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Guida del mondo 2005/2006. Il mondo visto dal Sud - Ed. EMI (Editrice Missionaria Italiana)
Il 17
agosto 1945 fu dichiarata l’indipendenza dell’Indonesia, che sarebbe
divenuta una repubblica “indipendente, unita, sovrana, giusta e prospera”.
Tuttavia i Paesi Bassi cercarono di ritornare in possesso della loro
colonia. Scoppiò il conflitto, con l’attiva partecipazione solidale di arabi
e indiani alla guerriglia indipendentista. La Gran Bretagna intervenne in
sostegno ai Paesi Bassi, ma gli Stati Uniti fecero pressioni per una soluzione
negoziata.
Nel 1949, di fronte all’impossibilità di riconquistare il controllo militare, la capitale accettò il trasferimento parziale della sovranità, sotto forma di unaconfederazione tra l’Indonesia e i Paesi Bassi.
Nel 1954, questa unione, che non giunse mai al pieno funzionamento, fu denunciata dal governo di Sukarno, e l’arcipelago conquistò la sovranità totale. Il governo di Sukarno, a sua volta, cominciò ad attuare una politica colonialista nella regione e nel 1963 occupò l’Irian Occidentale (la metà dell’isola di Nuova Guinea ex colonia olandese), di fronte al rifiuto dell’Aia di abbandonare la colonia. L’indipendenza dell’Indonesia, insieme a quella di India e Pakistan, la rivoluzione cubana, la nazionalizzazione del Canale di Suez e le sconfitte francesi in Viet Nam e in Algeria, segnarono l’irruzione del Sud del Mondo sulla scena politica mondiale. Sukarno partecipò attivamente a questo movimento e fu nella città indonesiana di Bandung che, nel 1955, si riunirono per la prima volta i principali leader terzomondisti.
Appoggiato dal Partito Comunista – che, con tre milioni di iscritti, era il più potente dell’Asia, dopo quello cinese – Sukarno intraprese piani di sviluppo di tipo nazionalista, orientati verso l’innalzamento del tenore di vita di una popolazione che aveva uno dei più bassi redditi pro capite del mondo. Il petrolio, allora nelle mani della multinazionale anglo-olandese Royal Dutch-Shell, doveva divenire la base della nuova politica economica, e Sukarno fondò l’impresa statale PERTAMINA.
Nel 1965 fu annunciata la nazionalizzazione del petrolio. Nell’ottobre di quell’anno un gruppo di militari guidati dal generale Suharto prese il potere, con il pretesto di evitare la “penetrazione comunista”. Il sanguinario colpo di stato lasciò un saldo stimato in 700.000 morti e quasi 200.000 prigionieri politici.
Privato
di qualsiasi autorità, Sukarno rimase formalmente presidente fino al 1967 – morì nel 1970 – quando Suharto venne promosso in forma ufficiale capo dello stato. Questi concesse nuovamente la ricerca petrolifera alle imprese straniere. Tuttavia, l’aumento del prezzo degli idrocarburi, la politica economica di stampo liberale e l’afflusso di capitali, se da un lato portarono a un aumento delle entrate nazionali, dall’altro resero più profonde le differenze tra i redditi alti e bassi.
Nel 1971 gli studenti scesero in piazza, sfidando la repressione, per denunciare l’alleanza tra generali corrotti, commercianti cinesi e investitori
giapponesi. Nel tentativo di incanalare le inquietudini dei giovani ufficiali e
rappacificare i dissidi sotto la bandiera dell’unità nazionale, nel 1975
Suharto ordinò l’invasione della parte orientale dell’isola di Timor,
che si era appena resa indipendente dal Portogallo. Tuttavia il popolo di Timor
non ricevette gli indonesiani come dei liberatori, ma come colonizzatori di un
nuovo tipo. La tenace resistenza nell’isola, invece di risolverli, aggravò i
problemi interni dell’Indonesia.
Nelle
elezioni del maggio 1977 lo scontento tornò a manifestarsi. Nonostante
la proscrizione dei partiti di sinistra, la censura e le altre misure di
repressione, il partito ufficiale Golkar perse a Giacarta a favore di una
coalizione di partiti musulmani che avevano criticato duramente la corruzione, e vide diminuire considerevolmente il suo elettorato nelle zone rurali.
Per
assicurarsi il trionfo nelle elezioni legislative del 1982, il regime
limitò ancor più l’attività politica e ristrutturò il sistema elettorale,
rendendolo indipendente dal ministero dell’Interno. Nel marzo 1983
l’Assemblea Consultiva del Popolo, all’unanimità, elesse Suharto per il suo
quarto mandato di cinque anni come presidente, nonostante la crescente
opposizione al suo governo.
Una
politica di controllo delle nascite portò a una riduzione dell’incremento
della popolazione. Mentre le cifre del censimento della popolazione del 1984
mostravano un incremento annuale del 2,3%, l’incremento medio tra il 1980 e il
1990 fu dell’1,8%. A partire dal 1979 il governo avviò un progetto di
trasferimento della popolazione chiamato “Transmigrasi”. Due milioni e mezzo
di giavanesi furono indotti a migrare su altre isole meno popolate.
