Lo status di Gerusalemme
"A nome del santo padre e insieme al patriarca dico a tutti voi: …aiutiamo il mondo e quanti vi detengono il potere a ricordare Gerusalemme e a comprendere che per la sua salvezza non dovrebbe essere impossibile renderla definitivamente un luogo di incontro, di armonia e di pace. È mia grande speranza che gli episcopati del mondo diventino "ambasciatori" di Gerusalemme nell'ambito delle chiese locali, nelle vostre rispettive nazioni e società, presso le loro istituzioni e autorità". È la conclusione dell'intervento dell'arcivescovo Jean-Louis Tauran, segretario vaticano per i rapporti con gli stati, al Simposio di presidenti e delegati di Conferenze episcopali cattoliche su Gerusalemme svoltosi il 26-27 ottobre scorsi, presso la sede del Patriarcato latino.
È anche la sintesi del significato ecclesiale e politico del simposio, convocato dal patriarca M. Sabbah in vista della possibile conclusione del negoziato diplomatico israeliano-palestinese su Gerusalemme, e che non ha potuto che ribadire la posizione ripetutamente espressa in proposito dalla Santa Sede e condivisa da tutti i capi delle chiese cristiane di Gerusalemme attraverso il Memorandum del 1994 (Regno-doc. 1,1995,21): che Gerusalemme "venga tutelata da uno statuto speciale internazionalmente garantito". Cf. anche: riquadro a p. 00; Regno-att. 20,1998,660 e in questo numero a p. 22.
L'Osservatore romano 2-3.11.1998, 8.
È Gerusalemme che ci ha riunito, è Gerusalemme che ci esorta a guardare al futuro, ed è Gerusalemme, ancora una volta, che desidera rivelarci il suo segreto, il segreto che il profeta Ezechiele svelò per tutti i tempi: "La città si chiamerà da quel giorno in poi: Là è il Signore" (Ez 48,35).
A nome di tutti noi, penso sia giusto ringraziare sua beatitudine il patriarca Michel Sabbah per la cordiale accoglienza che ci ha riservato e per la gioia spirituale che ci ha donato riunendoci per la salvezza della Città santa.
La causa della Città santa è stata a lungo al centro delle preoccupazioni della Santa Sede e una delle sue priorità nell'azione internazionale, fin dalla nascita della questione di Gerusalemme.
La questione di Gerusalemme
I. Di fatto esiste un conflitto, o piuttosto esistono dei conflitti, a causa e nell'ambito di Gerusalemme, tutti legati alla sua unicità universalmente riconosciuta. Essa è unica in sé e di conseguenza lo è anche nei conflitti. È diversa da qualsiasi altra città. L'introduzione a un libro pubblicato nel 1994 da alcuni importanti accademici israeliani comincia così: "Almeno in tre aspetti Gerusalemme differisce da molti altri luoghi: la Città è santa per gli appartenenti a tre religioni; è oggetto di rivendicazioni nazionali contrastanti da parte di due popoli e la sua popolazione è eterogenea al massimo grado...". Ricordiamo ciò che papa Giovanni Paolo II ha scritto nella sua lettera apostolica Redemptionis anno del 20 aprile 1984 (EV 9/777): "Per gli ebrei essa è oggetto di vivo amore e di perenne richiamo, ricca di numerose impronte e memorie, fin dal tempo di David che la scelse come capitale e di Salomone che vi edificò il tempio. Da allora essi guardano si può dire ogni giorno a essa e la indicano come simbolo della loro nazione"
"A essa i cristiani guardano con religiosa e gelosa affezione, perché là tante volte è risuonata la parola di Cristo, là si sono svolti i grandi eventi della redenzione, cioè la passione, morte e risurrezione del Signore. A Gerusalemme è sorta la prima comunità cristiana e vi si è mantenuta nei secoli, anche in mezzo a difficoltà, una presenza ecclesiale continua".
"Anche i musulmani chiamano Gerusalemme "la Santa" con un profondo attaccamento che risale alle origini dell'islam ed è motivato da luoghi privilegiati di pellegrinaggio e da una presenza più che millenaria e quasi ininterrotta".
"Consci delle loro responsabilità di fare luce sulla questione di Gerusalemme, di informare l'opinione pubblica, di preparare i pellegrini a visitare la Terra Santa con una consapevolezza nuova e di creare vincoli di solidarietà con la Chiesa locale", i partecipanti al Simposio convocato dal Patriarcato latino hanno pubblicato, a conclusione dei lavori, il seguente comunicato (OR 2-3.11.1998, 8):
1. Consci delle nostre responsabilità verso la Città santa, in risposta all'invito della chiesa locale di Gerusalemme e in comunione con essa, desideriamo offrire il nostro contributo alla pace della Città santa per il bene di tutti i suoi abitanti e di quanti la amano, ebrei, cristiani e musulmani, palestinesi e israeliani. Il nostro unico scopo è di raggiungere una pace stabile a Gerusalemme. In questo compito desideriamo collaborare con tutte le chiese a Gerusalemme.
