Ucraina, spina nel cuore dell’Europa
L’Ucraina, un grande paese di quasi 50 milioni di abitanti, culla del cristianesimo nei paesi slavi e, dopo una storia complessa, parte dell’Unione Sovietica dal 1922 fino all’indipendenza dalla Russia nel 1991.
Che cosa succede, con le drammatiche notizie che ci giungono da oltre due mesi? C’è un grande desiderio di tenersi lontano dall’egemonia della confinante Russa e di entrare nell’Europa Unita, riferisce mons. Voskovic, presidente di Caritas Ukraine. Ed è un desiderio sorto un po’ alla volta, circa dieci anni fa, e che coinvolge sempre più larghi strati della popolazione, soprattutto i giovani. Il governo è apertamente filo russo e contrasta duramente questa tendenza. E’ dal 30 novembre 2013 che i giovani hanno cominciato a manifestare, di notte, a Kiev, la capitale affrontando una dura reazione della polizia, come hanno riportato i media. La repressione ha causato un aumento delle proteste, in molte altre città del paese.
La situazione è culminata con il varo di una legge, il 16 gennaio scorso, che apre a una vera e propria dittatura.
Almeno così sembra dalle testimonianze che abbiamo raccolto, con il particolare che sono vietati gli assembramenti di più di due persone pena la galera. Le brutalità sono continuate nelle settimane successive, gli idranti sospingono la folla dei dimostranti, alcuni dei quali completamente denudati, hanno dovuto sopportare il trattamento con una temperatura di 20-25 gradi sottozero. Almeno tre giovani sono morti assiderati. Il clima sembra di pre-guerra civile, rinascono antiche rivalità, come le tensioni contro la chiesa cattolica, sia perché minoritaria nel paese, sia perché si è schierata apertamente a fianco dei manifestanti.
In realtà, afferma mons. Voskovic, “non è affatto una rivoluzione contro il governo, ma una rivoluzione per il rispetto della dignità umana, per una società libera, una società solidale, mentre la società che abbiamo davanti è fatta di ricchi che si arricchiscono sempre più e di poveri sempre più impoveriti”. Ecco perché la Chiesa locale dà assistenza ai manifestanti, con viveri e abbigliamento, e si unisce alla protesta contro le violenze, presenti ormai in tutto il paese. Perfino fra i feriti negli ospedali c’è chi vuole fuggire perché si sente minacciato. Si riportano attacchi e rapimenti, da parte di individui che “parlano russo, ma non come lo parlano gli ucraini, ma come lo parlano i russi”.
La situazione è dunque molto grave e gli sforzi per una via democratica non hanno dato finora risultati. “Se non si difendono i diritti, avremo la dittatura” aggiunge un altro esponente della Caritas Ucraina, mentre l’Europa guarda indifferente o impotente al profilarsi di una nuova tragedia appena fuori dai suoi confini.