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Guida del mondo 2005/2006. Il mondo visto dal Sud - Ed. EMI (Editrice Missionaria Italiana)
Il 14 agosto del 1947 nacque il nuovo stato del Pakistan, comprendente le seguenti province: Punjab Orientale, Sind, Baluchistan, North West Frontier e Bengala Orientale. Tra il 1948 e il 1949 il Pakistan dichiarò guerra all’India e riuscì ad annettersi un terzo del Kashmir, provincia di frontiera, popolato in maggioranza da musulmani.
Fin
dall’inizio della sua storia come stato indipendente, il Pakistan visse
continue crisi politiche. La prima Costituzione venne promulgata il 23 marzo 1956, ma, poco più di due anni dopo, il 27 ottobre 1958, il governo civile fu destituito da un colpo di stato a seguito del quale fu proclamata la legge marziale e la Costituzione del ’56 fu abrogata. Il 27 ottobre riuscì a imporsi quale “uomo forte” il generale Ayub Khan, che introdusse una “democrazia di base” consistente in un sistema di autogoverno locale con elezioni presidenziali indirette. La legge marziale venne revocata nel 1962, anno in cui venne emanata una nuova Costituzione che concedeva al presidente pieni poteri e sanciva la trasformazione del Pakistan in Repubblica islamica. Ayub Khan dovette dimettersi il 25 marzo 1969 in seguito a forti proteste. Fu nuovamente dichiarata la legge marziale e il generale Yahya Khan venne nominato presidente.
Nel
periodo tra l’ottobre e il dicembre del 1970 si tennero per la prima
volta le elezioni politiche generali, da cui uscirono vittoriosi due partiti
politici: la Lega Awami nel Pakistan Orientale e il Partito Popolare
del Pakistan (PPP) nel Pakistan Occidentale. Tuttavia, alle elezioni
parlamentari la maggioranza assoluta nell’intero Pakistan andò alla Lega Awami, a cui spettò il governo federale. La prima sessione del nuovo Parlamento
venne però rimandata e, nel marzo del 1971, la popolazione bengalese del
Pakistan Orientale, guidata dalla Lega Awami, rispose dando vita a un movimento
separatista per la liberazione del Bangladesh. La Lega Awami venne proscritta e
il suo leader, lo sceicco Mujibur Rahman, fu incarcerato. Ebbe così inizio una
guerra civile durante la quale la Lega Awami costituì un governo dall’esilio in India. Alla fine dovette intervenire l’esercito indiano, che pose fine alla
guerra civile. Il 16 dicembre 1971 il Bangladesh conquistò l’indipendenza.
Nel 1972, dopo le dimissioni da premier del generale Yahia Khan, il leader del PPP Zulfikar Ali Bhutto formò un nuovo governo civile. Il nuovo presidente Ali Bhutto promosse la partecipazione statale nell’economia, sviluppò una politica estera di non allineamento e introdusse una riforma agraria di tipo radicale. Alle elezioni politiche del 1977 il PPP ottenne ancora una volta la vittoria, ma i partiti di opposizione contestarono il risultato delle consultazioni, accusando il PPP di brogli elettorali. Approfittando della confusione generata da queste proteste, il generale Zia ul-Haq destituì il governo di Bhutto e proclamò la legge marziale. Bhutto venne incarcerato e sottoposto a processo, e giustiziato.
Il
generale Zia ul-Haq accelerò il processo di “islamizzazione” in tutte le
sfere della vita politica e sociale. Molti esponenti dell’opposizione furono
perseguitati e imprigionati. Nel febbraio del 1985 si svolsero nuove
elezioni senza la partecipazione dei partiti politici e con la legge marziale in vigore. Venne formato un governo che appoggiava il generale Zia. Questi però
trovò la morte in un presunto incidente aereo nell’agosto del 1988. Le
elezioni politiche del novembre 1988 segnarono il successo elettorale del PPP, e portarono alla formazione di un nuovo governo guidato dalla figlia dell’ex
presidente, Benazir Bhutto, sancendo così il ritorno alla democrazia.