2. Gerusalemme, Città santa per le religioni monoteiste, ha un valore unico per la regione e per tutto il mondo. Per questo, Gerusalemme è e deve essere un simbolo universale di fraternità e di pace.
3. Consci del significato unico di Gerusalemme, e tenendo presente le responsabilità che derivano dalla sua vocazione unica, al cospetto di Dio e dell'umanità, riteniamo opportuno che i fedeli ebrei, cristiani e musulmani cooperino, con sincerità e fiducia reciproca, affinché questa città possa essere veramente in grado di compiere la sua vocazione divina: essere un luogo di incontro e di riconciliazione per le religioni e per i popoli.
4. Per i cristiani, così come per gli ebrei e i musulmani, Gerusalemme è una città di particolare riferimento religioso. Per i cristiani, particolarmente, Gerusalemme è sacra poiché è il luogo nel quale Gesù, Verbo e Figlio di Dio, visse, soffrì, morì sulla croce e resuscitò dai morti, portando a compimento l'opera della nostra redenzione. La discesa dello Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste, ha segnato la nascita della chiesa che si è diffusa da Gerusalemme fino ai confini della terra cosicché, nel corso dei secoli, Gerusalemme è stata considerata in tutto il mondo come "chiesa madre". Per questo, la Città santa è sempre nelle nostre preghiere mentre attendiamo il compimento finale di tutte le promesse di Dio per una nuova Gerusalemme discendente dai cieli nella quale Dio dimorerà con l'umanità.
5. Per duemila anni, una viva comunità cristiana è stata depositaria del ricordo e della promessa della Città santa. Oggi, attraverso tutti i cambiamenti e le vicissitudini della storia, questa comunità cristiana continua a dimorare e a praticare il culto a Gerusalemme ed è profondamente impegnata a continuare a testimoniare la vita, la morte e la resurrezione di Cristo nei luoghi santi nei quali si svolsero questi misteri. Fedeli a questo impegno possono contare sulla solidarietà della chiesa universale.
6. In questi giorni di riflessione, abbiamo riaffermato il dovere di tutti i cristiani, insieme ad altri credenti e a persone di buona volontà, di lottare per trovare una soluzione ai numerosi problemi che gli abitanti e i credenti della Città santa devono affrontare. Oggi, Gerusalemme si trova in un momento cruciale della sua storia moderna. Le decisioni prese in questi giorni e quelle dei prossimi mesi influenzeranno le condizioni di vita a Gerusalemme in futuro. Ciò si fa particolarmente urgente all'approssimarsi del grande giubileo dell'anno 2000.
7. Gerusalemme, la città delle tre religioni, è anche dimora di due popoli, quello israeliano e quello palestinese, ed è il luogo delle loro rispettive aspirazioni nazionali.
I negoziati fra lo Stato d'Israele e l'Autorità nazionale palestinese, con il sostegno della comunità internazionale, elaboreranno "uno status finale" per Gerusalemme. È urgente che i credenti delle tre religioni, per l'amore e per la speranza che provano per la Città santa, e la comunità delle nazioni, per il carattere unico e universale di questa città, condividano i loro pensieri e le loro aspettative per il futuro di Gerusalemme. Saranno i responsabili politici a prendere le decisioni, ma i negoziati dovranno includere anche le preoccupazioni e le speranze dei credenti.
8. Abbiamo anche riaffermato che l'unicità e la santità dei luoghi più sacri di Gerusalemme richiedono uno statuto speciale, che riconosca i diritti di tutti i suoi abitanti e delle tre comunità religiose. Comunità attive di ebrei, cristiani e musulmani dovrebbero godere di autentica libertà di coscienza e di religione, incluso il pieno accesso ai luoghi santi, ed il loro diritto di esercitare le proprie attività religiose, educative e sociali. Tale statuto dovrebbe anche garantire il carattere sacro e il patrimonio culturale universale della città. Il libero accesso a Gerusalemme dovrebbe essere garantito a tutti, persone del luogo e pellegrini, amici e oppositori.
Infine, questo statuto speciale dovrebbe essere appoggiato da garanzie internazionali.
