Messaggio all'IGAD
"E se Cristo venne venduto per trenta denari, il nostro popolo è stato sacrificato per qualche barile di petrolio. Il prolungarsi della guerra aumenterà la frammentazione del Sudan, le divisioni tribali e l'istintiva ricerca individuale di cibo, denaro e sicurezza, e provocherà un ulteriore aumento degli sfollati interni". È questo il passaggio chiave del messaggio che la Conferenza dei vescovi cattolici del Sudan ha rivolto, durante la propria assemblea annuale plenaria tenuta a Pesaro (1-21.9.2000) all'IGAD, l'organismo regionale che periodicamente tenta di negoziare all'interno del conflitto sudanese. Il testo, datato 15 settembre, è un'accusa circostanziata dell'azione di distruzione che il governo sudanese sta compiendo contro la popolazione cristiana, soprattutto con bombardamenti nella zona Sud. Ma esso mira anche a riportare l'attenzione su un conflitto che nei paesi occidentali sembra apparentemente dimenticato: "Abbiamo la netta sensazione che manchi la volontà politica di restaurare la pace" e che organismi come "l'ONU e l'Organizzazione per l'unità africana siano indifferenti… come se il Sudan non potesse essere considerato parte della famiglia delle nazioni". Ciò che rende la situazione particolarmente tragica è che l'estrazione del petrolio, rispetto alla quale numerosi paesi stranieri "si sono precipitosamente mostrati interessati", "alimenterà ulteriormente la guerra piuttosto che accelerarne la fine".
Sudan Catholic Bishops' Conference, Message to IGAD. Nostra traduzione dall'inglese.
La Conferenza dei vescovi cattolici del Sudan (SCBC), riunita a Pesaro, Italia, per la propria assemblea plenaria annuale (11-21.9.2000) e prima della canonizzazione della prima santa sudanese, la beata Josephine Bakhita che avrà luogo a Roma il 1 ottobre 2000, invia all'Agenzia intergovernamentale per lo sviluppo [Inter Governmental Agency for Development, IGAD; ne fanno parte: Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan e Uganda; ndr] e a tutti i suoi membri il seguente messaggio:
Signori,
noi vescovi sottoscritti, inviamo un sincero ringraziamento per tutte le acquisizioni che l'IGAD ha ottenuto da quando è stata istituita e per il suo tenace sostegno dato al dialogo tra le parti in conflitto in Sudan al fine di risolvere la guerra civile e di porre fine alle eterne e disumane condizioni di sofferenza del popolo sudanese.
La SCBC ha in passato sostenuto e continua oggi a sostenere il processo dell'IGAD. In modo particolare diamo il nostro appoggio alla posizione assunta dall'IGAD, cioè l'adozione di a una chiara Dichiarazione di principi che comprende appieno le questioni chiave utili al raggiungimento della pace in Sudan.
Se le parti in lotta tenessero fede agli obiettivi della Dichiarazione di principi vi sarebbe una robusta garanzia per una pace giusta e durevole. Per ottenere pace e stabilità, la SCBC chiede ai membri dell'IGAD di non mettere in secondo piano o tralasciare nessun articolo contenuto nella Dichiarazione di principi. Qualsiasi deviazione dalla Dichiarazione di principi metterà a rischio qualsiasi sforzo verso la riconciliazione e la coesistenza pacifica.
Nel nostro incontro di Pesaro ci siamo scambiati informazioni ed esperienze raccolte dall'intero territorio del Sudan. Siamo davvero turbati dal deterioramento delle condizioni di vita del popolo e dello stato delle cose che sta prendendo piede nel nostro paese. In questo contesto vorremmo sottoporre alla vostra attenzione le seguenti considerazioni.
1. Possediamo notizie attendibili riguardo a numerosi fatti che per continuità e frequenza ci stanno sfiancando. Il bombardamento della Scuola primaria di Kauda, avvenuto nei monti Nuba l'8 febbraio scorso, nel quale sono rimasti uccisi 20 alunni e il loro insegnante e altri 17 mutilati è uno di questi incidenti. Il bombardamento del campo di raccolta della Chiesa cattolica a Tonj nel Bahr el Ghazal, il 9 agosto è un altro. Una delle tre bombe è caduta ad appena due metri e mezzo dai due preti e da una dozzina di giovani che si erano radunati sotto un albero di mango. Solo la protezione di Dio ha impedito che qualcuno di essi rimanesse ferito visto che l'esplosione ha aperto un enorme cratere di 5 metri e ha scaraventato tutt'attorno resti e frammenti della bomba.