Negli
anni ’80 oltre 300 gruppi etnici videro diminuire il proprio tenore di vita.
Frequenti proteste furono intraprese dalla popolazione di Irian Jaya
(Papua occidentale), che reclamava il diritto all’autodeterminazione e alla
libera circolazione all’interno del vicino territorio di Papua-Nuova Guinea,
con il quale sente maggior affinità sul piano storico e culturale.
Nel 1991 gli scontri tra l’esercito e i movimenti di liberazione di Aceh a Sumatra si fecero più gravi, a causa dell’ordine dato dal comandante dell’esercito di sterminare gli insorti. Nel marzo del 1992 fu promossa un’offensiva armata da parte di vari gruppi separatisti in Irian Jaya. In quel periodo, il governo degli Stati Uniti garantì due milioni e trecentomila dollari per l’addestramento delle forze di sicurezza dell’Indonesia.
Nel
marzo del 1993, per la sesta volta, l’Assemblea Consultiva Popolare
elesse alla presidenza Suharto, che aveva già vinto le elezioni del 1988.
Nel 1996 lo scontro elettorale alzò ancor di più i toni, con le denunce circa l’arricchimento illecito della famiglia presidenziale e dei suoi amici.
All’inizio del 1997 la popolazione indonesiana arrivò ai 200 milioni. Il governo annunciò che avrebbe proseguito con il programma di trasferimento degli abitanti dalle regioni con maggior densità di popolazione a quelle meno popolate.
Il
partito Golkar, al governo, vinse le elezioni parlamentari del maggio 1997,
ottenendo il 74% dei voti (325 dei 400 seggi). Il nuovo Parlamento includeva
dodici parenti del presidente Suharto – sei figli, due mogli, due cognati, un
fratello e un cugino – ma anche numerosi soci commerciali o amici. Nel marzo 1998 il Parlamento rielesse Suharto.
Una
pesante crisi della borsa causò l’aumento dell’inflazione e provocò il rischio d’iperinflazione. Dalla metà del 1997 la moneta aveva perso il 50% del proprio valore. L’aumento dei prezzi colpì soprattutto i prodotti di prima necessità e la situazione sociale si deteriorò. Tra l’ottobre del 1997 e il marzo del 1998 due milioni di persone persero il lavoro. Nel maggio del 1998, dopo mesi di proteste e una dura repressione – che fece centinaia di morti – Suharto rinunciò alla carica e fu sostituito da Bacharuddin Jusuf Habibie.
In
ottobre la capitale fu scossa da violente proteste di studenti che chiedevano la democrazia e la destituzione del capo dell’esercito, Wiranto. Nello
stesso mese ci furono altri morti negli scontri armati tra i ribelli separatisti e la polizia nella provincia di Aceh, la più settentrionale dell’Indonesia, dove l’esercito era stato accusato di compiere ogni sorta di abuso.
I
conflitti interetnici nel Borneo, tra indigeni, malesi, bugise, dayak e
cinesi da una parte e immigrati maduresi dall’altra, si intensificarono e, nel
marzo 1999, circa 70 persone vi trovarono la morte. A Giacarta, il mese seguente, centinaia di musulmani diedero fuoco a un centro comunitario per
vendicare la distruzione di una moschea a Ujung Pandang, la più grande
del paese e del Sud-est asiatico.
Alle
presidenziali di ottobre fu eletto Abdurrahman Wahid, fino ad allora
leader dell’organizzazione musulmana Nahdlatul Ulama. Una delle prime iniziative di Wahid fu di concedere un’ampia autonomia e di aumentare il
sostegno economico ad Aceh se quest’ultima avesse deciso di restare nei confini dell’attuale Indonesia. Fissò, inoltre, un referendum da tenersi sette mesi dopo, simile a quello realizzato nell’agosto di quell’anno a Timor Est. Il piano per trattenere la provincia prevedeva che il 75% di tutte le entrate ivi prodotte restassero ad Aceh, una delle regioni più ricche in risorse naturali di tutto il paese.
Pur
essendosi impegnato a combattere la corruzione, Wahid si trovò immediatamente
coinvolto in scandali finanziari, che nell’agosto del 2000 portarono il
Parlamento a disporre un’indagine senza precedenti. Il Parlamento intentò un
processo ai danni di Wahid al fine di destituirlo, ma dovette desistere in
quanto, nel febbraio 2001, migliaia di persone scesero in piazza per
sostenere il presidente e chiedere lo scioglimento del partito di opposizione
Golkar.
Il mese
successivo nel Kalimantan, in seguito agli scontri più violenti avvenuti
in questa regione dal 1997, i guerriglieri di etnia dayak assunsero il controllo di alcune parti della provincia. Nel giro di una settimana morirono almeno 1.000 profughi maduresi e decine di migliaia di persone furono costrette ad abbandonare le proprie case.
