Ha vinto, è morto
Il corpo di p. Thomas Anchanikal, gesuita, 46 anni, è stato trovato decapitato la mattina del 27 ottobre a Sirka, un villaggio nei pressi di Hazaribagh, stato Bihari dell'India. Negli ultimi diciotto mesi era stato a Manila per portare a termine gli studi di sociologia. Era da poco rientrato in India per raccogliere materiali utili alla sua tesi. Il 24 ottobre non è rientrato in comunità. La notte del 25 ottobre è arrivata ai padri gesuiti la notizia del suo rapimento a opera di un gruppo armato. Il sabato e la domenica sono stati tentati silenziosamente e inutilmente i contatti per sapere se vi fossero richieste di riscatto. "Mai abbiamo ricevuto minacce o avvertimenti da nessuna delle bande e abbiamo lavorato in pace negli ultimi 15 anni nei campi dell'educazione e della salute", scriverà il provinciale di Hazaribagh, p. E. Mudavassary. Lunedì 27 la macabra scoperta.
P. Anchanikal ha lavorato per sei anni nell'area di Hazaribagh, prima di interrompere per completare gli studi. La zona si trova nei pressi della Grand Truck Road, la storica e trafficatissima strada che dal Pakistan, passando per Varanasi (Benares), conduce a Calcutta. Lo stato del Bihari (95 milioni di abitanti) è il più povero e sottosviluppato dell'India, ancorché ricco di risorse minerarie. Il Gange, che lo attraversa per intero, è fonte di ricchezza, ma anche la causa di ripetuti disastri. L'analfabetismo è ai livelli più alti del paese: 62%. L'amministrazione statale è al collasso; professori e impiegati pubblici vengono pagati di tanto in tanto; corruzione e ricettazione sono sistema, e le forze dell'ordine non smentiscono lo standard. Il conflitto fra caste è qui ancora esplicito.
In questo contesto, p. Anchanikal ha lavorato dal 1988 con i dalits (gli "oppressi", categoria in cui ricadono i più poveri della casta sudra e gli harijan, gli "intoccabili"; cf. Regno-att. 6,1997,178). Su di essi, naturalmente, la povertà grava ancora più mortalmente.
P. Anchanikal aveva attivato la gente di Sirka ed era riuscito nel progetto di costruire una quindicina di scuole e alcuni ambulatori per i dalits. La sua azione, però, era anche "politica" e animava la denuncia della corruzione e la rivendicazione dei diritti di quella gente. Aveva raggiunto un obiettivo impensabile: due anni fa ha portato in tribunale la causa contro alcuni proprietari di casta superiore che si erano impadroniti degli appezzamenti della sua gente. Ha vinto.
Fra la gente che gira a taglieggiare i villaggi vestita da poliziotto, qualcuno, il 24 settembre, avrebbe riconosciuto in p. Anchanikal l'uomo che l'aveva mandato in prigione. Il "rituale" dell'assassinio lascerebbe intendere un "regolamento di conti".
La gente dei villaggi ha voluto partecipare al funerale di p. Anchanikal anche lasciando il lavoro. Sono arrivati in almeno 2.500 persone, oltre a 500 religiosi, 80 sacerdoti e 3 vescovi.