratica del Congo. Lo scopo dichiarato di tale azione
militare era quello di prevenire l’infiltrazione di ribelli all’interno del sud del Sudan. A
gennaio, i ribelli LRA in fuga avevano ripetutamente attaccato i villaggi posti nel Western
Equatoria, uccidendo 120 persone (altre 100 persone sono state rapite dai gruppi ribelli).
Il 5 gennaio, i ribelli del gruppo LRA hanno fatto irruzione in altri villaggi nel sudovest
del Sudan, uccidendo più di 50 persone. Altre 9 persone sono state rapite e oltre 7.300
abitanti hanno abbandonato la zona. In risposta a tali incursioni, i residenti locali si
sono organizzati in gruppi di autodifesa, con il sostengo del SPLM/A e della polizia. Tali
gruppi, soprannominati “Ragazzi Freccia”, sono armati di tradizionali reti da pesca, lance,
archi e frecce. Nel corso dei mesi di febbraio e marzo, i combattenti LRA hanno continuato
ad attaccare i villaggi nel sud del paese, scontrandosi ripetutamente con i Ragazzi Freccia,
nelle contee di Ezo ed Ibba (24 i morti in seguito a tali scontri).
Nel corso del mese di maggio, i militanti LRA hanno assalito e saccheggiato vari villaggi
vicino alla città di Yambio. Come risposta, lo SPLA/M ha promesso di rafforzare la sua
presenza militare sul confine con la Repubblica Democratica del Congo. Gli attacchi del LRA
ai villaggi del Western Equatoria sono continuati lungo tutta l’estate. All’inizio di
settembre, lo SPLM/A ha inviato ulteriori forze speciali nella regione del Western
Equatoria, rafforzando un contingente militare che contava già 3000 effettivi di truppa.
Da gennaio a novembre, i ribelli LRA hanno ucciso almeno 220 civili e 157 risultano le
persone rapite. Oltre 80.000 gli sfollati e i profughi. A metà settembre, un portavoce dello
SPLM/A ha dichiarato che Joseph Kony, capo del LRA, si era spostato dalla regione del
Western Equatoria alla città di Raja nello Stato del Bahr-al-Ghazal.
Sempre nello Stato del Bahr-al-Ghazal, il 25 ottobre, forze armate dello SPLM/A hanno
liberato 45 prigionieri dello LRA. Secondo fonti dello SPLM/A, altri 56 militanti LRA si
sono arresi nel mese di novembre. Tuttavia, sempre nel mese di novembre, sono stati
segnalati almeno 3 attacchi da parte di militanti LRA.
3. Governo del Sudan - SPLM/A (Sud Sudan)
Il conflitto avente come oggetto lo status futuro del Sud del Sudan, vede contrapposti il
governo centrale e il governo autonomo del Sud del Sudan (GoSS), guidato dallo SPLM/A.
Nel 2009 si sono registrati alcuni importanti sviluppi: il susseguirsi di pesanti scontri
tra lo SPLM/A e le forze armate sudanesi; la pubblicazione dei risultati del censimento
nazionale; la regolamentazione del Tribunale permanente di arbitraggio sulla questione dei
confini del distretto petrolifero di Abyei.
Lo SPLM/A e altri gruppi di opposizione hanno dichiarato le loro condizioni per una loro
eventuale partecipazione alle elezioni nazionali, previste per l’aprile 2010. Nessun tipo di
consenso è stato invece raggiunto riguardo le modalità di svolgimento del referendum
previsto per il 20121, relativo all’indipendenza del Sud del paese e la demarcazione dei
confini del distretto di Abyei.
Il 12 dicembre 2008, le parti in conflitto si sono scontrate duramente nella città di Abyei.
Di conseguenza, entrambe le fazioni si sono ritirate dalla città. Nonostante il ritiro, le
manovre militari non si sono interrotte e sono continuate fino alla fine di marzo.
Il 24 febbraio, pesanti combattimenti nella città di Malakal hanno visto il coinvolgimento
di mezzi corazzati. Sono rimaste sul campo 62 vittime e 94 feriti. In questo caso, il
contingente delle forze armate sudanesi (SAF) era prevalentemente composto da ex militanti
della milizia meridionale, comandata da Tang Ginya, già alleato delle forze armate durante
la guerra civile. I combattimenti erano iniziati in seguito alla visita di Tang Ginya alla
città di Malakal.
Nel mese di luglio, sono stati finalmente pubblicati i risultati del censimento realizzato
nei mesi di aprile e maggio 2008. Secondo i dati diffusi, gli abitanti del Sud del paese
ammontavano al 21% dell’intera popolazione Sudanese. Gli accordi sulla spartizione del
potere e delle risorse, definiti all’interno del trattato di pace (CPA), si erano invece
basati sull’ipotesi di un’incidenza percentuale pari al 28%. Lo SPLM/A ha contestato i
risultati. Il 22 luglio, il tribunale permanente di arbitrato (PCA) all’Aja, ha modificato
la demarcazione territoriale dei confini della provincia di Abyei, riducendo le dimensioni
del distretto, ridisegnando i confini orientali e occidentali della regione, attribuendo la
proprietà di alcuni campi petroliferi alle regioni del nord del paese. Entrambe le parti in
causa hanno accettato la decisione. Ciononostante, i campi petroliferi di Heglig e Bamboo
sono rimasti oggetto di contenzioso.
