Disarmare Dio e l'uomo
Disarmare Dio e l'uomo. I cristiani e gli armamenti
La scelta del disarmo
Scrivendo un appello ai responsabili della guerra nella ex-Jugoslavia
don Tonino Bello diceva:
"Mettetevi dalla parte della gente, non di chi specula sulla guerra, sul
mercato delle armi, sul mercato nero, ma della grande massa che soffre, che
muore. Deponete le armi, sottraetevi dall'oppressione dei mercanti della guerra,
afferrate strumenti di pace".
Perché rifiutare la logica delle armi e del riarmo?
Perché le armi generano cattivi sogni
"Le armi, quelle terribili specialmente, che la scienza
moderna vi ha date, ancora prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi
sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi
tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di
utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli" diceva Paolo VI all'ONU
il 4 ottobre 1965.
Ben altro da quello generato dalle armi e dal riarmo globale è il sogno
del profeta Isaia:
"Verranno molti popoli e diranno: Venite, saliamo al monte del Signore!
Perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare sui suoi sentieri ...
Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Un popolo non alzerà
più la spada contro un altro popolo. Non si eserciteranno più
nell'arte della guerra" (Isaia)
Perché le armi sponsorizzano il potere del più forte
"La corsa agli armamenti costituisce in realtà una violazione del diritto mediante la forza, l'accumulazione delle armi diviene il pretesto per la corsa ad aumentare la forza al potere" (Pontificio Commissione Justitia et Pax, "La Santa Sede e il disarmo generale", 1976). Infatti le armi in generale e quelle nucleari in particolare non servono a difendere la libertà ma la posizione di privilegio iniquo di cui gode il mondo nord-occidentale. "Rinunciare ad esse significherebbe rinunciare al nostro vantaggio economico sugli altri popoli. La pace e la giustizia procedono insieme. Sulla strada che seguiamo attualmente, la nostra politica economica verso gli altri paesi ha bisogno delle armi nucleari. Abbandonare queste armi significherebbe abbandonare qualcosa di più che i nostri strumenti di terrore globale; significherebbe abbandonare le ragioni di tale terrore: il nostro posto privilegiato in questo mondo" (R. Hunthousen, arcivescovo di Seattle).
Perché le armi sono un crimine contro i poveri
"La corsa agli armamenti anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa ... costituisce in realtà un furto, perché i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni e dei blocchi meglio favoriti. La contraddizione manifesta fra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (paesi in via di sviluppo, emarginati e poveri delle società abbienti) costituisce una aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame (Pontificio Commissione Justitia et Pax, "La Santa Sede e il disarmo generale", 1976). E' chiaro che la ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano al violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.
Perché le armi minacciano la pace e la convivenza
"L'enorme aumento delle armi rappresenta una minaccia grave per la stabilità e la pace. Il principio di sufficienza, in virtù del quale uno stato può possedere unicamente i mezzi necessari alla sua legittima difesa, deve essere applicato sia dagli stati che comprano armi, sia da quelli che le producono e le forniscono" (Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, "Il commercio internazionale delle armi", 1994). Non c'è giustificazione morale ad un accumulo eccessivo di armi e al loro commercio generalizzato. Le armi non devono mai essere considerate alla stregua di altri beni scambiati sul mercato interno o a livello mondiale.
Perché le armi non allontanano la guerra
C'è anche chi sostiene, ancora oggi, nonostante lo storico
fallimento, il principio della deterrenza. Le politiche della deterrenza tipiche
del periodo della guerra fredda vanno sostituite con concrete misure di disarmo,
basate sul dialogo, sui trattati di non proliferazione e sul disarmo unilaterale
e multilaterale. Grave è in fatti il giudizio morale sul principio di
deterrenza:
"L'accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere
dalla guerra eventuali avversari. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno
fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi
dall'eliminare le cause delle guerre, rischia di aggravarle" (Catechismo
della Chiesa Cattolica, 2315)
Ci resta la scelta del disarmo
La dottrina sociale della chiesa propone la meta di un "disarmo
generale, equilibrato e controllato" (Giovanni Paolo II, messaggio per
il 40° anniversario dell'ONU, 1985). Un obiettivo ben lontano da raggiungere
se i dati che abbiamo valutato ci mostrano che oggi, come mai nella storia umana,
il pianeta terra è un "pianeta armato", un pianeta in cui non
ci sono stati o zone che non siano provviste di gravi sistemi d'arma e dunque
con la possibilità di scatenare una guerra; che le armi moderne, le quali
invecchiano presto, sono sostituite in continuazione e con estrema rapidità
da armi nuove, assai più micidiali. Questa necessità di rinnovare
continuamente le vecchie armi e di inventarne di nuove fa sì che i maggiori
sforzi che oggi compie l'intelligenza umana siano diretti a creare sempre nuovi
e più raffinati strumenti di morte. E' questa una delle maggiori offese
che l'uomo di oggi fa a Dio e a se stesso, perché Dio ha donato l'intelligenza
affinché l'essere umano se ne serva per promuovere la vita e non per
dare la morte. (cfr, Civiltà Cattolica, quaderno 3713, 2005).
In questo comune impegno per il disarmo (economico, culturale, spirituale, politico)
e la pace e insieme per i poveri del mondo, le varie chiese cristiane sembrano
ritrovare un loro sano protagonismo. In primo piano non tanto una "verità"
- dogmatica o etica - che si contrappone ad altre, ma un volto, quello del povero
e della vittima, dovunque si trovi e qualunque sia la sua fede.
Gioverà questo impegno delle chiese a fermare le armi? È difficile
dirlo: la strada è tracciata e i riferimenti chiari ma i tempi nei quali
le chiese benedicevano bandiere, eserciti e cannoni sono ancora troppo vicini.
Fabio Corazzina - 2006