La
Bhutto fu la prima donna a governare un paese a netta predominanza islamica. Fra i primi provvedimenti della Bhutto vi fu la liberazione di tutte le donne
incarcerate nelle prigioni pakistane, ad eccezione di quelle accusate di
omicidio. Molte di loro erano state processate sulla base delle “leggi
nere”, di matrice discriminatoria, approvate durante il regime di Zia.
In
Pakistan l’esercito è sempre stato un’istituzione molto influente.
Il paese entrò a far parte della SEATO (sigla inglese dell’Organizzazione del
trattato dell’Asia Sudorientale) nel 1954 e, nel 1955, anche della CENTO
(sigla inglese dell’Organizzazione del Trattato centrale), due importanti
alleanze militari capeggiate dagli USA. Anche se in seguito il Pakistan si ritirò da entrambe le organizzazioni, i legami con gli Stati Uniti rimasero comunque ben saldi.
I
rapporti con l’India sono sempre stati invece piuttosto tesi. Entrambi i paesi
hanno ripetutamente avanzato pretese di natura territoriale sulla regione del
Kashmir. Pakistan e India si scontrarono ripetutamente per tale questione, nelle guerre del 1948, 1965 e 1971. Al termine di quest’ultimo conflitto armato, i due stati si accordarono per stabilire una zona cuscinetto lungo entrambe le linee di confine del Kashmir, portando, di fatto, non solo a una netta divisione territoriale, ma anche alla separazione della popolazione locale. A partire da questo momento, gruppi nazionalisti del Kashmir cominciarono a rivendicare la trasformazione della regione in stato indipendente.
Il
Pakistan contestò energicamente l’intervento sovietico in Afghanistan,
che ebbe inizio nel dicembre del 1979, e diede il proprio sostegno alla lotta
dei guerriglieri mujaheddin – gruppo di resistenza afghana con base
proprio in Pakistan – contro il regime filosovietico di Kabul. Durante gli
anni della permanenza delle truppe sovietiche in Afghanistan, gli Stati Uniti si servirono del territorio pakistano per rifornire di armi i gruppi ribelli.
Il 6
agosto del 1990 il presidente pakistano Ghulam Ishaq Khan destituì il primo ministro Benazir Bhutto con l’accusa di nepotismo e corruzione. Il presidente procedette poi allo scioglimento dell’Assemblea nazionale e assegnò al leader dell’opposizione Ghulam Mustafà Jatoi il compito di guidare un governo ad interim.
Il 24
ottobre ebbero luogo le consultazioni elettorali che portarono all’elezione di
Nawaz Sharif alla carica di primo ministro grazie all’appoggio della
Lega Musulmana (il partito più importante fra quelli della coalizione formatasi
contro la Bhutto). Il Partito Popolare Pakistano (PPP) guidato da Benazir Bhutto, che aveva presentato ugualmente la propria candidatura, denunciò brogli
elettorali e diede inizio a una massiccia campagna d’opposizione.
Allo
scoppio del conflitto nel Golfo Persico, il Pakistan si schierò con gli Stati
Uniti, inviando le proprie truppe in Arabia Saudita dopo l’invasione irachena
del Kuwait.
Poco
dopo l’assunzione dell’incarico, Sharif mise in atto una riforma economica
che comprendeva un vasto processo di privatizzazioni delle aziende pubbliche e
causò una notevole protesta da parte dei quasi trecentomila lavoratori del
settore.
Oltre le riforme economiche, il governo di Sharif diede avvio anche ad un contestato
processo di “reislamizzazione” del paese con l’introduzione della sharia
(o legge islamica).
