I crimini internazionali
A seguito dei gravi crimini commessi durante la seconda guerra mondiale (sterminio, deportazioni di massa, imposizione di lavori forzati) la comunità internazionale sentì l’esigenza di punire i criminali nazisti responsabili di tali atrocità, in relazione alle quali per la prima volta si parlò di crimini internazionali e di responsabilità degli individui.
In base alle regole di diritto internazionale, sono infatti responsabili penalmente coloro che hanno commesso gravi violazioni di norme consuetudinarie o di norme convenzionali che tutelano principi assoluti e inderogabili. Gli autori di reati internazionali vengono puniti sia dai tribunali interni, sia dalla giustizia internazionale.
Sono crimini internazionali i crimini di guerra, ossia quelle violazioni delle leggi e consuetudini di guerra consistenti in gravi infrazioni (arruolamento forzato dei prigionieri di guerra, cattura di ostaggi, attacchi contro la popolazione civile) delle Convenzioni di Ginevra e del Primo Protocollo addizionale del 1977, nel contesto di un conflitto armato di natura internazionale o interna.
Rientrano nella definizione di crimini internazionali i crimini contro l’umanità. A titolo esemplificativo essi sono: l’omicidio, la riduzione in schiavitù, la deportazione forzata della popolazione, la tortura, la violenza sessuale, le persecuzioni per motivi politici, etnici, religiosi, etc.
Questi reati sono punibili in quanto non atti sporadici, ma atti facenti parte di un disegno criminoso, di una prassi generalizzata avallata dal potere politico.
I crimini contro l’umanità possono essere compiuti sia in tempo di guerra che in tempo di pace e danno luogo ad una responsabilità individuale ed internazionale, rilevando per entrambe il rapporto organico che unisce il singolo allo Stato di appartenenza. Se è vero che da una parte l’individuo agisce in qualità di organo dello Stato, dall’altra, però, soltanto gli Stati sono capaci di condurre attacchi estesi e sistematici contro una popolazione civile.
Il genocidio è un crimine internazionale consistente nella distruzione totale o parziale di un gruppo etnico, razziale e/o religioso. Nel 1948 è divenuto oggetto di un'apposita Convenzione.
La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio ha prescritto la punibilità non solo degli atti diretti di genocidio, ma anche di quelli ad esso connessi, indipendentemente dal fatto che siano stati compiuti in tempo di pace o di guerra. E’ prevista, inoltre, una complementarietà di responsabilità, nel senso che sono penalmente responsabili sia i singoli individui che hanno commesso il fatto sia lo Stato cui appartengono.
Le norme sul divieto di genocidio fanno parte dello ius cogens.
Nell'aprile 2006 il Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha nominato un Comitato Consultivo per la prevenzione del genocidio (composto da otto personalità particolarmente esperte nel settore della prevenzione dei conflitti, dei diritti umani, del mantenimento della pace, della diplomazia e della mediazione), allo scopo di offrire un orientamento e un supporto al lavoro del Consigliere Speciale del Segretario Generale sulla prevenzione del genocidio e contribuire agli sforzi delle Nazioni Unite per prevenire i genocidi.
La tortura è punibile come crimine internazionale, a prescindere dal fatto che sia commessa secondo una prassi diffusa (in tal caso è punita come crimine contro l’umanità), o singolarmente come atto isolato, in tempo di pace o di guerra (in quest’ultimo caso rientra nella fattispecie dei crimini di guerra).
Nel 1984 l'ONU ha adottato una Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti (del 2002 è un Protocollo opzionale a tale Convenzione), con lo scopo di fornire la comunità internazionale di una disciplina organica in materia.
Con lo stesso fine - ma con un’applicazione territoriale più ristretta - il Consiglio d’Europa ha elaborato nel 1987 una Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti.