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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Aggressione e terrorismo



Il diritto internazionale vieta, in quanto crimine internazionale, qualsiasi pianificazione, organizzazione o preparazione, realizzata da uno Stato, di azioni armate (gravi e diffuse) contro l’integrità territoriale di un altro Stato o contro la sua indipendenza politica, compiute in violazione della Carta delle Nazioni Unite (articolo 2, paragrafo 4).

Con l’entrata in vigore dello Statuto delle Nazioni Unite il divieto all’uso della forza diventa norma di portata generale (principio che è anche norma consuetudinaria). Per effetto di tale disposizione gli Stati rinunciano al potere (di sovranità) di decidere da soli un attacco armato, per lasciare ad appositi organismi internazionali l’onere di intervenire per dirimere i conflitti. La violazione dell’articolo 2 della Carta rappresenta un crimine non solo nei confronti dello Stato (o degli Stati) che ha subito l’invasione, ma di tutta la comunità internazionale.

Se nessun dubbio vi è riguardo alla definizione e al divieto di un’azione militare contro l'integrità territoriale e l'autonomia di governo di uno Stato straniero, l’aggressione, tuttavia, sia come reato di diritto interno sia come illecito internazionale, non ha ricevuto nella prassi un’adeguata tutela.

Secondo parte della dottrina giuridica, un'eccessiva puntualizzazione del crimine di aggressione potrebbe compromettere da un lato il potere discrezionale del Consiglio di Sicurezza riguardo l’accertamento degli atti di aggressione (articoli 39 e seguenti della Carta delle Nazioni Unite), dall’altro restringere la sfera di azione dei vari Stati.
Ecco perché a partire dal 1948 non si è celebrato alcun procedimento penale internazionale o interno riguardante tale crimine, nonostante la realtà dei fatti abbia messo in evidenza quanti e tanti siano i casi di aggressione in tutto il mondo perpetrati da alcuni Stati a danno di altri. Ad esempio, nel 1985 il Consiglio di Sicurezza è intervenuto (con la risoluzione 573) a condannare l’attacco da parte dello Stato di Israele contro la sede dell’OLP in Tunisia, qualificandolo come atto di aggressione. In altri casi, invece, ha semplicemente giudicato l’uso dell’azione armata (senza attribuirgli alcuna definizione), come nel caso della guerra tra Etiopia ed Eritrea (risoluzioni n. 1177 del 1998 e n. 1227 del 1999).

Non esiste un documento organico ed unico che definisce il terrorismo come crimine internazionale, sebbene vi siano diverse convenzioni specifiche sulla materia.
Si può dire, però, che la finalità dei gruppi terroristici è quella di realizzare azioni violente tali da creare uno stato di terrore tra la popolazione.
Data la gravità di tale crimine, ogni Stato può processare coloro che si siano macchiati di atti di terrorismo purché si trovino sul suo territorio, applicandosi, nell’esercizio della giurisdizione nazionale, il criterio dell’universalità. La ratio, in questo caso, è che lo Stato che punisce persegue un interesse che è di tutta la comunità internazionale.

Il terrorismo è stato oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi da parte di diverse istituzioni internazionali. Dal dicembre 1972 al gennaio 2001 l’Assemblea Generale dell'ONU si è espressa 24 volte (con altrettante risoluzioni, alcune approvate in occasione di gravi attentati) riguardo la creazione di appositi comitati ad hoc e sulle misure da adottare per la lotta al terrorismo.
Dal settembre 2001, a seguito degli attentati a New York, Washington e in Pennsylvania, l’Assemblea Generale ha intensificato (iniziando con la risoluzione A/RES/56/1 del 18 settembre 2001) il numero delle risoluzioni in tema di terrorismo (finora 19).