9. Pertanto, consci delle parole del santo padre: "Gerusalemme è quel luogo in cui, più che in ogni altro, si è realizzato il dialogo fra Dio e l'umanità", sosteniamo la posizione della Santa Sede e il Memorandum dei patriarchi e dei capi delle chiese a Gerusalemme, firmato e pubblicato nel novembre del 1994 (cf. Regno-doc. 1,1995,19ss).
II. Ritengo importante chiarire fin dall'inizio che quando parliamo di Gerusalemme, la distinzione che spesso si fa fra "la questione dei luoghi santi e la questione di Gerusalemme" è inaccettabile per la Santa Sede. È evidente infatti che i luoghi santi derivano il loro significato e i lori usi cultuali e culturali dall'intima connessione con l'ambiente circostante, inteso non solo in termini meramente geografici, ma anche, e in maniera particolare, in riferimento alle sue dimensioni urbane, architettoniche e soprattutto umane e istituzionali.
Nei documenti pontifici ci sono di certo enfasi e sfumature, che si evidenziano tanto più chiaramente quanto più ampio è il lasso di tempo considerato, come nel caso di un libro edito dall'arcivescovo Edmond Farhat, in cui egli riunisce i documenti pontifici dal 1887 al 1986 (100 anni) dividendo questo lasso di tempo in tre periodi:
1. Dal 1887 al 1947 (la prima guerra fra arabi e israeliani), quando i papi hanno parlato della Terra santa in generale e di Gerusalemme insistendo piuttosto sulla necessità di proteggere l'integrità materiale dei luoghi santi e sui bisogni dei cattolici locali;
2. dal 1947 al 1964 (pellegrinaggio di Papa Paolo VI): qui si sottolinea la tutela dei luoghi santi, la libertà di accesso per tutti i fedeli delle tre religioni e il diritto di ciascuna delle tre religioni di avere il controllo sui propri siti santi;
3. dal 1964 a oggi, un periodo durante il quale l'enfasi si sposta su Gerusalemme in un contesto generale e sulla tutela della sua identità e della sua vocazione: i luoghi santi; le aree che li circondano; garanzie per tutti della propria identità culturale e religiosa; libertà di religione e di coscienza per gli abitanti e i pellegrini, la dimensione culturale.
III. Dai riferimenti agli avvenimenti storici, in particolare a quelli degli ultimi 50 anni, emerge quella che comunemente viene definita "dimensione politica" di Gerusalemme in un complesso di situazioni sorte in relazione al controllo territoriale e alle azioni compiute per ottenere tale controllo. La preoccupazione espressa negli interventi dei pontefici in altri documenti della Santa Sede non potrebbe e non può trascurare questo aspetto. È sempre presente, prima per evitare che la Città santa divenga un campo di battaglia e poi per assicurare che non diventi, com'è oggi, un caso di manifesta ingiustizia internazionale. La situazione attuale è stata creata e viene mantenuta con la forza. La Santa Sede si è pronunciata su questo punto e continuerà a farlo con chiarezza, senza minimizzare e aderendo in maniera coerente alla posizione della maggior parte della comunità internazionale, espressa soprattutto nelle relative Risoluzioni delle Nazioni Unite.
Fin dal 1967 una parte della città è stata occupata militarmente e in seguito annessa. In quella parte della città si trova la maggior parte dei luoghi santi delle tre religioni monoteiste. Gerusalemme orientale è occupata illegalmente. È dunque errato sostenere che la Santa Sede è interessata soltanto all'aspetto o agli aspetti religiosi della città e che trascura l'aspetto politico e territoriale. La Santa Sede è di fatto interessata a questo aspetto e ha il diritto e il dovere di esserlo, specialmente fintantoché la questione resterà irrisolta ed è causa di conflitti, ingiustizie, violazioni dei diritti umani, limitazioni della libertà di religione e di coscienza, timori e insicurezze personali. Ovviamente, la preoccupazione pratica e immediata della Santa Sede concerne questioni religiose, mentre ad altri ambiti – politico, economico, ecc. – essa si interessa soltanto in quanto rivestono una dimensione morale. Se alla Santa Sede non spetta entrare nelle dispute territoriali fra le nazioni, prendere partito, cercare di imporre soluzioni dettagliate, essa ha però il diritto e il dovere di ricordare alle parti in causa l'obbligo di risolvere le controversie in maniera pacifica, secondo i principi di giustizia e di equità nell'ambito legale internazionale.
Nel caso di Gerusalemme, entrambi gli aspetti, quello religioso e quello politico e territoriale, sono strettamente connessi, anche se sono diversi nei loro elementi costitutivi, nei mezzi adeguati per affrontarli e per trovarvi una soluzione.
Che cosa chiede la Santa Sede per Gerusalemme?
