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Guida del mondo 2007/2008. Il mondo visto dal Sud - Ed. EMI (Editrice Missionaria Italiana)
La
scoperta di grandi ricchezze nel sottosuolo e l’uso della bandiera liberiana
sulle navi statunitensi incoraggiarono, a partire dal 1960, una crescita
economica di cui beneficiò solamente il settore “americano” della popolazione, che raggiunse elevati livelli di reddito.
La
stabilità politica fu scossa nel 1979, quando l’aumento del prezzo del
riso provocò rivolte e manifestazioni. Un anno più tardi, il sergente Samuel
Doe rovesciò il regime di William Tolbert, che fu fucilato insieme agli
altri rappresentanti del suo governo. Furono proscritti i partiti politici e fu
sospesa la Costituzione.
Nel 1980 fu annunciato l’avvio di un processo di apertura democratica, seguito dalla firma del primo accordo con il FMI.
Tra il
1980 e il 1989, il regime di Doe scongiurò nove tentativi di golpe.
Nel 1985 furono indette le elezioni. Tra proscrizioni, denunce di brogli e incarcerazione di leader dell’opposizione, Doe ottenne il 50,9% dei voti. Il Partito Popolare della Liberia (LPP) e il Partito dell’Unità Popolare (UPP), le principali forze d’opposizione, non furono autorizzate a partecipare.
Nel 1987 la maggior parte dei finanziamenti ottenuti dal governo provenne direttamente da Washington, che manteneva preziosi interessi in Liberia
In
giugno la vittoria dell’NPFL, diretto da Charles Taylor, sembrava imminente.
Ma in luglio, quando iniziò la battaglia per Monrovia, il fronte dei ribelli si
divise e sorse un Fronte Patriottico Indipendente (INPFL) diretto da Prince
Johnson.
Nel
settembre del 1990 il presidente Samuel Doe fu assassinato da truppe di
Johnson. Nella confusa situazione che seguì, si proclamarono simultaneamente
presidenti ad interim Johnson, Taylor, Amos Sawyer e Raleigh Seekie, ex capo
della guardia presidenziale. Nel 1992 nacque il Movimento Unito di
Liberazione per la Democrazia (ULIMO), formato da simpatizzanti del vecchio
governo di Samuel Doe.
In
novembre Sawyer (PPL) formò un governo provvisorio con l’appoggio di Costa
d’Avorio, Gambia, Nigeria, Burkina Faso e Togo e nel paese fu dispiegata una forza di pace costituita da 10.000 soldati nigeriani, 1000 ghanesi e 600 guineani.
Le
pressioni degli Stati Uniti per una maggiore presenza dell’ONU nel conflitto
fecero sì che il Consiglio di Sicurezza richiedesse il cessate il fuoco e
decretasse un embargo sulla vendita di armi e altri prodotti. Lo stallo
militare e la partecipazione dell’ONU portarono a un accordo di pace, firmato
il 17 luglio 1993 a Ginevra. I due principali gruppi armati e il governo
provvisorio di Sawyer concordarono un cessate il fuoco entro sette mesi e
l’indizione di elezioni generali.
In
agosto, secondo il programma sottoscritto a Ginevra, fu concordata la formazione del Consiglio di Stato, organismo di transizione formato da rappresentanti dell’NPFL, dell’ULIMO e del governo Sawyer.
Nel
marzo del 1994, il Consiglio di Stato assunse il potere, ma la formazione di un nuovo governo fu ritardata fino a maggio, a causa dei disaccordi tra l’NPFL,l’ULIMO e i rappresentanti di Sawyer. Intanto proseguivano i combattimenti tra i gruppi armati rivali e le scaramucce di alcuni di loro con le forze di pace della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS), appena dispiegate.
La
guerra civile ricominciò nel 1996 con violenti combattimenti, in
particolare a Monrovia. In settembre Ruth Perry divenne presidente del
Consiglio di Stato, con l’appoggio dell’ECOWAS.
Nel
novembre 1996 le forze di pace iniziarono il disarmo delle fazioni rivali. La
guerra aveva provocato circa 200.000 morti. Quasi un milione di liberiani su una popolazione totale di 2,4 milioni erano sfollati o si erano rifugiati nei paesi vicini.
Nel
luglio 1997 Charles Taylor trionfò alle presidenziali con il 75,3% dei
voti e, dopo un mese, si insediò alla presidenza. Il suo partito, il Fronte
Nazionale Patriottico di Taylor, vinse 21 dei 26 seggi del Senato e 49 dei 64
seggi della Camera dei Deputati.
Nel
marzo 1998 circa 480.000 rifugiati liberiani che si trovavano in diversi
paesi africani cominciarono a iscriversi nelle liste di rimpatrio volontario. Ma il piano rischiava di fallire per la mancanza dei fondi promessi dalle
organizzazioni donatrici. Gli aiuti erano destinati anche a 220.000 liberiani
sfollati all’interno del paese.
