Strage raccontata e compiuta
Il sangue versato alla moschea di Hebron, parabola di Purim
Quella di Purim è una festa ebraica singolare. Essa rievoca la storia favolosa del re Assuero e del tentato sterminio degli ebrei tramato da Aman e sventato a opera della regina Ester e del pio Mardocheo. Ester, fanciulla ebrea imprevedibilmente salita alla dignità regale, è dapprima consigliata a dissimulare le proprie origini (Est 2,14). Ma ecco sorgere improvviso un pericolo supremo per il suo popolo. Aman infatti si reca dal re Assuero e gli dice: «C’è un piccolo popolo disseminato ma distinto tra i popoli di tutte le province del tuo regno, hanno leggi diverse da tutti gli altri popoli e non osservano le leggi del re... Se sembra bene al re, sia prescritto di distruggerli e io pagherò diecimila talenti d’argento nelle mani dei funzionari dl re» (Est 3,8-9).
Di fronte a questa estrema minaccia Ester, seguendo il consiglio di Mardocheo, parla al re ed ecco si rovesciano le sorti (purim vuol dire appunto «sorti») e tutto il male tramato contro gli ebrei si rovescia contro Aman e i suoi dieci figli. Non solo; agli ebrei è anche lasciata mano libera per intervenire contro coloro che li minacciavano. E così uccidono nella capitale cinquecento persone e in seguito altre trecento, e nelle province ben settantacinquemila. E tutta questa carneficina non impedisce loro di dedicarsi, dopo essersi riposati, a sontuosi banchetti (Est 9,5-18).
Nel testo ebraico del libro di Ester, caso unico in tutta la Bibbia, non appare mai la parola «Dio». In esso la presenza di Dio è dissimulata, così come a lungo lo è stata l’identità della regina. E più volte, pur non essendo questo l’etimo autentico, nella tradizione si è accostato il nome di Ester alla radice verbale ebraica str, che ha significato appunto di «nascondersi», «occultarsi».
La festa di Purim, che ricorda gli avvenimenti qui richiamati, è diventata popolarissima tra gli ebrei. In essa non solo si legge il rotolo di Ester, ma si fa anche baldoria, ci si maschera, si mettono in scena speciali spettacoli (detti Purimspiel) e si mangiano frittelle chiamate «orecchi di Aman». La dissimulazione e l’eccesso sono propri di questa festa che commemora una salvezza conseguita attraverso l’abilità (Mardocheo) e il fascino (Ester) umani, non mediante l’intervento liberatore del «dito di Dio».
Per molto tempo, per le comunità ebraiche disseminate nel mondo è stata eventualità rarissima quella di essere di fronte a pericoli destinati a sciogliersi come neve al sole. E perciò in molti posti ogni repentino cambio di sorti dava occasione per instaurare un altro piccolo Purim locale che si affiancava a quello grande, celebrato nel mese di Adar (febbraio-marzo). In tutti i Purim comunque lo spirito della festa e il mondo capovolto, in cui diviene lecito l’eccesso, restano legati alla dinamica della finzione e della dissimulazione. In quel giorno si deve bere, come dice il Talmud, fino al punto da non saper più se si sta benedicendo Mardocheo o maledicendo Aman (b. Meghillà, 7b), cioè fino a non saper più chi abbia ragione e chi abbia torto. Ma tutto ciò avviene in un contesto circoscritto dalla proverbiale convinzione che «non in tutti i Purim avviene un miracolo».
All’alba della festa di Purim del 5754 (1994), Barukh Goldstein, medico di New York e colono a Kyriat Arba, penetra nella moschea di Ebron. Là giunto apre il fuoco contro coloro che sono prostrati in preghiera di fronte al loro Dio. Anche lui compie così una specie di strage preventiva contro presunti nemici. Lui vuole rievocare fino in fondo Purim, assassinio di massa compreso. La festa in cui è lecita la follia si tramuta così nella follia di chi vuol prendere sul serio la vendetta per uno sterminio neppure commesso e che può essere rievocata solo all’insegna del racconto e della dissimulazione. A Purim si mangiano frittelle reali per averla vinta sui nemici simbolici. Le tradizioni religiose, o almeno i loro membri, quando non sanno più esorcizzare la violenza raccontando, dissimulando e persino imprecando, sono presi da una follia vera, la quale, come ai tempi di re Assuero, può più facilmente scoppiare quando le autorità politiche non agiscono in anticipo perché le occasioni di violenza siano ridotte al minimo.
Il sangue versato da Barukh Goldstein ha, inevitabilmente, prodotto il versamento di altro sangue e ha così contribuito a diminuire sulla terra l’immagine di Dio. Chiunque spande il sangue, infatti, è come se diminuisse l’immagine del Signore impressa in ogni uomo (cf. Gen 9,6). La violenza compiuta in questi ultimi tempi da e su musulmani, cristiani ed ebrei ha impoverito davanti agli occhi del mondo intero l’immagine di Dio, confermando così che, quando le tradizioni religiose, o almeno i loro membri, impazziscono, compiono una violenza reale, diventata brutale proprio perché ormai incapace di esorcizzare lo scontro raccontando e dissimulando.
A partire dal 5754 per celebrare la festa di Purim e per leggere l’unico libro biblico in cui Dio non è mai nominato, bisognerà indossare maschere ancora più spesse.