Strumenti di animazione

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

M.E. G.

Carcere e fame

"Il Regno" n. 10 del 1998

Venerdì 1° maggio, l'arcivescovo di Khartoum, mons. Gabriel Zubeir Wako è stato arrestato da agenti della polizia regolare e segreta nelle prime ore del mattino presso la residenza diocesana e trattenuto in carcere alcune ore. L'episodio è avvenuto a conclusione di un tortuoso iter giudiziario che aveva portato in tribunale mons. Zubeir, accusato dal mercante El Amin Nasr ed-Din di non aver pagato nell'anno 1988-1989 derrate alimentari destinate ai profughi per un valore di 30.136 dollari (37,6 milioni di lire circa).

Il 22 aprile scorso il giudice di Omdurman, Nahid Yunis, ha condannato il prelato al pagamento di 664.000 dollari (circa 830 milioni di lire) e alla confisca di 11 automezzi di proprietà della diocesi, in quanto quest'ultimo non è stato in grado di portare come prova le ricevute dei pagamenti in questione. Mons. Zubeir aveva affermato di essere al massimo disponibile a pagare la cifra originale, ma di non poter sottrarre ulteriori fondi per gli aiuti agli sfollati.

Il difensore del vescovo è ricorso in appello presso la Corte suprema, la cui sentenza di assoluzione è arrivata nelle stesse ore in cui veniva arrestato. Inoltre mons. Zubeir aveva fatto domanda al governo di poter partecipare in qualità di osservatore ai colloqui tra giunta militare al governo e guerriglia del sud a Nairobi (Kenia, 6-18.5.1998). Il governo ha opportunamente concesso risposta affermativa, subito dopo la sentenza del 22 aprile, chiedendo di rimandare ogni esecuzione della sentenza al ritorno del prelato da Nairobi. Il solerte giudice di Omdurman il giorno successivo emetteva un nuovo mandato di cattura per il prelato da effettuarsi "in qualunque momento".

La vertenza sembra essere conclusa sia perché la corte suprema ha pubblicato la sentenza con la quale è stato ritirato l'ordine d'arresto e cancellata l'ordinanza di esproprio dei mezzi della diocesi, sia perché al momento della scarcerazione, il vescovo avrebbe dichiarato la propria disponibilità a presentarsi presso la Corte suprema stessa per essere ascoltato in relazione ai fatti dei quali era stato accusato.

Tuttavia emerge l'ambiguità dell'azione ufficiale del governo islamico, che ha giocato la carta di un'immagine tollerante al tavolo negoziale di Nairobi, mentre in patria l'ala più intransigente ha tuttora ampio spazio di manovra, specialmente ora che è in discussione un nuovo progetto di Costituzione su cui si terrà un referendum; la discussione verte sul suo grado di conformità alla sharia. In particolare, è da tempo che si va tentando un'azione di distruzione dei beni della Chiesa cattolica usati per la tutela degli sfollati del sud, accusando la chiesa di ottenere credito presso la popolazione perché dotata di mezzi economici consistenti.

In tutto il 1997 il governo ha mandato mezzi per abbattere i centri cattolici (baracche multiuso per il ricovero dei rifugiati, la scuola dei ragazzi, le attività pastorali) in varie parti del paese, affermando che tali centri erano abusivi (cf. Regno-att. 18,1997,549). Inutili le proteste formali di mons. Zubeir. In particolare è da segnalare l'abbattimento a fine dicembre 1997 del Centro cattolico di Khartoum, che – tra l'altro – era il più importante circolo socio-culturale e sportivo della capitale. Il governo ha inoltre minacciato di chiudere altri centri cattolici del Sud.

Nella stessa linea il fratello del mercante accusatore di mons. Zubeir, con l'aiuto di un poliziotto aveva tentato il 12 aprile, 10 giorni prima della sentenza, di far arrestare mons. Zubeir. Il 3 maggio, due giorni dopo l'incarcerazione pattuglie della polizia hanno nuovamente tentato la confisca degli automezzi in varie parrocchie e la polizia segreta ha fatto irruzione nella cattedrale di Khartoum con l'ordine d'arresto per p. H. Boma, accusato di aver istigato i fedeli a raccogliersi attorno alla prigione durante la detenzione del loro arcivescovo, minacciando di liberarlo con la forza. Il padre, difeso dai fedeli, dovrà comunque presentarsi in commissariato per rispondere alle accuse.

