Guardando a Gerusalemme e all’islam
Accordo di base sulla Chiesa cristiana in Palestina
L’Accordo di base tra la Santa Sede e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), firmato il 15 febbraio scorso (cf. Regno-doc. 5,2000,162) va posto sullo sfondo di tre riferimenti storici di diversa profondità temporale; due tra essi sono relativamente recenti, il processo di pace israelo-palestinese ratificato a partire dagli Accordi di Oslo (cf. Regno-att. 18,1993,527; Regno-doc. 19,1993,640; Regno-att. 20,1998,661) e l’Accordo fondamentale tra Santa Sede e Stato d’Israele (30.11.1993; cf. Regno-doc. 3,1994,81), l’altro è più remoto: in quell’area la situazione delle comunità cristiane si regge su uno statu quo, da tutti riconosciuto come legge non scritta, che risale addirittura ai tempi dell’impero ottomano.
Il fatto che la normalizzazione dei rapporti tra il Vaticano e lo Stato d’Israele dovesse prolungarsi, a breve, in colloqui tra la Santa Sede e l’OLP è confermato dalla data di inizio di questi ultimi: ottobre 1994. Attraverso una serie di colloqui bilaterali prolungatasi fino all’inizio del 1999 è stato così messo a punto il testo di un accordo che circostanze occasionali hanno condotto a firmare solo all’immediata vigilia del viaggio di Giovanni Paolo II in Egitto (cf. qui a p. 000) e a poco più di un mese dalla visita papale in Israele e a Gerico (cuore dei territori amministrati dall’Autorità palestinese).
Il futuro stato palestinese
L’indiscutibile nesso che esiste tra la normalizzazione dei rapporti vaticano-israeliani e quella attuata nei riguardi dei palestinesi non deve far dimenticare alcune importanti differenze tra le due stipulazioni. Innanzitutto, per quanto l’Accordo con l’OLP debba considerarsi fin da ora come una specie di garanzia del riconoscimento del futuro stato palestinese, attualmente esso non può presentarsi come un accordo internazionale di carattere interstatuale (lo stato palestinese non è ancora ufficialmente esistente). In questo contesto, l’OLP deve essere considerata come soggetto agente per conto dell’Autorità palestinese. Va inoltre precisato che, secondo gli accordi internazionali ratificati a Washington nel 1995, sussistono delle limitazioni rispetto alle materie su cui l’OLP può concludere accordi con stati e organizzazioni internazionali; questi ultimi possono però avvenire in relazione a temi "culturali, scientifici e concernenti l’educazione". L’Accordo tra Santa Sede e OLP va perciò situato proprio in tale ambito.
La precisazione appena compiuta è fondamentale per fornire una giusta interpretazione dell’argomento che ha riscosso maggior attenzione da parte dell’opinione pubblica, sollevando qualche prevedibile protesta da parte israeliana a motivo di una supposta ingerenza negli affari interni: le prese di pozione relative a Gerusalemme espresse nell’Accordo di base. L’Accordo fondamentale tra Santa Sede e Stato d’Israele non affrontò volutamente il tema della "Città santa". Su di esso la posizione israeliana e quella vaticana risultano tuttora incompatibili; come ha avuto occasione di esprimersi qualche tempo addietro mons. Tauran, segretario vaticano per i rapporti con gli stati, l’attuale situazione di Gerusalemme è infatti giudicata un "caso di manifesta ingiustizia internazionale" (Regno-att. 20,1998,660). Il riferimento a questa città si presenta invece come il massimo punto di forza dell’Accordo di base con l’OLP.
Tuttavia, per collocare in modo corretto tale affermazione occorre tener conto che gli ampi riferimenti riservati a Gerusalemme contenuti nel preambolo dell’Accordo non entrano affatto nelle questioni territoriali e di sovranità che sono oggetto di un negoziato bilaterale tra israeliani e palestinesi (che secondo gli accordi di Wye Plantation – ottobre 1998 -– si sarebbe dovuto concludere nel maggio scorso, cf. Regno-att. 20,1998,661); essi si riferiscono invece alla dimensione spirituale e culturale della "Città santa" riconosciuta dalla stessa comunità internazionale.
