Dopo l’11 settembre 2001
Vi sono «criteri diversi rispetto all’applicazione delle norme della guerra giusta in casi particolari, specialmente quando gli avvenimenti evolvono rapidamente e i fatti non sono del tutto chiari»: in questa affermazione è racchiusa tutta la complessità del lavoro di mediazione tra posizioni contrapposte, affrontato sul tema della possibile guerra dall’assemblea autunnale della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (11-14.11.2002). Il 13 novembre essa ha approvato una Dichiarazione sull’Iraq, il cui nucleo argomentativo è: «In base alle nostre attuali conoscenze continuiamo a ritenere che sia difficile giustificare il ricorso alla guerra contro l’Iraq, mancando una prova chiara e adeguata di un imminente attacco di grave natura». Questa motivazione è condivisa anche da altri episcopati, come Inghilterra e Francia ed esplicitamente richiamata dall’Assemblea generale del Consiglio nazionale delle Chiese di Cristo negli USA, riunita a Tampa (Florida, 14-16.11.2002; cf. anche Regno-att. 18,2002,653). Essa il 16 ha approvato una dichiarazione intitolata Dopo l’11 settembre 2001: considerazioni di politica pubblica per gli Stati Uniti d’America, in cui, oltre a dire il suo «no» alla guerra, rimprovera all’amministrazione statunitense una linea politica, in nome della «guerra al terrorismo», lesiva dei diritti umani per il ricorso a strumenti di controllo che metterebbero a rischio le libertà civili, «nobile patrimonio» del paese.
Originali: stampe (18.11.2002) da siti Internet: www.usccb.org e www.ncccusa.org. Nostre traduzioni dall’inglese.
considerazioni di politica pubblica per gli Stati Uniti d’America
Riflessioni del Consiglio nazionale delle Chiese di Cristo
Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti hanno provocato profondi cambiamenti nel nostro paese e nel mondo. E tuttavia i principi fondamentali sui quali noi, Consiglio nazionale delle Chiese di Cristo negli Stati Uniti (NCCCUSA), basiamo il nostro lavoro per la pace, la giustizia e la sicurezza restano immutati. Nella dichiarazione programmatica del 1999, intitolata Pilastri di pace per il XXI secolo, affermavamo: «La fede cristiana e la comunità cristiana sono basate sulla concezione teologica della loro intima natura globale. Il fondamento del coinvolgimento della Chiesa nella ricerca della pace e della giustizia a livello mondiale è costituito da queste credenze basate sulla Bibbia: 1) la sovranità trascendente e l’amore di Dio per tutta la creazione e l’espressione di quest’amore nell’incarnazione di Gesù Cristo, la cui missione è stata quella di rivelare la comprensione di questa divina presenza, proclamare un messaggio di salvezza e portare giustizia e pace; 2) l’unità della creazione e l’uguaglianza di tutte le razze e tutti i popoli; 3) la dignità e il valore di ogni uomo come figlio di Dio; 4) la Chiesa, corpo dei credenti, la cui missione universale di testimonianza, pacificazione e riconciliazione testimonia l’azione di Dio nella storia».
Riaffermando in questo modo la nostra fede, a oltre un anno di distanza dalla tragedia dell’11 settembre 2001, offriamo le seguenti riflessioni.
Celebriamo e ringraziamo Dio per il coraggio, il servizio disinteressato, l’impegno e la generosità dei nostri leader, degli operatori del servizio pubblico e di tutte le altre innumerevoli persone che non saranno mai conosciute, che hanno risposto a questa crisi con la propria vita, il proprio lavoro, le proprie risorse e la propria compassione. Esprimiamo una particolare gratitudine al presidente George W. Bush, alla first lady Laura Bush e agli altri leader a livello nazionale, statale e locale per i loro sforzi nella promozione del rispetto per la diversità religiosa a livello nazionale e internazionale, in particolare per averlo esteso anche alla comunità musulmana.
La crescita del militarismo e l’escalation della violenza
A distanza di oltre un anno, siamo molto preoccupati per il sorgere del militarismo e la crescita della violenza. Ci preoccupa, in particolare, la possibilità di un intervento militare contro l’Iraq. La risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul disarmo dell’Iraq, adottata l’8 novembre 2002 (cf. qui a p.712), ci incoraggia, anche se continua a preoccuparci il persistere della minaccia del governo degli Stati Uniti di scendere in guerra con o senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Ci preoccupa anche la riluttanza degli Stati Uniti a utilizzare la propria influenza per la promozione di una pace duratura nel Medio Oriente, soprattutto nel persistente conflitto fra gli israeliani e i palestinesi.
