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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Mali: rimangono i problemi

19 luglio 2013

La crisi in Mali, scoppiata da poco più di un anno (21 marzo 2012) con il colpo di stato contro il Presidente Amadou Touré e il successivo riacutizzarsi del conflitto con l’etnia Touareg del nord del paese, non ha risolto nessuno dei problemi che l’hanno provocata. L’antico risentimento dei “nomadi blu”, tradizionale soprannome con cui erano definiti i Touareg, nei confronti del potere centrale, e la conseguente auto dichiarazione di indipendenza della regione settentrionale del Mali (l’Azawad), il crescente impatto di formazioni terroristiche legate ad al-Qaida, hanno portato alla decisione della Francia di intervenire con un corpo di spedizione militare (11 gennaio 2013) su richiesta del presidente ad interim Traoré.

L’intervento francese si colloca dopo quello contro la Libia (la morte di Gheddafi è dell’ottobre 2011) e ha avuto un discreto rilievo sui media per i primi mesi di quest’anno, ma la stabilità della regione rimane precaria. Va ricordata, a questo proposito, la battuta dell’ex ministro degli esteri francese de Villepin, subito dopo l’inizio dell’operazione: “In Mali non abbiamo alcuna possibilità di successo, ci batteremo alla cieca, con il governo del Mali del tutto instabile politicamente...”.

I militari francesi a fianco dell’esercito maliano nell’operazione Serval sono comunque riusciti a ripristinare l’autorità dello stato maliano sulle città più importanti, ma nelle distese desertiche del nord, poco abitate, ma non spopolate, e comunque nelle mani del movimento Nazionale per la liberazione dell’Azawad, i combattimenti continuano, aggravati dalla presenza di saccheggiatori fuori controllo. Il 28 luglio 2013 dovrebbero tenersi le elezioni politiche per superare il periodo della transizione di Traoré (questa la data ufficiale annunciata, seppure la Commissione Elettorale Nazionale abbia dichiarato che sarà difficile in un così breve termine avere tutti i presupposti per lo svolgimento di una tornata elettorale sicura, trasparente, credibile).

Per quanto ci è dato sapere, non vi sono proposte di rilievo per superare l’impasse del temuto instaurarsi nella regione dell’Azawad di una sorta di “Sahelistan”, un territorio in cui sono attive cellule del terrorismo islamico, diversi gruppi islamisti e jihadisti che hanno obiettivi diversificati ma che minano la stabilità di un’intera regione: un territorio strategico come corridoio di passaggio per il commercio della droga e per le risorse del sottosuolo, in particolare riserve di uranio (soprattutto in Niger) e petrolio.

Così, lentamente, cade il silenzio, non solo sulle imprevedibili evoluzioni politiche del Mali, ma anche sull’enorme numero di persone, vittime, oltre che della violenza, del clima arido e delle crisi naturali cicliche (nel 2011 una grave crisi alimentare dovuta alla scarsità di piogge, nel 2012 inondazioni generalizzate nella regione). La popolazione del Mali è di circa 4.600.000 persone, e i dati OCHA del 20 giugno 2013 danno il numero di 527.000 sfollati interni e 174.000 rifugiati nei paesi confinanti. Di questi, 65.000 si trovano nel Burkina Faso e 52.000 nel Niger. Paesi a loro volta poveri, ma capaci dei dare aiuto ad altri poveri. Ma la crisi politica e climatica colpisce in vario modo, afferma la fonte OCHA: 3.449.000 persone sono stimate in condizioni di insicurezza alimentare e 1.464.000 hanno un bisogno immediato di assistenza. Si teme, come è ovvio, che l’instabilità e la violenza si propaghino nei paesi vicini, come si è già verificato nel Niger.

Nel Mali comunque cresce l’insicurezza, in particolare nelle regioni del Nord, così come pure cresce la disoccupazione e crescono, con l’afflusso degli sfollati in percentuali insostenibili per la popolazione residente, i conflitti tra le diverse comunità maliane, dovute anche alla scarsità di beni primari (cibo, acqua…) e all’aumento esponenziale dei prezzi per tali beni.In questo quadro va inserita la scarsa risposta alle richiesta di assistenza, come affermano le organizzazioni delle Nazioni Unite. Le condizioni restano preoccupanti e allarmanti e l’attenzione, per una crisi che sembra già essere stata dimenticata, non può abbassarsi.

Caritas cerca di mantenere alta l’attenzione sulla situazione in Mali e nella regione: la rete delle Caritas Nazionali della regione (Senegal, Mali, Niger, Burkina Faso) ha rilevato anch’essa un calo di attenzione su questa crisi, e ribadito l’estrema gravità della situazione nell’ultimo incontro del gruppo di coordinamento di Caritas Internationalis sulla crisi di cui anche Caritas Italiana è membro, tenutosi a Bamako il 24-26 giugno 2013. La rete Caritas ha fermamente riaffermato la necessità di continuare l’impegno e le azioni di risposta umanitaria alla crisi iniziate nel gennaio 2013 con il lancio di un Appello di Emergenza regionale di assistenza umanitaria a sfollati e rifugiati.

In occasione di questo incontro, a cui ha partecipato anche i Caritas Italiana, è stato lanciato un Appello perché questa crisi non venga dimenticata e sono state programmate le strategie per mitigare gli effetti della crisi (apertura di nuove sedi di Caritas Mali nel nord del paese, ricerca di ulteriori finanziamenti, coordinamento tra paesi frontalieri (in particolare Mali, Niger, Senegal e Burkina), continuazione delle attività di assistenza umanitaria per sfollati e rifugiati, ma anche presenza nel processo delle prossime elezioni politiche per contribuire a renderle democratiche e libere e nel lavoro di riconciliazione e coesione sociale indispensabile nel medio-lungo termine per una pace duratura. Un futuro migliore da augurare, ma una realtà ancora molto problematica.

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