Mons. Celestino Miglore all'ONU (2004)
PACE E DISARMO: L'IMPEGNO DELLA SANTA SEDE ALL'ONU
Il testo riprende vari interventi svolti da mons. Celestino Migliore, Osservatore
Permanente della Santa Sede all'Onu, nell'arco degli ultimi tre anni.(2004-2006)
Nativo di Cuneo, l'arcivescovo Celestino Migliore, dal 30 ottobre
2002 è Osservatore permanente del Vaticano alle Nazioni Unite.
Nel 2005 si è tenuto a New York il Summit per il 60° anniversario
delle Nazioni Unite che va portato a compimento, realizzando il pacchetto concordato
di riforme contenuto nel documento finale "Outcome document". In esso
non si trova alcun accenno al controllo delle armi e ai problemi della non proliferazione
e del disarmo nucleare. Il fatto è deplorevole.
PACE E SICUREZZA
A causa delle tragedie umane del genocidio, dei crimini di guerra, delle pulizie
etniche e dei crimini contro l'umanità, la responsabilità di proteggere,
così come descritta nel documento Outcome, ha conquistato maggiore consenso
per ragioni umanitarie. La sua definitiva formulazione legale potrebbe contribuire
molto all'arricchimento non solo del diritto internazionale, ma anche di una
sincera solidarietà tra le nazioni. Identificare con grande cura e onestà
le cause di tali disastri operati dall'uomo, è indispensabile per creare
più tempestive misure di prevenzione. La protezione e l'assistenza delle
vittime si completano a vicenda con la lucida analisi e la pubblica consapevolezza
delle cause delle crisi umanitarie. Il silenzio del documento Outcome circa
il disarmo e la non proliferazione è preoccupante. L'armamento nucleare
è devastante per i popoli e l'ambiente; distrugge la vita delle persone
e il substrato di ogni economia decente. Perciò dobbiamo insistere non
solo sulla non proliferazione nucleare e sul rafforzamento del sistema delle
verifiche e salvaguardie attuato dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica
(Aiea), ma anche sul completo disarmo nucleare. Nessuno sforzo deve essere risparmiato
per scoraggiare non solo la produzione di armi nucleari, ma anche ogni commercio
o scambio di tali materiali. È angosciante apprendere che la spesa militare
mondiale per il 2004 ha superato il miliardo di dollari e se ne prevede un ulteriore
aumento, mentre si presta scarsa attenzione alla grande quantità di morti
causata dall'intermediazione lecita, dal traffico e dalla vendita di armi leggere
e di piccolo calibro. Che si spenda più denaro e intelligenza per la
morte che per la vita è uno scandalo che dovrebbe essere la più
grande preoccupazione di tutti i Paesi.
IL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE
Naturalmente, un mondo sicuro non sarà quello solo libero dalla minaccia
di guerra, ma quello in cui sarà assicurato anche lo sviluppo umano sostenibile
attraverso una governance solida e globale. Questa governance globale ha una
propria logica, ma manca di una propria etica, qualcosa cui le Nazioni del mondo
devono supplire. Viviamo in una società interdipendente ma fragile, e
in molti Paesi i maggiori interessi dei popoli non sono ben serviti. Basti menzionare
tre aree specifiche di una sfida etica al riguardo: la solidarietà con
i poveri, la promozione del bene comune e un ambiente sostenibile.
Le piccole conquiste raggiunte in quest'ultima area restano a rischio, a causa,
tra l'altro, del cambiamento climatico, delle nuove malattie, della distruzione
irresponsabile delle foreste, dell'inquinamento delle acque, dell'estinzione
di specie di pesci, della distruzione di patrimoni globali come gli oceani,
ecc. Si stima che 15 dei 24 servizi essenziali forniti dagli ecosistemi, vengano
usati in un modo insostenibile. L'enormità della sfida ambientale oggi
ci obbliga a ripensare le nostre nozioni di interdipendenza e cooperazione globale,
e la nostra responsabilità comune per la gestione del pianeta. Le differenze
su come affrontare le sfide non dovrebbero impedire il consenso sull'identificazione
di minacce ambientali specifiche e di rimedi comuni per fronteggiarle.