Il presidente e gli altri membri del governo degli Stati Uniti dividono enfaticamente nei loro discorsi gli stati e i popoli in «buoni» e «cattivi». Il fatto di demonizzare gli avversari o i nemici nega la loro fondamentale dignità e contraddice la fede cristiana nella dignità e nel valore di ogni uomo come figlio di Dio. Inoltre, un tale approccio a problemi complessi e difficili dilemmi rischia di provocare maggiore insicurezza, paura, odio, violenza fra gli stati e i popoli, condizioni che potrebbero favorire altri atti di terrorismo.
Violazioni dei diritti umani
Nel perseguimento della «guerra al terrorismo» sono stati sacrificati i principi della giustizia, dell’equità e della responsabilità. Il Consiglio delle Chiese USA è preoccupato per i procedimenti extragiudiziari e gli impedimenti alle libertà civili fondamentali adottati dagli organi di sicurezza governativi. Fra le molte iniziative che causano queste preoccupazioni ricordiamo, in particolare, che il Dipartimento della giustizia ha rifiutato la pubblicazione dei nomi dei detenuti, ha imposto procedure segrete in materia d’immigrazione e lunghe detenzioni e ha concesso ampi poteri di sorveglianza agli organi investigativi. Le organizzazioni che si occupano dei diritti civili hanno espresso la loro profonda preoccupazione di fronte all’evidente profilo razziale delle persone arbitrariamente detenute e indagate. Il fatto che persone siano detenute segretamente, senza contatti con un avvocato, senza un processo e spesso senza alcun contatto con le proprie famiglie mina i principi costituzionali fondamentali dell’Habeas corpus (diritto ad avere un capo d’imputazione), della presunzione d’innocenza e del debito processo.
Potere e unilateralismo degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti dominano il mondo militarmente e cercano sempre più di farlo anche politicamente. Il Consiglio delle Chiese USA è particolarmente preoccupato per il fatto che gli Stati Uniti sono sempre più militaristici nella scelta degli obiettivi e unilaterali nel perseguimento degli obiettivi politici ed economici. Il Consiglio delle Chiese USA continua a essere amareggiato per il rifiuto degli Stati Uniti di saldare i propri conti arretrati alle Nazioni unite, per l’indisponibilità a essere tra i firmatari della Corte penale internazionale, per la riluttanza a onorare i trattati di messa al bando dei test missilistici e altri accordi internazionali che limiterebbero l’aumento degli arsenali militari e per i tentativi selettivi di assicurare l’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Siamo particolarmente amareggiati quando sentiamo parlare di risposte militari ai problemi politici globali. Chiediamo un’intensificazione degli sforzi per utilizzare tutti i canali diplomatici e tutti gli altri canali internazionali per assicurare la pace con la giustizia.
Religione e violenza
Coloro che furono uccisi l’11 settembre 2001 provenivano da molti paesi e da molte comunità religiose. E tuttavia coloro che hanno attaccato gli Stati Uniti l’11 settembre 2001 pretesero di farlo per una motivazione religiosa. Alla fine del XX e all’inizio del XXI secolo, come in epoche precedenti, la religione viene usata sempre più per legittimare la violenza, l’aggressione, la guerra e il terrorismo. Ora più che mai, il mondo ha bisogno di comunità religiose che sappiano lavorare insieme per la pace con la giustizia. Tutte le religioni offrono un fondamento su cui costruire comunità umane nelle quali tutti possono realizzarsi, sia credenti sia non credenti.
Cittadini e cristiani
Come cittadini e residenti negli Stati Uniti d’America noi ringraziamo Dio per le copiose benedizioni di questa terra buona e ricca e per il nostro nobile patrimonio di democrazia, tolleranza, libertà religiosa e diritti umani. Speriamo, sogniamo e lavoriamo per il giorno in cui ciascuno nel nostro paese potrà partecipare pienamente a questa prosperità e libertà. L’amore del nostro paese e la dedizione a esso richiede che ci riteniamo, noi e i nostri capi, responsabili dei più alti principi e livelli di una società democratica nella quale il benessere di ogni persona è la preoccupazione di tutti. Come cristiani, poniamo la nostra sicurezza nelle mani di Gesù Cristo e nella testimonianza biblica che dice: «Chi teme non è perfetto nell’amore» (1Gv 4,18a).