Il
conflitto tra le forze governative e il movimento ribelle Liberiani Uniti per la Riconciliazione e la Democrazia (LURD) provocò la fuga di circa 30.000 persone che si rifugiarono in campi allestiti in altre zone. Scopo dei ribelli, accusati dal presidente Taylor di godere dell’appoggio della Guinea, era occupare il nord del paese.
Secondo
un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) e dell’associazione britannica Save the Children, le bambine e le
adolescenti che vivevano nei campi profughi in Liberia, Guinea e Sierra Leone
furono vittime di abusi sessuali da parte di 67 funzionari appartenenti a oltre
40 organizzazioni umanitarie, tra cui la stessa ONU, diverse ONG nazionali e
internazionali, e ai rispettivi governi, che scambiavano prestazioni sessuali
con denaro o generi alimentari.
Nel
febbraio 2002 le forze del LURD entrarono nella capitale e, dopo alcuni
scontri con le forze di sicurezza, che provocarono decine di morti,
abbandonarono Monrovia. Taylor dichiarò lo stato di emergenza nazionale e, in
aprile, impose il divieto di qualsiasi riunione politica nel paese.
Nel
marzo 2003 il LURD, che era a soli 10 km da Monrovia, chiese le
dimissioni di Taylor come condizione per la sospensione delle ostilità. In
giugno la Corte della Sierra Leone accusò Taylor di crimini contro
l’umanità ed emise un mandato internazionale di cattura. In luglio il
presidente della Nigeria Olusegun Obasanjo gli offrì l’esilio e la garanzia
che non sarebbe stato consegnato al Sierra Leone. In agosto le forze di pace
nigeriane entrarono nel paese, appoggiate dai marines americani. L’11 agosto
Taylor cedette il posto al vice presidente Moses Blah e, appropriandosi
di 100 milioni di dollari, lasciò la Liberia che, secondo il New York Times divenne la nazione più povera del mondo. Successivamente i gruppi ribelli firmarono un trattato di pace in Ghana.
In
settembre le Nazioni Unite approvarono la nascita dell’UNMIL (Missione
ONU in Liberia), una forza di pace di 15.000 soldati, la maggior parte
provenienti da paesi di Africa e Asia, la più vasta nel mondo di questo tipo e
con l’obiettivo di assicurare aiuti umanitari, di garantire la sopravvivenza
di 700.000 rifugiati nei paesi confinanti e di aiutare 450.000 profughi,
concentrati soprattutto a Monrovia, a tornare alle proprie abitazioni. Più di
40.000 combattenti, compresi 15.000 bambini, dovevano essere disarmati, istruiti e reintegrati nella società.
Il 14
ottobre 2003, Gyude Bryant, uomo d’affari considerato abbastanza
neutrale per governare il paese fino alle elezioni dell’ottobre 2005, fu
nominato presidente del governo di transizione.
Nell’agosto 2005 inizia la campagna elettorale per le votazioni presidenziali. Ci
sono 22 candidati, ma i favoriti sono Ellen Johnson Sierlaf , e George Weah. Tra i due,
l’ex giocatore di calcio riscuote più consenso tra la popolazione, anche se non ha
esperienza politica.In tutto si candidano 762 persone, 22 per le presidenziali, 22 per la
carica di vice-presidente, 206 per il Senato e 512 per la Camera dei Deputati. Il Governo
di transizione invita tutti a far propaganda nel massimo rispetto dei diritti di tutti i
candidati e vieta qualsiasi azione violenta.
Ad ottobre la Liberia vota per il nuovo presidente. Nel corso delle elezioni ci sono stati
diversi problemi organizzativi. La maggior parte delle strade, specialmente nei piccoli
centri, è impraticabile a causa delle piogge e poi la procedura di voto è complessa per la
popolazione non alfabetizzata. E’ prevista un’unica preferenza mentre ne sono previste due
per la Camera e il Senato. Molti cittadini, confusi da questa procedura, hanno assegnato
due voti al presidente e ciò ha determinato l’annullamento di molte schede elettorali.
I primi dati sulle elezioni indicano una percentuale di votanti altissima: circa il 74%
degli aventi diritto ha espresso la sua preferenza per eleggere il Presidente. Weah ha
ottenuto il numero più alto di consensi, circa il 32.2% contro il 18.6% ottenuti da Ellen
Johnon Sierlaf. Si dovrà procedere al ballottaggio fissato per l’8/11/2005.
I primi risultati delle elezioni vedono Ellen Johson Sierlaf in vantaggio e i rappresentati
del CDC (Congress for Democratic Change), il partito di Weah, accennano a probabili
irregolarità nel conteggio dei voti.In realtà le organizzazioni incaricate di monitorare lo
svolgimento delle elezioni si pronunciano in modo diverso, non ci sono stati brogli
elettorali e mettono in guardia i due avversari politici. La Liberia è appena uscita dalla
guerra civile e le polemiche tra i due avversari potrebbero condurre a nuovi scontri.