Nel
febbraio del 1992, l’inasprirsi dell’annosa contesa fra India e
Pakistan sulla regione del Kashmir portò i due paesi sull’orlo di un nuovo
scontro armato. Il Fronte di liberazione di Jammu e del Kashmir, un gruppo
musulmano che rivendica la creazione di una nazione indipendente in questo stato limitrofo, organizzò una marcia di protesta. Gli organizzatori della
manifestazione avevano invitato le migliaia di persone che vivevano lungo la
linea di confine ad attraversarla in segno di protesta. Il governo pakistano
diede ordine all’esercito di far fuoco sui manifestanti per bloccare la marcia
dei separatisti. Il bilancio della repressione attuata dalle forze dell’ordine
fu di cinque vittime e di una cinquantina di feriti.
L’annuncio del governo pakistano che il programma per la costruzione di armamenti nucleari si trovava ormai in una fase avanzata, rappresentò l’inizio di una serie di pressioni da parte degli Stati Uniti, culminate con la cessazione virtuale di qualsiasi aiuto economico e la sospensione della vendita delle armi al Pakistan.
Il
presidente Ishaq Khan accusò il premier Mohammed Nawaz Sharif di cattiva
amministrazione, corruzione e nepotismo, costringendolo alle dimissioni
nell’aprile del 1993. Sharif tuttavia presentò appello alla Corte di
Giustizia e il mese seguente riuscì ad essere reintegrato nell’incarico.
Il
ritorno al potere di Sharif acuì i contrasti esistenti fra quest’ultimo e il
presidente Ishaq Khan. Nel mese di luglio entrambi si videro costretti a
rassegnare le dimissioni.
Le
elezioni del 6 novembre 1993 riportarono Benazir Bhutto al potere. Il PPP aveva conquistato 86 seggi sui 217 totali dell’Assemblea, contro i 72 ottenuti da Sharif. La Bhutto da parte sua era riuscita a conquistare il sostegno dei partiti minoritari, venendo così confermata con 121 voti.
Gli
sforzi della Bhutto per la democratizzazione del paese e per l’uguaglianza dei
diritti civili si arenarono a causa dei numerosi episodi di violenza sia
politica che etnica scoppiati tra il 1994 e il 1995.
Uno dei
principali avversari politici della Bhutto, suo fratello Murtaza, morì il 20
settembre del 1996 durante degli scontri con le forze dell’ordine.
Murtaza era il leader di un gruppo di guerriglieri che chiedeva le dimissioni
del primo ministro. I due fratelli Bhutto erano rivali in politica fin da
quando, nel 1977, il padre era stato destituito.
Nel
novembre 1996 la Bhutto, accusata di corruzione, fu costretta a dimettersi.
Vennero quindi indette nuove elezioni, dalle quali il PPP uscì sconfitto. Miraj Khalid assunse la carica di primo ministro ad interim fino all’inizio del 1997, quando Sharif tornò a rioccupare l’incarico.
Nella
regione del Kashmir intanto non cessavano gli scontri armati fra India e
Pakistan. La tensione fra i due paesi si acuì nel maggio del 1998,
quando, a seguito di alcuni test nucleari condotti dall’India, il Pakistan
rispose a sua volta con altri esperimenti atomici.
Il 12
ottobre 1999, in seguito all’ordine di destituzione emesso dal primo
ministro Sharif nei suoi confronti, il generale Pervez Musharraf, che
aveva condotto le operazioni militari in Kashmir, effettuò un colpo di stato.
Il Pakistan divenne così la prima potenza nucleare nella storia a essere
governata da militari.
Il
governo militare giudicò il primo ministro, i cui avvocati ricevettero costanti
minacce di morte. L’avvocato principale della difesa, Iqbal Raad, fu ucciso
nel suo stesso studio. Il governo di Musharraf attribuì la morte di Raad ai
terroristi, mentre i seguaci di Sharif accusarono il governo.
Il 10
dicembre Sharif fu rimesso in libertà e, insieme alla sua famiglia, si ritirò
in Arabia Saudita.
Alla
fine di dicembre 1999 si tenne la prima fase delle elezioni locali in 18
distretti su 106.