A maggio il Parlamento, l’unico organo legislativo del paese, approvò con una
maggioranza di 365 voti a favore e 4 contrari la procedura di impeachment contro Wahid, che si rifiutò di rassegnare le dimissioni e dichiarò lo stato di emergenza, che però non fu rispettato né dalla polizia né dall’esercito.
Circa
due anni dopo l’entrata in carica di Wahid e in seguito a un verdetto della
Corte Suprema che definiva incostituzionale la dichiarazione dello stato di
emergenza, nel luglio 2001 l’MPR votò all’unanimità la destituzione del
presidente, che fu sostituito dalla vicepresidente Megawati Sukarnoputri, figlia di Sukarno.
In
agosto la nuova presidente porse pubblicamente le proprie scuse alle province di Aceh e Papua Occidentale (Irian Jaya), perché Giacarta ne aveva sfruttato le
risorse naturali per decenni: petrolio e gas naturale in Aceh, minerali in Papua Occidentale. Allo stesso tempo ribadì la volontà del governo di non consentire alle due province di seguire l’esempio di Timor Est, che due anni prima aveva ottenuto l’indipendenza.
L’impegno assunto dal governo a condannare l’esercito per le atrocità perpetrate a Timor Est si concretizzò per la prima volta nel gennaio 2002 con l’istituzione del tribunale per i diritti umani. In maggio Timor Est ottenne la completa indipendenza.
A marzo
Tommy Suharto, figlio dell’ex presidente, fu accusato di avere ucciso un giudice della Corte Suprema che lo aveva condannato per corruzione.
Oltre
200 persone, in prevalenza turisti, rimasero uccise in un attentato a un night
club di Bali. Lo stesso giorno un'altra bomba esplose nei pressi del
Consolato statunitense a Sanur, senza tuttavia causare vittime. Il gruppo Jemmah Islamiya (JI), che viene ritenuto il ramo locale della rete islamica al-Qaeda, fu considerato responsabile degli attentati. Il governo conferì alla polizia il potere di sottoporre a giudizio i sospetti terroristi. Abu Bakar Ba'asyir, leader spirituale del JI, fu arrestato nello stesso mese, con l'accusa di aver ordinato gli attentati contro le chiese cattoliche e di aver tramato per assassinare il presidente Sukarnoputri.
Nel
dicembre 2002 il governo di Giacarta e il separatista Movimento di liberazione
di Aceh (GAM) firmarono un accordo di pace a Ginevra per porre fine a 26 anni di violenze. Nel maggio 2003 i negoziati fallirono e il governo lanciò un attacco militare contro i ribelli, sottoponendo la provincia alla legge marziale.
Nell'agosto 2003 un'esplosione davanti a un hotel di Giacarta uccise 14 persone. Il gruppo Jemmah Islamiya fu ritenuto responsabile dell'attentato.
In
settembre due membri di JI furono condannati a morte per l'attentato di Bali.
Abu Bakar Ba'asyir fu condannato a cinque anni di carcere per altri crimini.
Nell'ottobre 2003 il FMI concesse un nuovo prestito all'Indonesia, dopo aver apprezzato la sua gestione in ambito economico. Alcuni mesi prima, il paese aveva annunciato che si sarebbe dissociato dall'organizzazione, poiché molti esponenti del governo e della popolazione erano contrari all'insistenza del FMI nell'aprire il mercato locale alla competitività straniera.
In
dicembre, l'organizzazione Human Rights Watch pubblicò un rapporto in un cui si
accusava l'Indonesia di violazioni dei diritti civili – omicidi senza processo, arresti violenti e attentati – nella sua campagna contro il GAM in
Aceh. Denunciava inoltre l'esistenza di un "velo di silenzio" imposto dal governo, dato che ai giornalisti non erano permesso l'accesso alla zona.
Nelle
prime elezioni presidenziali dirette, nell’ottobre 2004, Susilo Bambang
Yudhoyono fu eletto presidente con il 60% dei voti. Yudhoyono presentò
un ambizioso programma di riforme e di crescita economica; il 16% degli indonesiani vive al di sotto della soglia di povertà.
In
dicembre un maremoto (tsunami) devastò l’Asia del sud. Per l’Indonesia fu una catastrofe inaudita: 220.000 morti e più di 130.000 dispersi, soprattutto nelle province di Aceh e Sumatra, la più vicina all’epicentro.
A metà agosto 2005, un accordo di pace tra il governo e il Movimento di Liberazione Aceh portò alla scarcerazione di 1.500 detenuti collegati al movimento separatista armato.
Nel febbraio 2006 l’incontro tra i presidenti Banana Gusmano (di Timor Est) e Yudhoyono permise di stabilire relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Un forte terremoto colpì Giava a maggio, provocando oltre 6.000 morti e 200.000 senzatetto.
Nel dicembre nella provincia di Aceh si svolsero le elezioni amministrative. Erano le prime dopo 29 anni di scontri tra le truppe di Giakarta e i ribelli separatisti.