La stampa di lingua araba il 4 maggio ha dal canto suo definito il comportamento del prelato come un "oltraggio alla corte", poiché non ha pagato la penale comminatagli dal tribunale di Omdurman. Alle accuse ha risposto un comunicato ufficiale della diocesi che ha ricostruito i fatti delle ultime settimane e le fasi del processo.

La situazione del Sud

Il negoziato a cui ha partecipato mons. Zubeir a Nairobi è patrocinato dall'Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD), l'ente che comprende Eritrea, Etiopia, Kenia, Sudan, Uganda, e che periodicamente riunisce le delegazioni per il governo sudanese e per la guerriglia del Sud nel tentativo di addivenire a una soluzione di una guerra che si trascina ormai da 15 anni. Poche sono le speranze poste nell'incontro, che avrebbe definito la possibilità di un referendum sull'autodeterminazione del Sud, i cui dettagli dovrebbero essere definiti nel prossimo incontro che si terrà in agosto; tuttavia non è stato concluso nessun accordo per un cessate il fuoco.

Le truppe del Sudan Peoplés Liberation Army (SPLA), la formazione guerrigliera del Sud, hanno subito numerose defezioni di gruppi che si sono alleati con le forze governative; tuttavia lo SPLA può contare sulle retrovie ugandesi e su un consistente aiuto militare e logistico fornito dall'Eritrea. La situazione sul campo non sembra però essere a una svolta. Vi sono stati intensi combattimenti nella regione di Bar el Ghazal; in particolare, a fine gennaio scorso, lo SPLA sembrava fosse riuscito a conquistare la centrale città di Wau, riconquistata pochi giorni dopo dall'esercito sudanese, anche se l'assedio dello SPLA non è cessato. L'intensificarsi dei combattimenti nella zona attorno a Wau ha costretto alla fuga, secondo i dati del Programma alimentare mondiale, circa 185.000 persone, in aiuto delle quali le organizzazioni umanitarie si erano mobilitate, ricevendo invece inizialmente il divieto da parte del governo di inviare aiuti in una zona strategica dal punto di vista militare; tale divieto sembra oggi essere stato revocato.

Inoltre, lo SPLA ha rivendicato un attentato aereo il 13 febbraio scorso, a bordo del quale vi erano 57 persone, 26 delle quali sono decedute: tra esse, anche il vicepresidente sudanese Al-Zubeir Mohammed Saleh, ufficiali di governo e un gruppo di ex leader dello SPLA che erano passati col governo.

Un dramma dimenticato

La guerra ha impedito l'attività agricola, ha moltiplicato i profughi, i poveri, gli orfani, in una situazione che per alcune regioni del sud è definita di vera e propria "tragedia" dai vescovi della Conferenza episcopale regionale del Sudan in un comunicato del 15 febbraio scorso. Ciò è inoltre aggravato dalla mancanza di acqua potabile, da una rete stradale deteriorata e dall'insicurezza in cui ci si trova a operare.

Secondo gli esperti si tratterebbe della più drammatica crisi alimentare che abbia mai toccato il Sudan dal 1983. Nei centri urbani del sud Sudan sarebbero 600.000 le persone colpite dalla fame, poco meno di 2 milioni nelle aree rurali e circa 200.000 nel nord Sudan. Mons. Cesare Mazzolari, amministratore apostolico della diocesi di Rumbek, descrive la popolazione come "alla disperata ricerca di qualcosa da mangiare, scheletri viventi abbandonati al proprio destino". Occorrono, cibo, acqua, medicinali e mezzi di trasporto.

"Abbiamo bisogno – affermano i vescovi – dell'aiuto della comunità internazionale. Il nostro appello a voi è di venire in soccorso della nostra gente senza indugio... La chiesa non può abbandonare questi nostri fratelli e sorelle che sono in uno stato di grande sofferenza".

articolo tratto da Il Regno logo


Footer

A cura di Caritas Italiana (tel. +39 06 66177001 - fax +39 06 66177602 - e-mail comunicazione@caritasitaliana.it) e Pax Christi (tel. +39 055 2020375 - fax +39 055 2020608 - e-mail info@paxchristi.it)