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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Francesco Strazzari

Curdi in Iraq: unità per il mio popolo

"Il Regno" n. 4 del 1998

Mons. Binjamin Raphael è vicario generale di Erbile. Eccellenza, lei proviene dalla regione del Kurdistan, e dei curdi si parla nuovamente in questi giorni. Qual è la situazione dei curdi in Iraq?

"Nel 1970 ai curdi dell'Iraq venne concessa una specie di autonomia, ma molti non ne furono soddisfatti. Per questo ci furono tumulti e manifestazioni di protesta. Oggi nella regione del Kurdistan esiste un parlamento con dei ministeri e la capitale è Erbil, che è anche diocesi con più di 12.000 caldei cattolici".

I curdi sono divisi

– Perché la gente lascia il paese?

"Non perché non vi sia libertà dal punto di vista politico, ma perché non c'è lavoro. Oggi non c'è guerra, ma non c'è neppure sicurezza e non c'è prospettiva di futuro. Sono trent'anni che si vive in una situazione d'insicurezza".

– Dovuta a che cosa?

"Il Kurdistan è diviso in tre province controllate da due grandi partiti: il PDK di Barazani e l'UPK di Talabani. Entrambe le fazioni si sono date una struttura con tanto di primo ministro e consiglio dei ministri. Sono l'una contro l'altra. Oltre a questi due partiti principali vi sono altre diciassette formazioni minori. Tre partiti sono cristiani, alcuni fondamentalisti e altri d'ispirazione marxista. È la grande frammentazione che vi regna a inquietare la popolazione. Vi sono poi dialetti diversi. Non c'è quindi omogeneità e questo non fa che peggiorare la situazione di disagio".

– E la chiesa?

"Ha di mira solamente il bene della popolazione, soffre dei contrasti interni e si adopera per la riconciliazione".

– È noto come tanto l'Iraq quanto la Turchia siano nettamente contrari alla costituzione di uno stato curdo indipendente. E spesso entrambi i paesi hanno usato l'esercito contro le rispettive popolazioni curde.

"Da sette anni l'Iraq non reprime in nessun modo i curdi del suo territorio. Di tanto in tanto vi sono delle tensioni. L'esercito iracheno è entrato a Erbil con l'autorizzazione di una delle due fazioni curde, quella di Barazani. A Erbil c'è Talabani ed è per questo che l'esercito iracheno ha dovuto usare la forza per entrarvi".

– Talabani è legato all'Iran?

"Lo si diceva. Mi pare che sia legato piuttosto alla Siria, mentre è risaputo che il partito di Barazani è legato all'Iraq".

I curdi emigrati in Europa sono tutti rifugiati politici?

"Negli anni ottanta era così, ma ora non mi pare. Coloro che se ne vanno non lo fanno per motivi politici, ma per cercare lavoro e sicurezza altrove".

Soprattutto i curdi residenti in Germania denunciano l'oppressione nei loro paesi d'origine.

"Sono i curdi provenienti dalla Turchia, dove di fatto vi sono bombardamenti e azioni militari, tanto che l'esercito turco è penetrato fin nel Kurdistan iracheno alla caccia dei curdi turchi.

Tutta questa terra è un vulcano in ebollizione. Ho posto la domanda a Barazani, che ho incontrato in occasione delle feste di Natale: "Gli Stati Uniti vi permetteranno di essere un paese indipendente?". Mi ha risposto di no. È l'America che non vuole che il Kurdistan sia uno stato indipendente. Vale la pena ricordare che esiste un progetto di divisione dell'intero Iraq in tre parti: il Kurdistan al nord, il centro, e il sud popolato dagli sciiti. È la Turchia che semina contrasti, riproponendo la tesi che Mossul le appartiene. La Turchia vuole tutto il Kurdistan iracheno con le città di Mossul, Erbil, Kirkuk: si tratta di un'area molto ricca di petrolio. Lo reclama continuamente adducendo la motivazione che Mossul era una provincia dell'impero ottomano. Come vede, la situazione è molto complicata".

– Quanti sono i curdi iracheni?

"Circa tre milioni. In Turchia sono all'incirca dieci milioni. E poi ci sono quelli in Iran".