Potremmo portare riportare molti di questi avvenimenti che sono la prova della volontà di attaccare in maniera indiscriminata e premeditata obiettivi di tipo civile, e che sono avvenuti nel più totale disprezzo degli accordi bilaterali per il cessate il fuoco (cf. tabella in appendice).
2. Similmente, dopo la caduta di Gogrial il 24 giugno, tutte le proprietà dei civili sfollati sono state saccheggiate. I combattimenti sul terreno e i bombardamenti hanno provocato negli ultimi cinque mesi 442.000 sfollati nella regione di Bahr el Ghazal e circa 220.000 nella Zona unita, nelle regioni del Nilo blu e dell'Alto Nilo.
Questi avvenimenti hanno innalzato vertiginosamente il già alto numero di sfollati interni sudanesi, portandolo a 2,3 milioni.
3. A questi dati dobbiamo aggiungere un ampio numero di casi di violazioni dei diritti umani. In questa categoria possiamo elencare una lunga serie di atti di oppressione.
a) Nell'area di confine tra il Nord e il Sud Sudan abbiamo visto numerose persone mutilate e handicappate fisicamente, centinaia di orfani non accompagnati e un'innumerevole quantità di vittime della schiavitù psicologicamente traumatizzate.
b) Abbiamo notato ragazzine di 13 o 14 anni portare bambini nati da crudeli e umilianti atti di violenza e rapimento che segneranno per sempre la loro vita.
c) Un esempio comune di violazione dei diritti umani su scala sociale è il negare alla gente affamata la propria quantità di cibo. Una donna nel Bahr el Ghazal è stata costretta a vendere i pali che servivano a costruire la sua baracca per avere il denaro sufficiente per comprare la necessaria quantità di cibo per sé e per la propria famiglia.
d) A ritmo sempre più incalzante il governo del Sudan ha volutamente vietato alla comunità internazionale e alle organizzazioni non governative di raggiungere le aree che necessitano di un'assistenza umanitaria. Attualmente si stima che i sudanesi a rischio di morte per fame o insicurezza nella regione di Bahr el Ghazal, dei monti Nuba, del Nilo blu, dell'Alto Nilo e delle alture di Ingassana siano 1,2 milioni. Mentre scriviamo il governo del Sudan è l'unico decisore politico che può disporre dove e quando i carichi umanitari possono essere trasportati dall'Operazione Life-line Sudan (OLS), dalle agenzie di aiuto e dalla Chiesa ed esso è intervenuto ripetutamente bombardando indiscriminatamente i voli umanitari.
e) Rispetto alla libertà religiosa, è un fatto acclarato che le concessioni edilizie non sono date se si tratta di costruire chiese, scuole e cappelle mentre un numero sempre crescente di strutture della Chiesa sono state distrutte o confiscate dal governo, come ad esempio il Catholic Action Club di Khartoum o l'invasione della polizia nel Collegio Comboni di Khartoum e i maltrattamenti che il suo personale ecclesiastico ha subito.
4. Siamo costernati a causa dell'arruolamento forzato di adolescenti che, senza un'adeguata preparazione militare sono portati sulla linea del fronte dove vengono falcidiati senza un perché in un brutale scontro genocida in nome della jihad (guerra santa) o di un presunto e falso patriottismo.
Questa terribile situazione sta andando avanti da alcuni anni e non ci sembra di notare alcun significativo passo fatto in vista della fine del conflitto. In effetti, ogni giorno che passa sempre più innocenti vengono uccisi. Non vediamo alcun segnale proveniente dalle parti in guerra di un sforzo determinante verso una pace giusta e in tempi rapidi.
5. Abbiamo la netta sensazione che manchi da un lato la volontà politica di restaurare la pace e dall'altro vi siano ulteriori motivi per continuare la guerra.
Abbiamo l'impressione che l'ONU e l'Organizzazione per l'unità africana siano indifferenti rispetto alla situazione del Sudan come se non vi fossero soluzioni plausibili o se il Sudan non potesse essere considerato parte della famiglia delle nazioni.