Nel
marzo 2000 si svolse la seconda fase delle elezioni locali in 20
distretti, mentre aumentavano le pressioni sul capo del governo affinché
stabilisse i tempi per la transizione alla democrazia nell’ottobre 2002.
Musharraf divenne Capo di Stato e fu nominato presidente del Pakistan il 20 giugno 2001. Dichiarò che avrebbe mantenuto le stesse funzioni di capo del governo continuando ad essere capo di stato maggiore dell’esercito. Il 6 ottobre Musharraf, con l’approvazione dei militari e dei suoi ministri, prolungò indefinitamente il proprio mandato di capo supremo delle forze armate.
A metà
luglio nella città indiana di Agra si svolse un vertice tra il primo
ministro indiano, Bihari Vajpajee, e Musharraf che non riuscì a risolvere i problemi tra i due paesi.
Dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 a New York e Washington, gli Stati Uniti tolsero le sanzioni economiche e militari imposte all’India e al Pakistan in seguito agli esperimenti nucleari del 1998. La misura fu motivata dall’appoggio di Musharraf all’operazione militare statunitense in Afghanistan contro il regime taliban e il terrorista saudita Osama bin Laden.
Gli
interventi dell’aeronautica statunitense sull’Afghanistan provocarono
diffuse proteste tra i gruppi islamici pakistani. Musharraf fece alcuni
cambiamenti nell’esercito, rimuovendo alcuni generali filoislamisti dalle
posizioni più strategiche poco prima che iniziassero i bombardamenti nel paese
vicino.
In
ottobre il segretario di Stato statunitense, Colin Powell, visitò
Islamabad. Musharraf chiese l’appoggio degli USA nel conflitto del Kashmir,
nonché aiuti economici per far fronte alle conseguenze prodotte dalla marea di
profughi afghani che attraversavano la frontiera (il Pakistan e l’Iran ne
accolsero insieme oltre 3 milioni).
L’India
incolpò il Pakistan dell’attentato suicida perpetrato da attivisti islamisti
contro il Parlamento indiano a Nuova Delhi il 13 dicembre. Musharraf condannò
l’attacco e negò qualunque appoggio agli attentatori da parte del suo governo. Il 26 dicembre l’India spostò truppe e aerei alla frontiera con il Pakistan, aggravando la tensione in Kashmir.
Nel
gennaio 2002 il giornalista statunitense Daniel Pearl fu sequestrato da
un gruppo islamico che lo uccise un mese dopo. Il 18 marzo alcuni terroristi
gettarono granate all’interno di una chiesa protestante a Islamabad, uccidendo
5 persone e ferendone più di 45. Nessun gruppo rivendicò l’attentato, ma il
governo attribuì la responsabilità a miliziani islamismi che reagivano alla
caccia ai terroristi iniziata da Musharraf dietro pressione internazionale.
Nell’aprile 2002, Musharraf indisse un referendum con l'appoggio della Corte Suprema. Con il 97% dei voti gli fu permesso di prolungare il suo mandato presidenziale di altri cinque anni. Tutti gli osservatori denunciarono brogli elettorali.
Le forze di opposizione accusarono Musharraf di essere un dittatore dopo la sua decisione di conferirsi nuovi poteri, tra i quali il diritto di sciogliere un parlamento democraticamente eletto. Nelle elezioni dell'ottobre 2002, il governo impose restrizioni e proscrisse importanti leader come Nawaz Sharif e Benazir Bhutto. Il Partito del Popolo pakistano (PPP), che sosteneva i militari, vinse con una leggera maggioranza. Tuttavia, il risultato più critico fu la crescita dei partiti islamici, soprattutto nelle zone di confine con l’Afghanistan, che li avrebbe resi elementi chiave in qualunque governo di coalizione.
Nel
novembre 2002 l’Assemblea Nazionale nominò primo ministro Zafarullah
Jamali (stretto alleato di Musharraf).