Un altro principio nodale ha bisogno di essere introdotto sotto forma di trasferimento
di potere ai livelli locali per assicurare quella maggiore efficacia e responsabilità,
noto pure come "sussidiarità". L'applicazione di questo principio
porterebbe a un rispetto genuino per i diritti delle Nazioni e per la significatività
della cultura, bilanciando particolarismo e universalismo. La governance globale
deve anche affrontare il deficit democratico per garantire una globalizzazione
senza emarginazione. La riduzione della povertà, con la partecipazione
dei poveri ai processi decisionali, sarebbe una giustizia espressa attraverso
la partecipazione. In questo contesto, le Nazioni Unite diventano la proiezione
della speranza di pace e benessere del mondo. Rispondere a questo alto appello,
appropriato alla sua natura e funzione, richiede chiare caratteristiche di leadership,
coraggio dell'organizzazione e di quelli che ne fanno parte e una visione comune
per i suoi leader, collaboratori e interlocutori a ogni livello.
DIRITTI UMANI E DIVERSITÀ TRA CULTURE
Una riforma del Consiglio dei diritti umani che ne migliori l'attuale azione
è benvenuta. La legge internazionale e le sue istituzioni sono vitali
per l'applicazione e il rafforzamento dei diritti umani. Ugualmente non dobbiamo
perdere di vista l'importanza che la Dichiarazione universale dei diritti umani
attribuisce all'incorporazione dei suoi principi nella legislazione nazionale
e all'educazione nel promuovere una cultura rispettosa dei diritti. Promozione
e rafforzamento dei diritti umani a livello nazionale e costante attenzione
all'educazione resteranno indispensabili per permettere loro di fiorire in un
nuovo sistema. La Comunità internazionale pare aver dimenticato che non
solo i diritti umani essenziali, ma anche i doveri umani sostengono la Dichiarazione.
Questi stabiliscono la cornice nella quale i nostri diritti sono contenuti,
cosicché non siano esercitati in modo selettivo. Il riferimento ai doveri
nella Dichiarazione universale ci ricorda che i diritti di solito implicano
responsabilità e se noi esigiamo che i nostri diritti siano rispettati,
dobbiamo rispettare quelli degli altri. Ci ricorda che tutti siamo membri di
una singola famiglia umana e non isolati portatori di diritti, ma piuttosto
interconnessi nella reciprocità. In verità, il fatto che la Dichiarazione
riconosca l'interdipendenza dei diritti e dei doveri è stato uno degli
elementi chiave che hanno permesso di ottenere il consenso dalle Nazioni occidentali
e orientali, del Nord e del Sud. Oggi, quando la globalizzazione ci ha resi
interdipendenti più che mai, un maggiore senso dei doveri umani universali
dovrebbe beneficiare la causa della pace, perché la consapevolezza della
nostra reciproca responsabilità riconosce i doveri come essenziali per
un ordine sociale che non dipende dalla volontà o dal potere di un individuo
o di un gruppo.
DIRITTI UMANI E PLURALISMO
È riemersa la questione di come ci possano essere diritti universali
in un contesto di diversità delle culture. Alcuni sostengono che tutti
i diritti sono culturalmente relativi, altri affermano che i diritti universali
sono solo strumenti di un certo imperialismo culturale e altri ancora credono
che tra queste due posizioni non possa essere creato un ponte. La Santa Sede,
tuttavia, condivide la fede dei principali sostenitori della Dichiarazione universale
che certi valori siano così fondamentali da poter trovare sostegno nelle
tradizioni morali e filosofiche delle culture. Per questa ragione tali principi
universali o diritti umani fondamentali sono innegabili. Nella loro essenza
fondamentale, sono universalmente riconosciuti e devono operare "erga omnes".Rifiutare
l'universalità dei diritti umani fondamentali significa negare che il
destino politico dell'umanità possa essere influenzato dalla ragione
e dalla scelta. Significa dare l'ultima parola negli affari umani alla forza
e al caso. Ciò sarebbe contrario a tutti i principi su cui l'Onu è
stata fondata. Rigettare l'idea che i diritti fondamentali siano relativi, tuttavia,
non impone di respingere il legittimo pluralismo nella loro attuazione. Al contrario,
poiché il pluralismo è la sola via per andare al di là
dello sterile dibattito relativismo-imperialismo. La Santa Sede, sulla base
della sua lunga esperienza nell'osservare come una serie comune di principi
possa prendere radici e fiorire in culture assai diverse, afferma a questo proposito
la saggezza di quelli che hanno scritto la Dichiarazione universale. La cornice
che essi hanno costruito è abbastanza flessibile per permettere di sottolineare
e promuovere le differenze, ma non così malleabile da consentire a qualsiasi
diritto umano fondamentale di essere completamente eclissato o subordinato senza
necessità ad altri diritti. Purtroppo l'approccio legittimamente pluralista
ai diritti umani viene qualche volta dimenticato, ma deve essere riportato all'attenzione
se vogliamo evitarne un rovesciamento o una visione omogeneizzata.
