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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Somalia, il cammino in salita verso la pace

Tra marzo ed aprile 2013 vari attentanti hanno fatto riprecipitare la Somalia in una situazione di instabilità

In poco più di un mese, da marzo ad aprile, tre gravi attentati hanno segnato il lento cammino della Somalia dopo 22 anni di anarchia, violenze ed emergenze climatiche. Le vittime di questi ultimi giorni sono molte, almeno 80 civili, ma il riprendere del terrorismo non offusca la speranza in un futuro meno precario.

«La strada è in salita - afferma mons. Giorgio Bertin, Amministratore apostolico di Mogadiscio - e ci si può purtroppo aspettare nuovi attentati». I malcontenti non svaniscono nel nulla e mons. Bertin solleva anche il dubbio che gli autori non siano necessariamente appartenenti alle milizie estremiste “Shabab”. Ci si muove ancora con scorte armate a Mogadiscio, ma la determinazione del nuovo governo, presieduto da Sheik Mahamoud, dà qualche segno di novità. Il vescovo Bertin ha potuto visitare la capitale due volte nell’aprile scorso, nonostante gli atti di terrorismo, incontrando cinque ministri e il Presidente del Parlamento.

L’accoglienza è stata molto buona, soprattutto perché il Vescovo si è presentato come Vescovo; i ministri sono favorevoli alla riapertura di luoghi di culto e anche a discutere di come recuperare le proprietà di quella che era la chiesa di Mogadiscio. Dopo diversi anni è stato possibile incontrare anche alcuni fedeli del piccolo gruppo sopravvissuto di cristiani somali.

Questo atteggiamento di apertura è nuovo e mostra che le violenze di questi giorni non lo hanno mutato. Mogadiscio mostra qualche segno di ripresa, ma il centro della città è ancora distrutto e di sera non c’è anima viva. Gli sfollati sono decine di migliaia, in condizioni precarie e vittime di soprusi, ma anche qui qualcosa si muove e le Organizzazioni umanitarie hanno maggior libertà di azione.

Rimane ancora molto da lavorare, per rafforzare il governo, che deve essere “riconosciuto” anche dai somali, oltre che dalla comunità internazionale, e per la costruzione di una politica federale che abbia un senso e non inneschi nuove tentazioni di divisioni territoriali su base clanica o addirittura di frammentazione politica vera e propria.

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