Nel
giugno 2003, la Svaria venne introdotta nella legislazione della
Provincia della Frontiera di Nordovest.
Nel
novembre 2003, il Pakistan dichiarò il cessate-il-fuoco nel Kashmir,
immediatamente seguito dall’India. In dicembre, Musharraf sopravvisse
miracolosamente a un attentato: una bomba esplose sotto un ponte pochi secondi
dopo il passaggio della sua automobile.
Nel
febbraio 2004, il principale scienziato nucleare del paese Abdul Qadeer Khan ammise di aver lavorato su progetti segreti per la costruzione di armi nucleari. Disse che la tecnologia era stata trasferita in Libia, Corea del Nord e Iran.
Il
segretario di Stato americano Colin Powell dichiarò, nel marzo 2004, che il
Pakistan era il principale alleato non-NATO degli Stati Uniti nella lotta
contro il terrorismo, dopo le intense operazioni lanciate contro la rete di
al-Qaeda lungo il confine con l’Afghanistan.
In
marzo-aprile 2004, dopo un’interruzione di 14 anni, si ripresero a giocare le
partite di cricket tra India e Pakistan, importante simbolo di
riavvicinamento tra le due nazioni.
Nel
giugno 2004, il primo ministro Zararullah Khan Jamali rinunciò al proprio
incarico. Dopo il breve governo ad interim di Chaundhry Shujaat Hussain, divenne primo ministro Shaukat Aziz. Alcuni osservatori sostennero che ciò non avrebbe portato grandi cambiamenti nella politica del paese, dal momento che a detenere veramente il potere è il presidente Musharraf.
Nello stesso anno, gruppi nazionalisti avevano dato inizio ad azioni di guerriglia nel Balochistan, rivendicando maggiore autonomia e una più alta percentuale delle entrate derivanti dalle riserve di gas della regione. Il conflitto si intensificò nel marzo 2005.
L’8 ottobre 2005, alle ore 3:50 un violento terremoto colpisce il Pakistan. L’epicentro è a Muzaffarabad, capoluogo dell’Azad Kashmir, a circa 100 km a nord-nordest di Islamabad. Più di 73 mila le vittime e tre milioni di sfollati. Nel marzo 2006 nelle città di Miran Shah e Mir Ali, nella regione tribale del Nord Waziristan, ci sono stati violentissimi combattimenti tra i guerriglieri filo-talebani e l’esercito pachistano: il bilancio finale della battaglia parla di almeno 120 talebani uccisi e un imprecisato numero di soldati morti. Migliaia di persone sono fuggite dalle due città distrutte dai missili e dai bombardamenti aerei. Gli scontri seguono l’offensiva governativa sferrata all’inizio del mese con un bombardamento aereo sul villaggio Danda Saidgai, 15 chilometri a nord di Miran Shah, che aveva causato almeno 45 morti, molti dei quali civili.Nel settembre 2006, dopo oltre due mesi di negoziati e di tregua nei combattimenti, guerriglieri waziri e governo pachistano hanno raggiunto oggi un accordo sulla cessazione definitiva delle ostilità. La ‘Gran Jirga della Pace’, composta dai capi tribali, religiosi e militari del Waziristan, ha annunciato che il governo di Islamabad cesserà le operazioni militari nella regione, toglierà i posti di blocco dell’esercito e libererà tutti i prigionieri di guerra catturati durante il conflitto. In cambio i capi tribù, gli ulema e i comandanti militari waziri dovranno garantire la fine degli attacchi contro forze e obiettivi governativi da parte dei combattenti talebani waziri, la restaurazione dell’autorità governativa nella regione, la chiusura dei campi d’addestramento dei talebani che combattono in Afghanistan, lo stop alle incursioni compiute oltre confine, cioè appunto in Afghanistan, e l’allontanamento di tutti gli stranieri presenti nella regione, ovvero dei militanti di al Qaeda.