A tale scopo preghiamo: «O Cristo, nostro Dio, autore della vita e datore di pace, guidaci affinché possiamo camminare nelle vie della tua giustizia e giungere al paradiso della vita e della salvezza in pace, per la tua misericordia. Poiché tu sei il nostro aiuto e il nostro liberatore e a te si addice la gloria, il dominio e l’onore, ora e per sempre e per i secoli eterni. Amen» (colletta dell’Ufficio armeno del mattino).
In risposta alle nuove situazioni mondiali prodotte dagli attacchi terroristici dell’11 settembre e dalla conseguente «guerra al terrorismo», per mettere in pratica il nostro impegno di fede nei riguardi della pace e della giustizia, noi, Assemblea generale del Consiglio nazionale delle Chiese di Cristo negli USA, riuniti a Tampa, Florida, il 16 novembre 2002, decidiamo quanto segue:
1. raccomandare al presidente George W. Bush e al segretario di stato Colin Powell di operare attraverso le Nazioni unite per ottenere una risoluzione del Consiglio di sicurezza nella quale si chieda all’Iraq di ottemperare ai suoi obblighi di disarmo in base alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza attinenti;
2. fare pressione presso il presidente Bush e il Congresso degli Stati Uniti perché facciano tutto il possibile, senza scendere in guerra, per garantire il rispetto da parte dell’Iraq della risoluzione delle Nazioni Unite adottata l’8 novembre 2002;
3. fare pressione presso il presidente Bush e il Congresso degli Stati Uniti perché insistano per ottenere il rispetto da parte di Israele di tutte le principali risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite attinenti;
4. fare pressione presso il presidente Bush e il Congresso degli Stati Uniti perché saldino gli arretrati alle Nazioni Unite e impegnino nuovamente gli Stati Uniti presso le istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e perché sviluppino un sistema di sicurezza comune a tutto il mondo;
5. fare pressione presso il governo degli Stati Uniti perché giochi un ruolo attivo per una risoluzione pacifica e giusta del conflitto israelo–palestinese nel quadro delle Nazioni Unite in conformità con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; e
6. che questa dichiarazione sia comunicata al presidente George W. Bush e ai membri del Congresso;
7. fare pressione presso le nostre comunioni e Chiese membri di operare per la pace e la giustizia nelle nostre relazioni con l’Iraq e con Israele e la Palestina.
Raccomandazioni al NCC e alle comunioni membri
– I capi di comunione in seno al Consiglio delle Chiese USA cerchino un incontro con il presidente e altri membri appropriati della sua amministrazione per comunicare le preoccupazioni discusse in questa dichiarazione;
– le comunioni membri continuino ad aiutare le proprie congregazioni a comprendere e a esprimere le preoccupazioni per la pace e la giustizia a livello mondiale in conseguenza dell’11 settembre 2001, servendosi di questa dichiarazione come riferimento;
– le comunioni membri continuino a lavorare insieme per aiutare le proprie congregazioni: a) a far fronte alla paura, all’ansia, alla collera e al senso di vulnerabilità che questi attacchi provocano; b) ad aiutare ad attrezzare le congregazioni locali per discussioni pubbliche e dibattiti politici su adeguate risposte alle minacce alla sicurezza nazionale; c) aiutare le proprie congregazioni a comprendere le ripercussioni che questi attacchi hanno avuto in molti paesi nel mondo intero e gli effetti sull’attività del Church World Service, specialmente nell’Asia meridionale;
– le comunioni membri si accordino fra loro per chiedere politiche pubbliche degli Stati Uniti che potenzino un’autentica cooperazione internazionale, stabiliscano le basi per adeguati sistemi di sicurezza comune, promuovano mezzi non violenti di risoluzione dei conflitti e la giustizia per tutti; in particolare, le comunioni membri dovrebbero chiedere al governo degli Stati Uniti di rispettare i principi del diritto internazionale e dei diritti umani attualmente in vigore, specialmente in materia d’immigrazione e diritti dei detenuti;
– le comunioni membri partecipino pienamente al decennio per il superamento della violenza del Consiglio ecumenico delle Chiese, Chiese in cerca di riconciliazione e di pace, 20001–2010, come uno strumento per affrontare questi temi;
– le comunioni membri invitino persone di altre comunità di fede a lavorare insieme per impegnarsi in quest’opera di promozione;
– le comunioni membri invitino i loro partner esteri ad aiutare a spiegare alle Chiese e ai cittadini degli Stati Uniti le conseguenze della «guerra al terrorismo» per le persone e i paesi in tutto il mondo.
Documento base: 11 settembre e sue conseguenze (qui omesso, ndr)
16 novembre 2002