IV. 1. Innanzitutto, chiede che Gerusalemme venga rispettata per ciò che è in sé o piuttosto per ciò che dovrebbe essere, in confronto a quello che è attualmente. Ciò che io ho definito recentemente vocazione o identità della Città santa. Gerusalemme è tesoro di tutta l'umanità. In vista di una situazione di evidente conflitto e in considerazione della rapida trasformazione della Città santa, qualsiasi soluzione unilaterale ottenuta con la forza non è e non può essere affatto una soluzione.
È opinione della Santa Sede che qualsiasi rivendicazione esclusiva – sia essa religiosa o politica – è contraria alla logica propria della città stessa. Insisto: ogni cittadino di Gerusalemme e ogni persona che visita Gerusalemme dovrebbe incarnare il messaggio del dialogo, della coesistenza e del rispetto che questa città ispira.
Rivendicazioni esclusive non possono basarsi su criteri numerici o storici.
Detto questo, devo aggiungere che nulla vieta che Gerusalemme, con l'unità e l'unicità che le sono proprie, possa diventare il simbolo e il centro nazionale di entrambi i popoli che la rivendicano come propria capitale. Tuttavia, se Gerusalemme è sacra per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani, è anche sacra per molte persone di ogni parte del mondo che la considerano loro capitale spirituale o vi si recano in pellegrinaggio, per pregare e per incontrare i loro fratelli nella fede. È patrimonio culturale di tutti, inclusi coloro che la visitano semplicemente come turisti.
2. Di conseguenza, la Santa Sede ritiene che esista un obbligo di trovare una soluzione realistica ai problemi di Gerusalemme, a tutti, secondo le loro caratteristiche peculiari.
a) Relativamente a Gerusalemme esiste un problema politico per israeliani e palestinesi che è molto concreto. La Conferenza di Madrid del 1991, e ciò che ne è seguito, hanno suscitato nuove speranze di un futuro di pace. Speranze fondate sulla volontà di dialogare, di negoziare e di ricercare compromessi. Speranze che sono apparse ben fondate anche a motivo dell'impegno e degli sforzi di un'ampia parte della comunità internazionale, e in particolare degli Stati Uniti d'America, come gli avvenimenti di Wye Plantation degli ultimi giorni hanno dimostrato. Speriamo che le aspirazioni al dialogo e alla pace contribuiscano alla realizzazione di ciò che si è concordato.
In questo contesto che è senza dubbio complesso e delicato la questione di Gerusalemme è stata posta alla fine di un programma. È comprensibile che la difficoltà e la delicatezza della questione di Gerusalemme abbiano fatto sì che fosse lasciata per ultima. Ma tutti sappiamo, e gli israeliani e i palestinesi per primi, che la pace e la coesistenza in Terra santa e in Medio Oriente non hanno futuro, a meno che non si trovi una risposta alla questione politica di Gerusalemme. Permettetemi di citare di nuovo la Redemptionis anno del 1984, nella quale sua santità papa Giovanni Paolo II scriveva: "Sono convinto che la mancata ricerca di una soluzione adeguata alla questione di Gerusalemme, così come un rassegnato rinvio del problema, non fanno che compromettere ulteriormente l'auspicabile composizione pacifica ed equa della crisi di tutto il Medio Oriente" (EV 9/780).
Che cosa intende la Santa Sede per "soluzione adeguata"? Intende il riconoscimento che la situazione attuale è di conflitto. Intende che gli israeliani e i palestinesi, con la collaborazione di quanti possono aiutarli, devono raggiungere un accordo che risponda in qualche modo alle loro particolari, legittime e ragionevoli aspirazioni, e rispetti i principi della giustizia.
b) Per quanto riguarda la Santa Sede, tuttavia, la sola soluzione a una disputa territoriale non è sufficiente per Gerusalemme, proprio perché Gerusalemme è una realtà che non ha confronto: fa parte del patrimonio di tutto il mondo. Il mondo intero ha dimostrato di esserne pienamente consapevole quando, per esempio, attraverso le Risoluzioni delle Nazioni Unite, ha cercato di difendere quel patrimonio.
Guardando a Gerusalemme, la Santa Sede continua a chiedere che venga tutelata da" uno statuto speciale internazionalmente garantito". Che cosa intende? Secondo la Santa Sede:
– le caratteristiche storiche e materiali della città, così come quelle religiose e culturali, devono essere tutelate e forse oggi bisognerebbe parlare di ripristino e di salvaguardia di quelle ancora esistenti;
– deve esserci uguaglianza di diritti e di trattamento per quanti appartengono alle comunità delle tre religioni nella città, nel contesto della libertà delle attività culturali e spirituali, economiche e civiche;
– i luoghi santi situati nella città devono essere tutelati, così come devono essere salvaguardati i diritti di libertà di religione e di culto e di accesso, per i residenti e per i pellegrini, sia che provengano dalla stessa Terra santa sia dalle altre parti del mondo.