– Qual è l'identità del popolo curdo?

"È un popolo che è vissuto per secoli sulle montagne e che a poco a poco si è affacciato sulla scena mondiale chiedendo una sua organizzazione specifica e autonomia. Per raggiungere lo scopo vi sono state rivolte contro il governo iracheno, soprattutto durante la guerra del Golfo".

Migliori relazioni con Baghdad

– Gli oppositori al regime di Saddam si trovano tra i curdi iracheni?

"Una volta sì, adesso si trovano in Siria, in Giordania e altrove. In una riunione è stato chiesto a Barazani: qual è lo scopo della vostra azione? Ci date più possibilità di benessere con l'indipendenza dall'Iraq? Al momento attuale non si ha una risposta convincente".

– Chi è Barazani?

"Il padre dell'attuale leader del PDK fu il primo a mettersi contro il governo di Baghdad, oltre trent'anni fa. Il figlio si rifà all'azione del padre. È una persona molto intelligente e dotata. Vuole la pace e lotta per l'indipendenza della regione, sempre che l'America glielo consenta".

– E Talabani?

"È una persona di vasta cultura, avvocato, ha molteplici relazioni internazionali, compreso il Vaticano. In occasione della visita del papa in Libano ha inviato al pontefice un telegramma, al quale il Vaticano ha risposto".

– Ma che cosa vuole Barazani e cosa Talabani?

"Entrambi vogliono l'indipendenza del Kurdistan. Hanno lo stesso scopo. Entrambi vogliono il potere. Ho più volte detto loro che la vera questione del Kudistan è il popolo e non il potere dell'uno o dell'altro. Devono capire che si tratta di una lotta per il popolo e non per la leadership".

Ma il popolo vuole veramente l'indipendenza?

"Certamente. Un'indipendenza che gli consenta di vivere in pace, in libertà, con rapporti sereni con il governo di Baghdad. Voi in Europa pensate che il popolo curdo sia un popolo selvaggio. Non è affatto vero. Io sono curdo e me ne vanto. Peccato che molti curdi di grande valore e cultura se ne vadano all'estero. È una perdita grave per il Kurdistan".

– È impensabile un Kurdistan unito?

"Per il momento sì. Vi sono troppe fazioni e contrasti anche ideologici. Le due fazioni irachene si combattono e in Turchia le diverse fazioni non sono da meno".

– Che pensano i curdi iracheni di Saddam?

"Dipende dalle persone. Ora da noi non si parla più di Saddam. Un tempo sì e si era decisamente contrari. Si voleva il rovesciamento del regime, ora no. Vogliamo relazioni pacifiche e amichevoli. Quello che vogliamo è un giusto rapporto con il governo centrale di Baghdad, chiunque ne tenga le redini".

– Si dice che siano gli Stati Uniti a provocare tensioni al vostro interno.

"È vero. Gli Stati Uniti fanno i loro interessi".

Con l'islam reciproco rispetto

– Com'è la situazione dei cristiani in rapporto all'islam?

"Vi sono dei partiti islamici fanatici. Qualche anno fa, due cristiani sono stati uccisi da un musulmano. Poi è ritornata la calma per interessamento di Barazani, che ha preso parte ai funerali degli uccisi".

– La comunità cristiana può lavorare in pace?

"Ha tutta la libertà per farlo. La notte di Natale c'è stata una celebrazione assai partecipata. È una comunità che vuole vivere in pace con i musulmani. All'inizio del Ramadam abbiamo mandato loro un messaggio, facendo voti per la preghiera e il digiuno. Partecipiamo alle loro ricorrenze e loro fanno altrettanto. Siamo in relazioni molto buone e amichevoli. Talabani, durante le feste di Natale, è venuto a farci gli auguri con tutti i ministri. Così hanno fatto anche gli altri partiti. Vi sono attualmente tre ministri cristiani nel governo Barazani e altri cristiani occupano posti di responsabilità. Come lei vede, è una comunità che cerca la pace, mantiene rapporti amichevoli con i musulmani, lotta perché la popolazione abbia serenità e benessere. Ma non tutto dipende da noi".


articolo tratto da Il Regno logo

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