La Santa Sede ritiene infatti che Gerusalemme debba essere considerata a partire dalle due dimensioni che la compongono: quella territoriale e quella spirituale-culturale. Per quanto riguarda la prima essa è di stretta competenza dei due popoli israeliano e palestinese, sulla seconda la Santa Sede si riserva invece di esprimere il proprio parere ed è proprio in virtù di tale distinzione che da parte vaticana si è respinta l’accusa di ingerenza.
La libertà religiosa in uno stato islamico
L’oggetto giuridico dell’Accordo s’incentra sulla presenza e l’attività della Chiesa cattolica nei territori dipendenti dall’Autorità palestinese. In tale luce è utile dare uno sguardo alla situazione della comunità cattolica locale, la quale conta circa 50.000 persone su una popolazione che sfiora i tre milioni. Si tratta dunque di una minoranza esigua. La presenza cattolica è particolarmente sensibile nei campi dell’educazione (a Betlemme vi è un’università cattolica e una trentina di scuole con un totale di circa 15 mila studenti, anche musulmani), della salute (vari ospedali, tra cui l’istituto Effeta voluto da Paolo VI) e della promozione umana (si veda ad esempio l’attività della Pontifical Mission for Palestine).
I temi di maggior interesse sollevati dalla Santa Sede in relazione a questo accordo concernevano: la libertà religiosa e di coscienza, la cooperazione delle parti per il rispetto dei diritti umani delle persone e dei popoli, la parità di diritti dei cittadini cristiani, l’assicurazione che la chiesa possa svolgere liberamente le proprie attività, la necessità del rispetto dello statu quo dei Luoghi santi cristiani soggetti all’Autorità palestinese (ad esempio Betlemme), questioni economiche e fiscali.
Il testo dell’Accordo è costituito da un preambolo e da dodici articoli. Il preambolo, dopo aver specificato i soggetti dell’Accordo, ricorda che la Terra santa costituisce, tra l’altro, uno spazio privilegiato per il dialogo interreligioso fra i fedeli delle tre religioni monoteistiche e riafferma la necessità di raggiungere una pace ampia e giusta per il Medio Oriente che tenga conto delle risoluzioni dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Questa posizione vale anche per Gerusalemme rispetto alla quale si chiede: "uno statuto speciale (...) internazionalmente garantito, che salvaguardi quanto segue: a) la libertà di religione e di coscienza per tutti; b) l’eguaglianza davanti alla legge delle tre religioni monoteistiche, delle loro istituzioni e dei loro seguaci nella Città; c) l’identità propria e il carattere sacro della Città, e il suo patrimonio religioso e culturale dal significato universale; d) i Luoghi santi, la libertà di accesso a essi e il culto in essi; e) il regime di "status quo" in quei Luoghi santi in cui si applica.". Infine il preambolo riconosce l’uguaglianza all’interno della società palestinese di tutti i suoi membri a prescindere dalla loro appartenenza religiosa.
Di particolare rilevanza sono i primi tre articoli dell’Accordo, i quali rappresentano l’aspetto più innovativo e importante del documento: si tratta infatti del primo testo stipulato dalla Santa Sede con un’autorità nazionale a maggioranza musulmana che assume tra i principi comuni lo statuto della libertà religiosa, nella formula enunciata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e che si impegna a incoraggiare il dialogo interreligioso al fine di incrementare la mutua comprensione tra i popoli (artt.1-3).
L’Accordo prosegue poi con altri nove articoli volti a riaffermare il carattere culturale-educativo del medesimo. Tra essi si segnala l’art. 5, in cui "L’OLP riconosce la libertà della Chiesa cattolica di esercitare il suo diritto a espletare, attraverso i mezzi necessari, le proprie funzioni e a mantenere le proprie tradizioni, siano esse spirituali, religiose, morali, caritative, educative e culturali"; dal canto suo l’art. 6 riconosce i diritti della Chiesa cattolica nel campo dell’economia e in materia legale e fiscale, i quali verranno esercitati "in armonia con i diritti delle autorità palestinesi in questi campi". L’art 7 offre infine uno strumento legale indispensabile per l’esercizio dei diritti prima menzionati; esso infatti afferma che nella legislazione palestinese sarà dato pieno effetto alla personalità giuridica della Chiesa cattolica e dei soggetti che godono di personalità giuridica nel diritto canonico (in relazione ai rapporti con lo Stato d’Israele questo argomento ha dato luogo a un accordo specifico: l’Accordo sulla personalità giuridica del novembre del 1997; cf. Regno-doc. 21,1997,706; 1,1998,27).