È in gioco la questione fondamentale di tutelare e di proteggere l'identità della Città santa nella sua interezza, sotto tutti gli aspetti. Per esempio, la semplice "extraterritorialità" dei luoghi santi, con la garanzia che i pellegrini possano visitarli senza incontrare ostacoli, non sarebbe sufficiente. L'identità della città possiede un carattere sacro che non appartiene solo ai singoli siti o monumenti, come se questi potessero essere separati l'uno dall'altro o isolati dalle rispettive comunità. Il carattere sacro riguarda Gerusalemme nella sua interezza, i suoi luoghi santi e le sue comunità, con le loro scuole, gli ospedali e le attività economiche, sociali e culturali.
Israeliani e palestinesi, nella ricerca di una soluzione politica del loro conflitto su Gerusalemme, non possono tralasciare il fatto che la città ha aspetti che vanno al di là dei loro legittimi interessi nazionali. Essi, dunque, devono prendere in considerazione tali aspetti nel cercare e nel trovare una soluzione politica e territoriale duratura. Parimenti non potranno esimersi dal prestare la dovuta attenzione agli sforzi e alle esigenze di tutte le parti legittimamente interessate. In questo, israeliani e palestinesi non devono sentirsi in alcun modo limitati ma al contrario onorati e rassicurati.
V. È essenziale che le parti ai negoziati tengano in giusta e adeguata considerazione il carattere sacro e universale della città. Ciò esige che qualsiasi possibile soluzione riceva il sostegno delle tre religioni monoteiste, sia a livello locale sia a livello internazionale. Inoltre, come sarebbe stato proposto, ci si aspetta che i negoziati includano la partecipazione dei promotori del processo di pace e che altre parti possano essere invitate a offrire il proprio contributo. La Santa Sede crede nell'importanza di ampliare la rappresentanza al tavolo dei negoziati per essere certi che nessun aspetto dei problemi venga trascurato e per affermare che tutta la comunità internazionale è responsabile dell'unicità e della sacralità di questa incomparabile città.
Conclusione
Nei prossimi giorni, ascolteremo varie altre presentazioni e riflessioni. Vorrei concludere il mio intervento esprimendo due sentimenti molto intensi che ho provato:
a) A volte ho provato molta tristezza e quasi un senso di impotenza: la via verso la pace per la Terra santa e per Gerusalemme appare molto precaria, oscillando fra progressi ed esitazioni o fallimenti. Si ha l'impressione che tutto possa accadere, nel bene e nel male. Pensando anche all'anno 2000, desidero citare alcune parole che 1'11 gennaio 1992 papa Giovanni Paolo II ha rivolto al corpo diplomatico: "Quale benedizione se questa Terra santa, dove Dio ha parlato e che Gesù ha calcato, potesse diventare il luogo privilegiato dell'incontro e della preghiera dei popoli, se la Città santa di Gerusalemme potesse essere simbolo e strumento di pace e di riconciliazione! È qui che i credenti devono compiere una missione di importanza primaria. Dimenticando il passato e guardando al futuro, sono chiamati al pentimento, a rivedere il loro comportamento e a ritrovare la loro condizione di fratelli grazie al Dio unico che li ama e li invita a collaborare al suo progetto sull'umanità" (n. 9; Regno-doc. 3,1992,70).
b) Ed ecco il mio secondo sentimento: qui sono rappresentati gli episcopati di importanti nazioni del mondo. I vescovi sono in comunione e in solidarietà l'uno con l'altro, e l'iniziativa di sua beatitudine il patriarca Michel Sabbah si fonda su questa certezza. A nome del santo padre e insieme al patriarca dico a tutti voi: ricordiamo Gerusalemme, ricordiamo la sua natura essenziale, la sua vocazione e l'amore che le persone nutrono per essa; aiutiamo il mondo e quanti vi detengono il potere a ricordare Gerusalemme e a comprendere che per la sua salvezza non dovrebbe essere impossibile renderla definitivamente un luogo di incontro, di armonia e di pace. È mia grande speranza che gli episcopati del mondo diventino "ambasciatori" di Gerusalemme nell'ambito delle chiese locali, nelle vostre rispettive nazioni e società, presso le loro istituzioni e autorità.
"Mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia" (Sal 137,6).
segretario per i rapporti con gli stati