RELIGIONI CULTURE E CIVILTÀ
Alla vigilia di recenti atti di terribile violenza, da varie parti sono venuti
appelli a promuovere una maggiore comprensione tra le religioni, le culture
e le civiltà. La Santa Sede sostiene le iniziative nel campo della cooperazione
interreligiosa e del dialogo tra le civiltà, specie dove, nello spirito
del loro riferimento e della loro lealtà a Dio, esse formano coscienze,
forniscono valori morali comuni, promuovono una comprensione interculturale
e impegni concreti. Questi compiti richiedono una valutazione continua della
motivazione e delle strategie, delle leggi e delle istituzioni. È la
missione dei leader civili e religiosi essere una fonte di ispirazione, sostegno
e guida per tutti i popoli di buona volontà che compiono sforzi verso
una pace sostenibile. La Santa Sede comprende anche che c'è un tipo particolare
di dialogo interreligioso in cui i rappresentanti religiosi si impegnano in
discussioni sugli elementi teologici e spirituali delle loro religioni e si
scambiano esperienze positive in vista della promozione della comprensione reciproca
e del rispetto per tutti. Questo tipo di dialogo non sembra essere parte della
Carta delle Nazioni Unite, perciò è meglio lasciarlo agli esperti
e ai rappresentanti delle religioni. Ma l'Onu, come fonte di gesti di pace che
vengono dall'accumulata saggezza dei suoi membri, può dare un contributo
valido e importante alla cooperazione interreligiosa per la pace e lo sviluppo.
UN RINNOVATO IMPEGNO PER IL DISARMO
Nei mesi scorsi, molti hanno sperato che le questioni del disarmo e della non
proliferazione fossero affrontate dai leader del mondo durante il Summit per
il 60° anniversario delle Nazioni Unite. In verità, la bozza di documento
preparata per il Summit domandava agli Stati di "proseguire e intensificare
i negoziati con l'obiettivo di progredire verso un disarmo generale e completo
e di rafforzare il regime internazionale di non proliferazione". Li incoraggiava
a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare e le Convenzioni sulle
armi biologiche e chimiche. Tutto ciò non è però apparso
nel documento conclusivo. Il Segretario generale ha definito tale esclusione
"una disgrazia". Questo è avvenuto non perché alla maggioranza
dei leader e dei governi non stessero a cuore la sofferenza e i pericoli crescenti
creati dalla proliferazione delle armi di ogni tipo. Ma la pressione è
tale che le preoccupazioni legittime e serie di molti, specie dei più
vulnerabili ed emarginati, sono spesso messe da parte. Sebbene l'apertura della
Convenzione per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare sia stata
importante, resta deplorevole che la Conferenza di revisione sul Trattato di
non proliferazione sia terminata nel maggio del 2005 senza alcuna decisione
significativa. Le armi nucleari stanno diventando un elemento permanente di
alcune dottrine militari e c'è stato un drammatico aumento del 20% delle
spese belliche mondiali negli ultimi due anni. Complessivamente le vendite di
armi delle cento maggiori compagnie produttrici sono cresciute del 25% in un
solo anno. Le armi leggere uccidono almeno 500mila persone all'anno e le Conferenze
delle Nazioni Unite in materia non hanno ancora prodotto uno strumento che ne
vincoli legalmente i trasferimenti. Il commercio legale delle armi è
in crescita e il flusso illegale verso le zone di conflitto del mondo è
responsabile di innumerevoli morti. Gli attacchi terroristici con l'uso di fucili
d'assalto, armi automatiche, granate, mine, missili lanciati con fucili a spalla
e piccoli esplosivi sono in aumento.