Il conflitto del Sudan non è solo una questione nazionale. Sta destabilizzando i paesi confinanti, e presto potrebbe assumere dimensioni regionali e internazionali. Il conflitto del Sudan non è diverso da quelli in Kosovo, a Sarajevo, a Timor Est e in Sierra Leone dove le violazioni dei diritti umani hanno provocato un massiccio intervento internazionale.
6. Prevediamo che la produzione e la vendita del petrolio alimenterà ulteriormente la guerra piuttosto che accelerarne la fine.
Da quando diversi paesi si sono precipitosamente mostrati interessati a commerciare il petrolio con Khartoum, il governo sudanese ha perso interesse nella ricerca di una soluzione pacifica della guerra. Khartoum è ora interessata a una definizione militare aiutata in questo dai nuovi alleati che bramano la ricchezza derivante dal petrolio. Inoltre alcuni paesi stranieri stanno fornendo aiuto al governo sudanese per spostare popoli dalla loro terra ancestrale per facilitare lo sfruttamento dei pozzi petroliferi. Siamo convinti che i ricavi petroliferi non saranno usati per il benessere dei sudanesi. Il fatto che un innumerevole quantità di impiegati statali sia rimasto senza stipendio per parecchi mesi ne è una prova.
E se Cristo venne venduto per trenta denari, il nostro popolo è stato sacrificato per qualche barile di petrolio. Il prolungarsi della guerra aumenterà la frammentazione del Sudan, le divisioni tribali e l'istintiva ricerca individuale di cibo, denaro e sicurezza, e provocherà un ulteriore aumento degli sfollati interni. Presumibilmente questa situazione è sfruttata e perpetuata da coloro che hanno optato per una soluzione militare.
Dall'analisi sin qui fatta noi vescovi cattolici del Sudan sottoponiamo ai paesi membri dell'IGAD le seguenti considerazioni.
I. Dal momento che sotto gli auspici dell'IGAD si sta cercando una soluzione giusta e pacifica dev'essere adottato e attuato immediatamente un cessate il fuoco.
II. Ogni aiuto umanitario deve poter essere convogliato dall'ONU, dalle organizzazioni non governative e dalle Chiese lungo zone di volo demilitarizzate e in corridoi designati, strettamente monitorati dall'ONU.
III. Ogni parte coinvolta nella guerra deve tener fede al principio del rispetto della dignità umana di tutti i cittadini.
IV. Al fine di garantire i precedenti punti è di fondamentale importanza che gruppi di osservatori dell'ONU siano presenti sul campo.
V. Desideriamo assicurare a ciascun membro dell'IGAD che noi, responsabili della Chiesa in Sudan, appoggiamo pienamente la loro iniziativa alla ricerca di giustizia e pace in Sudan. Innanzitutto, diamo pieno appoggio alla Dichiarazione di principi nella sua interezza come l'unico mezzo per ottenere una pace giusta e duratura. Infine siamo pienamente fiduciosi nel fatto che i membri dell'IGAD aderiranno e daranno sostegno alla realizzazione della Dichiarazione di principi. Noi la riteniamo una cosa molto saggia e un beneficio sul lungo termine per il Sudan.
VI. Crediamo fermamente che tutti i confini nazionali e la sovranità di uno stato cessano di esistere non appena uno stato commette volontariamente un crimine contro la propria popolazione.
VII. In questo caso chiediamo che l'ONU, l'Organizzazione per l'unità africana, gli Stati Uniti, la Comunità Europea e le organizzazioni non governative internazionali possano venire in soccorso della popolazione per impedire un imminente genocidio.
VIII. Siamo convinti che i benefici derivanti dalla produzione del petrolio non sono condivisi per lo sviluppo del Sud e delle altre aree marginalizzate. Temiamo infatti che questa ricchezza causi una crescita del conflitto.
Noi membri della SCBC, mentre ringraziamo i membri dell'IGAD per gli sforzi compiuti, vi chiediamo di riprendere i negoziati il più presto possibile e di portarli a termine. Qualsiasi altra ulteriore ipotesi di soluzione che non rispetti la Dichiarazione di principi sarebbe solamente una perdita di tempo.
Che Dio vi benedica.
Pesaro, 15 settembre 2000
(seguono le firme)
Appendice: Bombardamenti aerei di obiettivi civili in Sudan compiuti dal governo del Sudan nell'agosto 2000.