Il 23° presidente della Liberia è Ellen Jhonson Sierlaf con il 59,2% dei voti contro il
40,8% assegnati a George Weah. Sierlaf è la prima donna presidente della Liberia. Il suo
curriculum è impeccabile, laureata ad Harvard è stata consulente ONU e della Banca Mondiale.
L’unica pecca è stato il coinvolgimento nel governo di Taylor: venne eletta Presidente
della Banca Nazionale, ma non appena si rese conto della presenza di violazioni di diritti
umani decise di dimettersi. Venne arrestata per le proteste contro il regime di Doe. Andò in
esilio negli Stati Uniti. Nel governo di transizione le viene affidata la presidenza della
Commissione contro la corruzione. Si dimette nel 2004 per partecipare alle elezioni.
L’elezione di Sierlaf coglie tutti di sorpresa perché il suo avversario politico poteva
contare su un maggior consenso popolare, che è venuto meno quando molti ex “signori della
guerra” si sono schierati dalla sua parte. Al fine di calmare le acque, la neopresidentessa
ha offerto a Weah un incarico nel nuovo governo. Tra i problemi più urgenti da risolvere c’è
la piaga della corruzione che ha costretto l’ONU ad imporre l’embargo sull’esportazione di
diamanti e legno e poi la questione Taylor ( al momento delle elezioni si trova in Nigeria,
ma è passibile di estradizione per i crimini commessi in Sierra Leone e in Liberia durante
la guerra civile). La questione “Taylor” preoccupa il governo di transizione perché sembra
che riesca ad influenzare la vita politica del paese anche dall’estero.
A gennaio 2006 la nuova Presidente presta giuramento a Monrovia. Rimarrà in carica
per 6 anni. Prima di prestare giuramento ha invitato tutti i rifugiati a tornare nelle
proprie case.In un video per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha
rassicurato la popolazione dicendo che provvederà al rimpatrio dei liberiani insieme
all’UNHCR. Dall’inizio del conflitto circa 850.000 persone sono fuggite dalle proprie case,
500.000 sono rimaste in Liberia mentre la parte restante si trova in diversi paesi
africani.Dal 2004 sono stati rimpatriati circa 50.000 liberiani con l’aiuto dell’UNHCR. La
presidente chiede inoltre l’aiuto della comunità internazionale per agevolare il rientro dei
suoi concittadini e per procedere alla ricostruzione del paese.
A febbraio è istituita la Commissione per la Verità e la Riconciliazione che dovrà indagare
sui crimini commessi durante la guerra civile. La costituzione della Commissione è stata
finanziata dal Governo liberiano e dalle Nazioni Unite e ha il compito di raccogliere le
testimonianze degli abusi effettuati dal regime. Non ha il potere di processare i colpevoli
dei crimini, ma può consigliare azioni legali. Dovrà occuparsi principalmente del
monitoraggio dei diritti umani informando il governo della violazione di tali diritti. E’
composta da 5 uomini, 4 donne e due consulenti internazionali. L’inizio dei lavori è
previsto per ottobre e il mandato durerà per circa due anni, ma sono previste delle proroghe
se ci sarà bisogno di ulteriore tempo per portare a termine le indagini.
L’UNHCR conclude il programma per il ritorno degli sfollati interni nelle proprie zone
d’origine. All’inizio della guerra civile molte persone avevano lasciato le proprie case per
dirigersi verso la capitale. In periferia erano stati allestiti diversi campi profughi.
Save the Children muove accuse gravissime agli operatori internazionali che lavorano nei
campi profughi liberiani. Da un’indagine pubblicata nel rapporto “From camp to community:
Liberia study on exploitation of the children” è emerso che alcuni uomini tra i caschi blu,
i volontari e gli insegnanti abusano delle bambine in cambio di un po’ di cibo o altri
generi di prima necessità. Le interviste condotte da Save The Children mostrano una realtà
paradossale: nei campi profughi mancano i generi di prima necessità e i genitori delle
vittime non hanno mezzi per difendere i propri figli. Le reazioni della comunità
internazionale sono immediate, i responsabili vanno puniti, non ci deve essere alcuna forma
di tolleranza. Dopo anni di guerra civile, i bambini che rappresentano la fascia più debole
della popolazione, continuano a vivere nel terrore a causa degli abusi di tutte quelle
persone che avrebbero dovuto aiutarli a ritrovare serenità.Su questa triste vicenda è
chiamata ad indagare l’UNMIL.
Nella giornata mondiale del rifugiato, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i
Rifugiati si trova al confine tra la Liberia e Sierra Leone dove è in corso una delle
principali operazioni di rimpatrio nel mondo.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decide di mantenere l’embargo
sull’esportazione di diamanti grezzi per ulteriori 6 mesi, cioè fino a quando il governo non
applicherà delle leggi per controllarne il commercio. Per quanto riguarda l’esportazione di
legno, decide di non rinnovare l’embargo, ma di rinviare la decisione di 90 giorni