DISARMO: PILASTRO PER LA PACE
È frustrante che i principi e il progresso verso il disarmo si siano
indeboliti per la riluttanza di alcuni a disarmare e per l'indisponibilità
di altri ad assumere pubblicamente questo impegno. La Santa Sede riafferma l'importanza
del controllo delle armi e del disarmo, che sono i pilastri fondamentali per
l'architettura della pace. Tutti i membri delle Nazioni Unite hanno il dovere
di continuare a lavorare sugli elementi tecnici, legali e politici del disarmo,
poiché la sicurezza di tutti viene rafforzata quando il disarmo e lo
sviluppo si completano l'un l'altro. Dobbiamo sottolineare i benefici economici
delle misure di disarmo, lavorare costantemente sulle alternative di sviluppo
al militarismo e portare i Paesi che la pensano in modo simile a mettere le
fondamenta di una convenzione sulle armi nucleari.
Analogamente, c'è un urgente bisogno di lavorare a livello locale, nazionale,
regionale e globale per eliminare le armi leggere e di piccolo calibro. La sicurezza
di tutti gli esseri umani aumenterà con un'azione molteplice che implichi
il controllo delle armi, la riduzione della criminalità e i componenti
per la costruzione della pace. Gli importanti contributi della società
civile dovrebbero essere riconosciuti dai governi. L'incremento della collaborazione
tra governi e società civile consoliderebbe molto gli sforzi di disarmo.
Il 2004 non è stato un buon anno per il controllo delle armi, il disarmo
e la non proliferazione. Giustificare queste mancanze non serve la causa della
pace. Abbiamo però la responsabilità di passare dall'analisi all'azione.
Il "noi, i popoli" delle Nazioni Unite, come la Carta eloquentemente
indica l'umanità, merita di essere libera dalla maledizione dell'autodistruzione.
STRONCARE IL COMMERCIO ILLEGALE DI ARMI LEGGERE
Il Programma di azione per prevenire, combattere e stroncare il commercio illegale
delle armi leggere e di piccolo calibro a livello nazionale, regionale e globale,
adottato all'unanimità nel 2001 alla Conferenza sul commercio illecito
di armi leggere e di piccolo calibro, è il primo documento dell'Onu mirante
a identificare passi che gli Stati possono compiere per fronteggiare questo
problema. Gli sforzi per negoziare uno strumento internazionale che renda gli
Stati capaci di identificare e perseguire, in modo rapido ed efficace, le armi
leggere illecite e di piccolo calibro, sono un altro passo verso un'effettiva
promozione dei diritti umani e del diritto umanitario, tale da rafforzare il
rispetto della vita e la dignità della persona, attraverso la promozione
di una cultura di pace.
Grazie anche al processo avviato alle Nazioni Unite, sembra crescere la consapevolezza
internazionale rispetto a questo problema. Dal 2001 c'è stato un accumulo
di informazioni, esperienze e buone pratiche in questo campo. La società
civile e varie Ong hanno inoltre giocato un ruolo importante a questo riguardo
e continuano a farlo. Tuttavia, dato il bisogno di un approccio multidimensionale
e multidisciplinare, una maggiore cooperazione internazionale è necessaria
per bloccare effettivamente la diffusione e l'accessibilità di queste
armi. Gli sforzi dovrebbero andare nella linea delle indicazioni contenute nel
rapporto del Segretario Generale In Larger Freedom, che sollecita l'adozione
di un concetto più ampio di sicurezza collettiva, la quale fronteggerebbe
le nuove e le vecchie minacce, considerando quindi le preoccupazioni per la
sicurezza di tutti gli Stati, perché tutte le minacce che noi affrontiamo
sono interconnesse. Le minacce ai poveri lasceranno senza dubbio vulnerabili
anche i ricchi. La questione degli sforzi internazionali per il controllo del
commercio illecito delle armi leggere si inserisce perfettamente nella linea
del giudizio del Segretario generale dell'Onu, secondo cui "non ci può
essere nessuno sviluppo senza la sicurezza e nessuna sicurezza senza lo sviluppo".