Precedentemente, con la risoluzione n. 52/210 del 17 dicembre 1996, l’Assemblea Generale aveva creato un Comitato ad hoc per l’elaborazione di una convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo, che fosse capace al tempo stesso di implementare gli strumenti internazionali in materia e individuare quali strumenti, tra quelli previsti dalle singole convenzioni internazionali sul terrorismo (ben 12), fossero più idonei ad essere utilizzati in un quadro complessivo della lotta al terrorismo. Il Comitato ad hoc ha contribuito, nel corso del tempo, all’adozione di tre trattati internazionali: 1) la Convenzione internazionale per la soppressione dell’uso di bombe a fini terroristici (approvata dall’Assemblea Generale con la risoluzione A/RES/52/164 del 15 dicembre 1997); 2) la Convenzione internazionale per la soppressione del finanziamento del terrorismo (approvata dall’Assemblea Generale con la risoluzione A/RES/54/109 del 9 dicembre 1999); 3) la Convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare (adottata dall’Assemblea Generale il 15 aprile 2005 con la risoluzione A/RES/59/290).

La necessità di tracciare una convenzione complessiva in tema di terrorismo è stata ulteriormente evidenziata durante il World Summit 2005, svoltosi a New York dal 14 al 16 settembre 2005.
Analogamente, pochi mesi prima il Segretario Generale ha lanciato una “A Global Strategy for fighting terrorism” (10 marzo 2005), i cui elementi principali sono: 1) impedire che i gruppi ribelli scelgano il terrorismo come tattica per il raggiungimento dei propri obiettivi; 2) negare i mezzi ai terroristi per eseguire gli attacchi; 3) dissuadere gli Stati dal supportare i terroristi; 4) sviluppare la capacità degli Stati nel prevenire il terrorismo; 5) difendere i diritti umani nella lotta contro il terrorismo.

In risposta all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, il Consiglio di Sicurezza ha istituito, con la risoluzione 1373 del 28 settembre 2001, in qualità di organo sussidiario il Comitato contro il terrorismo (Conter-Terrorism Committee) - secondo i poteri spettantegli in base al cap. VII della Carta. Il Comitato (CTC), costituito da tutti i 15 membri del Consiglio di Sicurezza, ha il mandato di monitorare l’implementazione della risoluzione 1373 da parte di tutti gli Stati, cercando al contempo di incrementare la capacità dei singoli paesi nella lotta al terrorismo. Non ha nessun potere nell’emanazione delle sanzioni e non possiede una lista di individui o di organizzazioni terroristiche, caratteristiche affidate, invece, all’altro Comitato istituito dal Consiglio di Sicurezza (con la risoluzione 1267 del 15 ottobre 1999) - Comitato sanzioni contro Al Quaeda e i Talebani (Security Council Committee established pursuant to resolution 1267 (1999) concerning Al-Qaida and the Taliban and associated indivividuals and entities) - con lo scopo di tenere aggiornata la lista di persone e organizzazioni terroristiche e di adottare sanzioni in questo specifico ambito.

A livello europeo, con la “Dichiarazione per combattere il terrorismo” il Consiglio Europeo del 25 marzo 2004 ha nominato un Coordinatore europeo per la lotta al terrorismo (l'olandese Gijs de Vries), con il compito di coordinare le attività del Consiglio Europeo nella lotta al terrorismo e mantenere una valutazione generale di tutti gli strumenti a disposizione della UE in materia. Il documento segue il Piano d’Azione dell’Unione Europea adottato il 28 settembre 2001, che contiene un’apposita disciplina riguardante varie misure da adottare in vari campi ritenuti strategici per la lotta al terrorismo (sicurezza delle frontiere, azioni di polizia internazionali e cooperazione giudiziaria, ecc.).

La NATO ha adottato in via informale una Dichiarazione sul terrorismo (2 aprile 2004) che indica le misure da adottare per un efficiente scambio di informazioni e l’idea di unità operativa anti-terrorismo (Terrorist Threat Intelligence Unit), che utilizza risorse militari e civili per migliorare le capacità di intelligence e analisi.

Il 27 e 28 novembre 2005, a dieci anni dalla prima Conferenza di Barcellona, la città catalana ha ospitato una nuova Conferenza euromediterranea: “Barcellona +10”. Il vertice (che ha visto comunque l'approvazione di un Euro-Mediterranean Code of Conduct on Countering Terrorism) ha registrato il contrasto sulla definizione di terrorismo, ovvero la distinzione, inaccettabile per l’Europa, fra terroristi e resistenti per il proprio Paese, per identificare coloro che compiono stragi per liberare il proprio Paese dall’”occupazione”.


UN terrorism per approfondire visita il sito dell'
"Azione dell'Onu contro il terrorismo"

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