Informazione e luoghi comuni
Il 29 agosto scorso la Caritas italiana ha indirizzato agli organi d'informazione una lettera aperta che denuncia la superficialità nel migliore dei casi dei media nell'affrontare la crisi burundese e chiede un serio impegno per andare alle radici di un conflitto in corso da tre anni e sempre sull'orlo di precipitare verso una soluzione "alla ruandese". "L'impressione è che dietro la semplificante lettura etnica, si nasconda in realtà la nostra incapacità a comprendere le cose africane, la loro complessità, l'originalità dei rapporti politici, tradizionali, territoriali".
Quando il 25 luglio, dopo l'ennesima strage, un insieme complesso di forze burundesi ed estere ha affidato a Pierre Buyoya il compito di risolvere l'esplosiva situazione, i media si sono scatenati "sull'ennesimo golpe africano, con l'aggravante etnica predominante". Si chiede invece la Caritas: "Chi ha mai tentato di parlare del progetto della Banca mondiale a Bujumbura per il commercio dell'oro; della guerra per procura in tutto il continente tra Francia e USA; dei sostegni finanziari e logistici agli estremisti, ai vari Bagaza, Nyangoma, ai giovani squadristi? Chi finanzia i "media dell'odio"? In Burundi abbiamo assistito a un colpo di stato militare o all'ultimo tentativo del "paese reale" di arrestare un suicidio collettivo?". "Anche se il machete e i rozzi rastrellamenti possono ingannare, propaganda e azione militare, dichiarazioni politiche e comunicati di radio e giornali costituiscono un arsenale moderno e complesso a disposizione della lotta di potere, per il controllo delle masse, il depistaggio e la disinformazione telecomandata. Le pulizie etniche di molte colline o quartieri delle città sono state il risultato finale, l'obiettivo di ciò che molti (...) continuano a credere e a descrivere come la causa di questi moderni conflitti".
I firmatari della lettera M. Stabellini e P. Cereda, responsabili rispettivamente della Segreteria Burundi e del Programma Grandi laghi – chiedono quindi a Buyoya (che dovrà dare il via libera agli osservatori dei diritti umani), all'ONU e agli organi d'informazione di impegnarsi finalmente a spezzare il ciclo dell'impunità e ad assicurare i colpevoli, mandanti ed esecutori, alla giustizia.