Il commercio illegale delle armi leggere e di piccolo calibro è una minaccia
ovvia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza. Questa è la ragione
per cui la Santa Sede aggiunge la sua voce agli appelli per un approccio comune
non solo contro il commercio illecito di armi leggere, ma anche alle attività
connesse come il terrorismo, il crimine organizzato e il traffico di persone
e droghe.
Un altro aspetto che la Santa Sede giudica importante sono i bisogni speciali
dei bambini che sono stati vittime dei conflitti armati come descritto dal Piano
di azione. I bambini devono essere presi in considerazione nei programmi di
disarmo, smobilitazione e integrazione (Ddr) nelle situazioni di post-belliche
guerra, nelle operazioni di peacekeeping e peacebuiding e nei programmi di sviluppo
attraverso approcci basati sulla comunità. In questo senso la Santa Sede
appoggia il Segretario generale, quando suggerisce che il Ddr deve trattare
anche i bisogni di ex combattenti che includono donne e bambini e le comunità
che li accolgono. Vanno sviluppate strategie a lungo termine che includono l'obiettivo
di fermare il flagello della proliferazione illegale delle piccole armi per
promuovere la pace e la sicurezza nei singoli Paesi e sul piano internazionale.
La Santa Sede è convinta che l'investimento della prevenzione, nelle
iniziative di peacemaking, peacekeeping e peacebuilding possa salvare milioni
di vite umane.
LA CONFERENZA DEL 2006: OCCASIONE DA NON PERDERE
La Conferenza di revisione del 2006 (26 giugno - 7 luglio) è l'incontro
più importante sulle armi leggere e di piccolo calibro (Salw) dall'adozione
del Programma di azione. Essa rafforzerà il processo cominciato nel 2001,
che sta avendo forti ripercussioni sulla promozione del disarmo, della pace
e della ricostruzione post-bellica, della lotta contro il terrorismo e la grande
e piccola criminalità organizzata.
Essendo pure un'importante occasione per aggiornare il dibattito sui meccanismi
e sui regolamenti nel settore dell'intermediazione, la Conferenza dovrebbe stabilire
maggiori programmi di cooperazione internazionale per promuovere la gestione
e la sicurezza delle riserve, la raccolta di armi e munizioni, la loro distruzione
sicura, i controlli nazionali delle Salw e dei trasferimenti. Bisognerebbe quindi
arrivare a vincolare legalmente il commercio internazionale delle armi con un
trattato basato sui più importanti principi della legge internazionale
e in particolare sui diritti umani e il diritto umanitario. Tale strumento potrebbe
contribuire in gran misura a stroncare il traffico illecito di armi e sottolineare
la responsabilità degli Stati nel rafforzare ancor di più il regime
internazionale sulle Salw.
La Conferenza di revisione del 2006 potrebbe promuovere impegni efficaci sulle
Salw, tenendo conto delle preoccupazioni circa lo sviluppo e i diritti umani,
e lanciare un processo che metta in grado Stati e le Organizzazioni di formulare
principi, strategie e programmi che affrontino i legami tra gli sforzi per prevenire
e ridurre traffico, proliferazione e cattivo uso delle Salw. Per quanto riguarda
l'offerta, il Programma di azione suggerisce azioni dirette a rafforzare i meccanismi
di prevenzione, riduzione e controllo (come la creazione di sistemi per etichettare,
marcare e inventariare, la regolazione dell'attività di intermediatori,
l'identificazione e distruzione di depositi di armi in eccesso).
Tuttavia, se consideriamo i costi umanitari delle Salw e la connessione profonda
tra queste e lo sviluppo umano e sostenibile, è chiaro che bisogna ridurre
drasticamente la loro domanda. Ciò richiede non solo volontà politica,
ma più ancora una ricerca focalizzata sulle dinamiche dei conflitti,
dei crimini e della violenza. Questo ci obbliga a varare adeguate norme internazionali
e a sviluppare attività educative e di coscientizzazione per promuovere
una cultura della pace e della vita, attraverso, tra l'altro, il coinvolgimento
della società civile. Lo stesso Programma di azione riconosce che la
partecipazione e la cooperazione con la società civile è necessaria
per affrontare seriamente il problema della proliferazione e del cattivo uso
delle armi leggere e di piccolo calibro. Il contributo che l'esperienza della
società civile può dare dovrebbe essere preso in considerazione
nel dibattito e nelle successive decisioni.