Intervista a mons. Giorgio Bertin
Intervistiamo mons. Giorgio Bertin, Vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, nei giorni conclusivi l'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, terminato a Roma lo scorso 24 ottobre, a cui partecipa come esponente della Conferenza dei Vescovi Latini della Regione Araba (C.E.L.R.A.).
26 ottobre 2010
«Somali e Gibutini – ci dice mons. Bertin – hanno il corpo in Africa, ma la testa in Medio Oriente, perché si considerano arabi musulmani, più che africani. E l’incontro di tutti i Vescovi è per noi di stimolo a capire meglio la nostra vocazione cristiana in Gibuti e Somalia ». Ed è già questo un dato da cui partire, per raccontare la complessità e la varietà dell’incontro dei Vescovi della varie confessioni cattoliche presenti in Medio Oriente e nel Nord Africa, che segue quello di tutta l’Africa tenuto nello stesso periodo dello scorso anno.
L’obiettivo dichiarato, e che mons. Bertin ci ricorda, è quello di rafforzare la presenza cristiana in Medio Oriente, ridare entusiasmo ad una presenza, finora dissanguata dall’emigrazione e pressata dalla maggioranza araba. «C’è una vocazione ad essere testimoni in quei Paesi – afferma mons. Bertin -. Il Sinodo ha un taglio pastorale per rispondere alle esigenze delle comunità cristiane che abitano lì, sia per richiedere diritti umani per tutti, sia per le tradizioni gloriose, che rischiano a volte un certo confessionalismo, per via dei tanti riti orientali e latini. In questo senso ci sono anche problemi tra cattolici, oltre che con le altre confessioni cristiane, come ortodossi e protestanti, ma anche nuove sette cristiane occidentali».
«Ma su quali elementi intendersi con le altre religioni?», gli chiediamo. Nella risposta mons. Bertin ricorda innanzitutto il rispetto dei diritti umani, come la libertà di coscienza e di culto, oppure l’uguaglianza davanti alle leggi. «Sulle questione della libertà di culto occorre essere pragmatici, non sappiamo quanto e quando sarà raggiungibile, ma dobbiamo metterci una buona dose di speranza. Dobbiamo non solo valorizzare la nostra identità, ma anche essere capaci di aprire il mondo musulmano su questi aspetti, è la missione di noi cristiani, come sul tema delle donne e della democrazia».
L’obiettivo dichiarato, e che mons. Bertin ci ricorda, è quello di rafforzare la presenza cristiana in Medio Oriente, ridare entusiasmo ad una presenza, finora dissanguata dall’emigrazione e pressata dalla maggioranza araba. «C’è una vocazione ad essere testimoni in quei Paesi – afferma mons. Bertin -. Il Sinodo ha un taglio pastorale per rispondere alle esigenze delle comunità cristiane che abitano lì, sia per richiedere diritti umani per tutti, sia per le tradizioni gloriose, che rischiano a volte un certo confessionalismo, per via dei tanti riti orientali e latini. In questo senso ci sono anche problemi tra cattolici, oltre che con le altre confessioni cristiane, come ortodossi e protestanti, ma anche nuove sette cristiane occidentali».
«Ma su quali elementi intendersi con le altre religioni?», gli chiediamo. Nella risposta mons. Bertin ricorda innanzitutto il rispetto dei diritti umani, come la libertà di coscienza e di culto, oppure l’uguaglianza davanti alle leggi. «Sulle questione della libertà di culto occorre essere pragmatici, non sappiamo quanto e quando sarà raggiungibile, ma dobbiamo metterci una buona dose di speranza. Dobbiamo non solo valorizzare la nostra identità, ma anche essere capaci di aprire il mondo musulmano su questi aspetti, è la missione di noi cristiani, come sul tema delle donne e della democrazia».
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L'Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, sul tema “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. 'La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola' (At 4,32)”, si è conclusa lo scorso 24 ottobre a Roma, in Vaticano. Sul sito della Santa Sede sono poi disponibili tutti i bollettini di aggiornamentio, l'omelia di papa Benedetto XVI a conclusione del Sinodo, e i vari materiali preparatori dell'incontro, come l'Instrumentum Laboris [PDF].