CRIS
Documento tematico n.4

Possedere i media: un grosso affare?

Potrebbe sembrare che solo i governi ed il settore privato abbiano interessi nel business dei mezzi di comunicazione, soprattutto perché i loro interessi spesso si sovrappongono. Invece, le concentrazioni di media sollevano tutta una serie di questioni rilevanti anche per la società civile.

La proprietà dei media ha subito radicali cambiamenti negli ultimi 10 anni. Una manciata di mega imprese internazionali e regionali – AOL-Time Warner, News Corporation, General Electric, Sony, Vivendi, Viacom, Televisa, Globo e Clarin, insieme a poche altre- ora controlla vaste sezioni del mercato mondiale dei media. Ad esempio, circa il 35% dei giornali che circolano nel Regno Unito sono di proprietà della News Corporation di Rupert Murdoch. Silvio Berlusconi controlla 3 dei 4 canali nazionali privati di teletrasmissione in Italia e ha recentemente messo uno dei suoi “amici” a capo del servizio pubblico radio-televisivo italiano, la RAI. Questa tendenza verso la concentrazione dei media è legata alla diffusione di economie neo-liberali, allo sviluppo tecnologico e all’emergere di una condiscendenza globale e regionale al commercio multilaterale. In effetti, essa rispecchia il modello di economia globale nel quale la ricchezza totale delle 225 persone più ricche del mondo è pari a quella di 2,5 miliardi di poveri.

Che cosa accade quando la proprietà dei media è concentrata fino a questo punto, sia all’interno dei singoli settori che tra i vari settori dei media?

L’enfasi su un contenuto orientato al profitto, e alimentato dalla pubblicità, ha già portato ad una diminuzione del ventaglio delle possibilità di scelta e ad una perdita di spazio per il dibattito informativo. Esistono minacce anche all’attuale sistema di proprietà ed allocazione dei domini di Internet. Anche lo spettro audiovisivo, che è di dominio pubblico, è sotto l’assedio degli interessi commerciali. Di conseguenza, alle persone comuni è reso sempre più difficile l’accesso a canali mediatici indipendenti e a visioni alternative del futuro economico, politico e sociale.

Convergenza e Concentrazioni

Gli sviluppi tecnologici, in particolare la convergenza caratterizzata dall’unione di tecnologie prima non collegate tra loro hanno portato ad una gara per il dominio del mercato e a favorire le concentrazioni proprietarie. L’accaparramento del tradizionale conglomerato mediatico Time Warner da parte della nuova compagnia America Online, che si è fatta dal nulla, è solo un esempio di queste nuove alleanze. Lo scopo era quello di unire il “contenuto” di Time Warner ed il sistema via cavo con la distribuzione a banda larga di AOL. Centinaia di fusioni si sono verificate negli ultimi anni, anche se alcune sono cadute vittime del fallimento dell’economia “.com”.

Alcuni di questi fenomeni sono avvenuti in circostanze piuttosto dubbie. Basti prendere come esempio la continua saga sulla proprietà del dominio Internet “.nu”, che un tempo apparteneva a Nuie, un’isola del Pacifico. .nu fu venduto per una cifra irrisoria ad un imprenditore statunitense in circostanze non molto chiare. L’imprenditore continuò a guadagnare con questo affare, a spese del governo di Nuie, ormai al verde. Casi simili per le prospettive delle risorse dell’informazione mondiale, tra mezzi leciti ed illeciti, stanno diventando comuni e rischiano di caratterizzare l’economia globale dei media e delle tecnologie.

Commercio e Diritti di Proprietà Intellettuale

Questi sviluppi nella concentrazione dei media devono essere visti sullo sfondo di negoziati sul commercio globale e regionale, in particolare, all’emergere di luoghi topici di queste attività di definizione delle politiche, come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). E così pure si deve considerare lo sviluppo di blocchi di commercio regionale come il NAFTA, Mercosur e ASEAN. Con il declino dell’industria tradizionale, le industrie della cultura e dei servizi sono diventate una fonte primaria di profitti per le società. Il WTO ha sovrinteso alla liberalizzazione del mercato audiovisivo, alla privatizzazione delle telecomunicazioni e all’estensione del mercato dei media a livello mondiale. Uno dei principali modi in cui le società oligopolistiche dei media hanno ampliato i loro interessi, è stato includere nei negoziati internazionali i Diritti di Proprietà Intellettuale (IPR), soprattutto diritti per la riproduzione (copyrights) e brevetti.

E’ noto che il potere globale del sistema operativo Windows è mantenuto attraverso l’assidua protezione che Microsoft dà ai codici del suo software e il suo sistema di licenze. E la Proprietà Intellettuale è la ragione per cui Paperino continua ad essere proprietà privata dell’impero Disney. E dato che la Proprietà Intellettuale viene estesa ai prodotti e alle pratiche collegate ai media tradizionali, a quelli di massa e a quelli digitali, le preoccupazioni generate dall’attuale sistema dei diritti di proprietà intellettuale devono essere estese anche al suo possibile impatto sulla cultura come eredità del genere umano.

Quali sono le questioni per la società civile

Nonostante sia vero che in diversi paesi, al giorno d’oggi, la gente ha accesso a molte fonti alternative di informazione rispetto a 20 anni fa, una significativa percentuale del pubblico continua a riferirsi alle reti principali di media. Inoltre, le stesse fonti mediatiche alternative subiscono la crescente pressione a legarsi a realtà guidate dal mercato. Tutto questo pone delle questioni per la società civile.
- All’interno della proprietà dei media, che cosa bisogna fare per estendere l’azione su più livelli? Come può la società civile contribuire a tutto questo?
- Com’è la mappa della proprietà dei media nella tua città?
- Che ruolo dovrebbe giocare lo stato nel regolamentare la proprietà dei media?
- Cosa si può fare per assicurare che un accesso facile all’informazione e alla comunicazione diventi una realtà localmente, razionalmente e globalmente?
- Che tipo di proprietà dei media può portare allo sviluppo di ambienti culturali accessibili alla gente?

Altre Fonti

Il libro di Edward S. Herman & Robert W. McChesney (1999), The Global Media: The New Missionaries of Corporate Capitalism, Cassel. London and Washington, è una buona introduzione al tema della proprietà globale dei media. Inoltre, Media Developement 4/1998, che parla della questione della proprietà dei media e del controllo, ed anche il saggio di Gillian Doyle (2002), Media Ownership. Esistono alcuni siti ricchi di informazioni collegati a questo tema. Controllate la classifica delle società che possiedono i media su www.mediachannel.org e le fonti rese disponibili da FAIR su www.fair.org.