E’ rimasta tuttavia irrisolta la questione relativa alla partecipazione del gruppo nomade
Misseriya al previsto referendum del 2011 sulla demarcazione della regione di Abyei. La
missione UNMIS ha intensificato l’azione di pattugliamento nella zona.
In generale, il consenso sulle elezioni del 2010 e sul referendum del 2011 si è
progressivamente indebolito. Il 30 giugno, la commissione nazionale del Sudan sulle elezioni
ha rinviato le stesse al mese di aprile 2010, allo scopo di evitare l’impatto negativo della
stagione delle piogge sulle operazioni di voto.
L’8 agosto, il governo autonomo del Sud del Sudan (GoSS), ha minacciato di dichiarare in
modo unilaterale l’indipendenza delle regioni del sud, qualora il governo centrale non
avesse accettato alcune proposte-chiave, relative al referendum del 2011. In una conferenza
tenutasi a Juba il 30 settembre, lo SPLM/A e altri gruppi di opposizione del nord del paese
hanno annunciato le loro condizioni per una partecipazione alle elezioni nazionali. Tali
condizioni includevano il cambiamento delle leggi di sicurezza nazionale, l’indipendenza dei
mezzi di comunicazione e l’istituzione di una commissione su verità e riconciliazione. I
movimenti ribelli del Darfur hanno partecipato alla conferenza. Il 16 ottobre, il GoSS e il
governo centrale si sono accordati sulla definizione della soglia del 51 percento, come
valore di maggioranza necessario per stabilire l’indipendenza delle regioni meridionali (in
precedenza, il governo aveva posto tale limite sulla soglia del 90 o del 66 percento).
Nonostante alcune posizioni di accordo, la questione relativa alla soglia necessaria per
dichiarare l’indipendenza dal governo centrale è rimasta in parte controversa.
Come l’anno precedente, il GoSS ha continuato I suoi sforzi per il disarmo delle milizie
etniche. Nonostante questi sforzi, forti scontri etnici si sono avuti nello Stato del
Jonglei. Inoltre, la fragile situazione di sicurezza del sud del Sudan si è andata
progressivamente deteriorando, a causa delle azioni dello LRA - SPLM/A.
4. Conflitto tra gruppi etnici Murle, Lou-Nuer, Jikany-Nuer (Stato di Jonglei, Sud
Sudan)
Le tensioni crescenti tra i gruppi etnici Murle, Lou-Nuer e Jikany-Nuer, nello Stato di
Jonglei, nel sud del Sudan, riguardano i diritti di pascolo del bestiame e la questione
della distribuzione delle terre. Durante il 2009, a causa di tale conflitto, sono morte
circa 2000 persone. Oltre 250mila i profughi. La tensione nell’area è andata ulteriormente
crescendo, in funzione del diverso tipo di sostegno offerto da parte dei vari gruppi etnici
alle parti in causa, nel corso della guerra civile.
Il 29 gennaio, incursioni di gruppi Murle nei villaggi Lou-Nuer hanno provocato la
morte di 15 persone. I Murle si sono anche impadroniti di oltre 3000 capi di bestiame.
Dal 5 al 13 marzo, i Lou-Nuer si sono vendicati, attaccando gli accampamenti Murle a Gumuruk
Payam, nella contea di Pibor e nella città di Lekwangole, uccidendo circa 1000 persone e
distruggendo gran parte delle infrastrutture urbane. I Murle hanno accusato lo SPLM/A di
collusione con i Lou-Nuer, in quanto le vicine truppe dello SPLM/A non sono intervenute per
fermare la strage. Lo SPLM/A, dal canto suo, ha accusato il governo centrale di attizzare
le tensioni, rifornendo di munizioni i militanti dei gruppi Murle.
Il 18 aprile, gli attacchi dei Murle alle comunità Lou-Nuer nella contea di Akbo si sono
lasciati dietro un numero imprecisato di morti, compreso tra 170 e 300. A causa di tali
eventi, la Missione Onu UNMIS e lo SPLM/A hanno rafforzato la propria presenza nelle contee
di Akobo e Pibor.
Il 12 giugno, le milizie Jikany-Nuer hanno attaccato sul fiume Sobat un convoglio navale del
Programma Alimentare Mondiale (World Food program), nella convinzione che i battelli
stessero trasportando armi dirette a gruppi etnici ostili. Quaranta soldati dello SPLM/A, di
scorta al convoglio, sono morti in seguito all’attacco.
Il 2 agosto, almeno 185 persone, in gran parte donne e bambini, sono stati uccisi in seguito
all’attacco dei Murle, rivolto ad un villaggio di pescatori di etnia Lou-Nuer, sul fiume
Geni.
Il 20 settembre, i Lou-Nuer hanno bersagliato le truppe dello SPLM/A, nel villaggio di Duk
Padiet, provocando la morte di persone. Un’immediata azione di rappresaglia militare dello
SPLM/A ha provocato la morte di 85 persone.
Altri aggiornamenti sono disponibili nella Newsletter quindicinale della Campagna per il Sudan
- La storia del conflittoIn questa sezione vengono ripercorse le tappe fondamentali che hanno caratterizzato la storia di questo conflitto fino allo scorso anno
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