Nazionalismo in crescita
L’India che accoglie il papa nel prossimo novembre viene da un periodo di turbolenze nel quale si mescolano vortici di tipo politico a dinamiche di carattere etnico e religioso.
Il "continente", che ha da poco superato il miliardo di abitanti, da sempre conosce un andamento politico piuttosto movimentato, con governi che si succedono rapidamente, e le tensioni sociali, anche di natura religiosa e violente, hanno accompagnato tutta la storia della "democrazia più grande del mondo". Le recenti elezioni (5 settembre-3 ottobre) segnano una conferma delle tensioni (41 morti nel mese elettorale) e una modesta novità politica: per la prima volta il governo sfiduciato viene confermato dalla consultazione elettorale, sulla base di una coalizione definita prima del voto.
Alleanza democratica nazionale (NDA), la coalizione del governo di Atal Behari Vajpayee (24 partiti), guadagna 304 dei 537 seggi,1 garantendosi la maggioranza; di questi 182 sono stati guadagnati dal Bharatiya Janata Party (BJP, Partito del popolo indiano), la formazione di cui il candidato premier è il leader. Il Partito del Congresso, che ha candidato Sonia Gandhi, conosce il peggior risultato della sua storia e conquista solo 112 seggi. Al di là dell’affermazione personale, l’effetto della discussa candidatura della Gandhi e la sua campagna "silenziosa" non ottengono il risultato sperato, mentre invece Vajpayee ringrazia l’allora primo ministro pakistano Nawaz Sharif – ora deposto dal colpo di stato del gen. Pervaiz Musharraf – per il conflitto a fuoco perdente scatenato, quasi ad arte, nel Kashmir. Esce sconfitto il modello centralista rappresentato dal Partito del Congresso e viene premiato chi a livello di politica amministrativa ha fatto leva sulla nazionalità e, a livello culturale, sul nazionalismo: identità e località.
Le scaramucce nel Kashmir hanno soffiato sul fuoco della tensione con i musulmani, ma il sentimento nazionalista e hindu stava già da lungo tempo lievitando. Negli ultimi periodi, soprattutto durante il governo Vajpayee, le pressioni sociali e politiche verso i cristiani si sono intensificate e sono sfociate spesso in aperte violenze (cf., in proposito, la denuncia esplicita del presidente della Conferenza episcopale cattolica indiana – CBCI, mons. A.B. de Lastic su Regno-att. 2,1999,27s); l’uccisione di p. Arun Daras, il 2 settembre, ha avuto una certo eco sulla stampa, ma altri episodi di discriminazione e intolleranza si producono in silenzio. "Un’ondata di violenza senza precedenti si è scatenata tra 1997 e 1999 contro la comunità cristiana, provocata da elementi dell’Hindutva Parivar,2 formazione legata al partito di governo BJP" (Fides 17/09/99, 615). Durante la campagna elettorale episodi simili sono diventati ancora più frequenti. In un rapporto di 37 pagine (Politics by Other Means: Attacks Against Christians in India) l’organizzazione per la tutela di diritti umani Human Rights Watch (HRW) collega l’incremento delle violenze contro i cristiani all’approdo al potere del BJP. Tra il gennaio 1998 e il febbraio 1999 sono stati riportati 116 attacchi contro cristiani in quanto tali, la maggioranza dei quali nello stato del Gujarat, dove il BJP guida anche il governo locale.
Un sistematico attacco anticristiano
La CBCI, nella seduta del 14-15 settembre, aveva diramato un comunicato nel quale si legge che "gli attacchi contro i cristiani potrebbero sembrare sporadici, ma portano invece con sé la sistematicità caratteristica dei gruppi integralisti". Il comunicato concludeva invitando a "una risposta cristiana", caratterizzata da perdono e opera di riconciliazione. I cristiani vengono accusati di proselitismo, per via della loro azione civile a favore dei dalit (cittadini di casta bassa, ai quali, nel caso di conversione al cristianesimo, vengono negate alcune garanzia civili e amministrative: è ben difficile, in questo contesto, sostenere l’accusa!).
La CBCI e il Consiglio nazionale delle chiese protestanti sono intervenute, poco prima dell’inizio della lunga consultazione elettorale, anzitutto per invitare all’esercizio del diritto di voto (la percentuale complessiva ha superato di poco il 50%), poi per richiamare la responsabilità dei cristiani rispetto alla necessità di "combattere il fanatismo integralista". Il documento di parte cattolica, una guida in dieci punti, chiedeva di dare il proprio voto a quei candidati "che manifestino una "opzione preferenziale" per i poveri, gli aborigeni, le donne, i bambini, gli anziani e i portatori di handicap". Si segnala come preciso dovere dei politici l’impegno ad assicurare uguaglianza, giustizia e libertà a tutti gli indiani, riconoscendo e preservano l’aspetto multiculturale de multireligioso del paese.
Il 24 settembre, il presidente della CBCI ha inviato al primo ministro una lettera di protesta con la quale deplorava l’indifferenza del governo di fronte alle violenze di cui sono state vittima le comunità cristiane: "Non abbiamo visto alcuna reazione, né da parte vostra né da parte del vostro governo". Anche a governo dimissionario sono però continuate le vessazioni, che vanno dalle "inchieste" sull’azione politica dell’Istituto sociale indiano, gestito a Nuova Dehli dai gesuiti, alle aggressioni alle comunità religiose.3
Alle difficoltà di natura diplomatica (il nuovo nunzio non si è ancora insediato ufficialmente), si aggiungono, per il viaggio del papa, queste turbolenze di contesto. Il primo ministro Vajpayee andrà ad accogliere e salutare ufficialmente il papa: i moderati vedono un gesto che aiuti a fugare le accuse di intolleranza; alcuni gruppi fondamentalisti hindu hanno minacciato boicottaggi verso questo predicatore del cristianesimo "unica vera religione". Del resto, il dialogo interreligioso è tra i punti qualificanti (e dolenti) della chiesa in Asia, come ha rilevato il sinodo di cui il papa va a consegnare le conclusioni, e di una tuttora vivace dialettica fra la Chiesa d’India e Roma.
1 In realtà manca ancora l’assegnazione definitiva dei seggi, perché in 5 circoscrizioni del Bihar si voterà soltanto a fine ottobre, a causa delle inondazioni che hanno portato via anche le sezioni elettorali.
2 Hindutva Parivar è la destinataria di gran parte delle sovvenzioni di provenienza europea e USA e dirette a organizzazioni "non governative" indiane. Solo il4% di questi fondi vanno a ONG cristiane (cf. Fides 24.9.1999, 632). Il Vishwa Hindu Parishad, il Bajrang Dal e il Rashtriya Swayamsevak Sangh sono altri gruppi collegati al BJB, autori degli episodi di violenza a livello locale, perpetrati con sostanziale garanzia di impunità.
3 Anche il nome di Madre Teresa si presta a simbolo di una competizione latente, come a Cochin, nel cattolico Kerala, dove si stanno raccogliendo firme per dedicare a lei l’aeroporto internazionale; o come a Mangalore, dove il BJP ha chiesto di intestare a un autore locale, noto per la diffamazione del cristianesimo nella sua opera, una via che ora porta il nome di madre Teresa.