Repubblica Centrafricana
Si aggrava la situazione nella Repubblica Centrafricana con scontri tra le forze fedeli al deposto Presidente Bozize e i ribelli della Seleka che controllano il paese. Da mesi la situazione era già preoccupante dopo il colpo di stato ad opera del gruppo ribelle Seleka avvenuto a marzo 2013 e gli scontri che si sono susseguiti tra gli stessi ribelli e le forze governative.
Casi di uccisioni arbitrarie, violenze, saccheggi, reclutamento forzato di minori, sono all’ordine del giorno. Oltre 2 milioni di persone vivono in situazione grave: i servizi di base sono interrotti, c’è carenza di cibo con rischio di malnutrizione severa, e centinaia di migliaia di sfollati interni e profughi nei paesi vicini.
E' del 5 dicembre la notizia di un attacco sulla capitale Bangui che ha causato più di 150 morti, un numero ancora imprecisato di feriti e un numero elevatissimo di sfollati, rifugiatisi nelle parrocchie della città. Fonti della Chiesa locale parlano di 10.000 rifugiati solo nella chiesa di Saint Bernard e nel monastero di Boy-Rabe dove sono cominciati gli scontri. A marzo 2013 il gruppo ribelle Seleka ha conquistanto con un’azione militare la capitale Bangui. Il presidente Francois Bozizé, al potere dal 2003, ha abbandonato il paese e il leader dei ribelli Micheò Djotodia si è autoproclamato nuovo presidente della Repubblica Centrafricana. Immediata la condanna delle Nazioni Unite e dell’Unione africana.
Il colpo di stato arriva dopo un lungo periodo di tensioni provocate da un accordo di pace tra i ribelli e il presidente Bozizé che permetteva al presidente di rimanere al potere fino al 2016, in cambio della liberazione dei detenuti politici, l'integrazione dei ribelli nell'esercito regolare e la fine del sostegno militare di Sud Africa e Uganda all'esecutivo in carica. I ribelli Seleka sostengono che il presidente abbia disatteso le promesse fatte nell’accordo. I paesi confinanti, hanno chiesto a Djotodia di garantire il ripristino dell'ordine pubblico e della legalità nella capitale.
La crisi ha colpito un Paese già tra i più poveri del mondo con il 52% di analfabetismo. La popolazione vive nel 60% dei casi con 1,25 dollari al giorno, con una speranza di vita di 48 anni, una mortalità infantile dell'82 per mille.
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